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Gentile Direttore di NurseTimes,
sono Chiara Scaffidi Domianello, neolaureata in Infermieristica presso l’Università degli studi di Messina. Presento ai suoi lettori la mia tesi dal titolo: “Intervento infermieristico nella biopsia renale: comunicazione efficace e gestione pratica del paziente”.
Abstract
La biopsia renale è una procedura diagnostica fondamentale in ambito nefrologico, poiché consente di ottenere informazioni precise sullo stato di salute del rene attraverso l’analisi istologica di un piccolo campione di tessuto. Sebbene dal punto di vista tecnico sia un esame relativamente rapido, per il paziente rappresenta spesso un momento di forte impatto emotivo, caratterizzato da ansia, timore e incertezza. In questo contesto, il ruolo dell’infermiere assume un valore centrale, non solo sul piano clinico, ma anche umano e relazionale.
La biopsia renale viene indicata in presenza di alterazioni persistenti della funzione renale, proteinuria o ematuria di origine non chiara, sospette glomerulonefriti o nel monitoraggio del rene trapiantato. È una procedura invasiva che, sebbene generalmente sicura, può essere associata a complicanze come sanguinamento, dolore o, più raramente, infezioni. Proprio per questo motivo è necessario un approccio assistenziale strutturato, attento e basato su evidenze scientifiche.
L’infermiere accompagna il paziente in tutte le fasi della biopsia: prima, durante e dopo la procedura. Nella fase pre-procedurale, svolge un ruolo essenziale nella raccolta dell’anamnesi infermieristica, nel controllo della documentazione clinica, nella verifica degli esami di laboratorio e nella preparazione fisica del paziente. Tuttavia, accanto agli aspetti tecnici, emerge con forza l’importanza della comunicazione. Spiegare in modo chiaro e comprensibile cosa accadrà, rispondere alle domande e rassicurare il paziente contribuisce a ridurre l’ansia e a favorire una maggiore collaborazione.
Durante l’esecuzione della biopsia, l’infermiere supporta il team medico, garantisce il rispetto delle norme di sicurezza e monitora costantemente le condizioni del paziente. Anche in questa fase, la presenza infermieristica ha un valore che va oltre la tecnica: uno sguardo rassicurante, una parola di incoraggiamento o la capacità di cogliere segnali di disagio possono fare la differenza nell’esperienza vissuta dal paziente.
Nel periodo post-procedurale, l’assistenza infermieristica si concentra sulla sorveglianza clinica e sulla prevenzione delle complicanze. Il monitoraggio dei parametri vitali, dell’aspetto delle urine e della sintomatologia riferita dal paziente consente di individuare tempestivamente eventuali problemi. Fondamentale è anche l’educazione alla dimissione: fornire indicazioni chiare sui comportamenti da adottare, sui segnali di allarme e sulla ripresa delle attività quotidiane contribuisce a garantire sicurezza e continuità assistenziale.
Un aspetto particolarmente rilevante emerso dall’esperienza formativa e di tirocinio è il valore della comunicazione infermiere-paziente. L’ascolto attivo, l’empatia e la capacità di adattare il linguaggio alle esigenze della persona permettono di costruire una relazione di fiducia, elemento essenziale per una cura realmente centrata sul paziente. La comunicazione, infatti, non è solo uno strumento informativo, ma una vera e propria competenza clinica che influisce sull’efficacia dell’assistenza e sul benessere psicologico del paziente.
Conclusione
In conclusione, la biopsia renale rappresenta un esempio concreto di come l’assistenza infermieristica integri competenze tecniche, gestione del rischio clinico e relazione di cura. L’infermiere non è soltanto un esecutore di procedure, ma una figura chiave nel percorso diagnostico e assistenziale, capace di garantire sicurezza, supporto e umanità. Valorizzare questo ruolo significa riconoscere l’importanza di una sanità che non si limita alla tecnica, ma mette al centro la persona.
Dott.ssa Chiara Scaffidi Domianello
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