In occasione della Festa della Mamma, due testimonianze raccontano le sfide e i successi delle donne in sanità tra maternità, turni e carriera.
In occasione della Festa della Mamma, emergono testimonianze che raccontano con forza e verità le difficoltà ma anche le soddisfazioni di essere donne, madri e professioniste sanitarie. Due storie esemplari, quella di Rosamaria Virgili, infermiera e direttrice didattica del Corso di Laurea in Infermieristica all’Università Tor Vergata (sede IDI-IRCCS), e quella della dottoressa Giulia Zonno, medico e madre, impegnata nell’Ordine dei Medici di Bari, ci parlano di sacrifici, passione e conquiste quotidiane.
La voce delle infermiere: “Essere mamma e infermiera è un diritto”
Rosamaria Virgili, oggi a capo della formazione di circa 40 studenti – in larga maggioranza donne – ha costruito la sua carriera accademica senza rinunciare alla maternità, affrontando sfide personali importanti. Madre di un bambino con disturbo dello spettro autistico, racconta:
“Alle ragazze dico che si può fare. È un’esperienza positiva, nonostante la genitorialità in salita. Ho avuto una famiglia che mi ha sempre supportata”.
La sua esperienza mostra come, con l’aiuto di partner e istituzioni comprensive, sia possibile coniugare lavoro e famiglia. Fondamentale è stata, ad esempio, la comprensione dell’IDI-IRCCS nel momento in cui suo figlio ha avuto problemi di sonno, permettendole di uscire dal ciclo dei turni per un periodo.
“Credo profondamente nella professione infermieristica e nel diritto di essere anche madri. Fare la mamma-infermiera non è un compromesso, è una scelta legittima.”
Virgili mette anche in luce le difficoltà delle studentesse con figli piccoli:
“Ho una studentessa-mamma di 25 anni che è tra le migliori, ma già si preoccupa di come conciliare tirocinio e vita familiare. La capisco: solo quando ho lasciato i turni abbiamo trovato un equilibrio familiare.”
Il punto di vista medico: “Essere medico e madre richiede scelte e rinunce”
Anche per le dottoresse la maternità resta un percorso in salita. Giulia Zonno, medico e madre di due figli, racconta la difficoltà più grande del suo mestiere:
“Spiegare ai bambini la morte e le malattie inguaribili, far capire che non sai mai quando torni. I miei figli si adattano, ma chiedono sempre ‘quando torni?’.”
Membro attivo del gruppo “Agapanto” dell’Ordine dei Medici di Bari, sottolinea l’importanza della coesione sociale e del supporto tra donne medico, in un mondo in cui si è ancora costrette a mettere in pausa passioni e carriera extra-clinica per dedicarsi alla famiglia.
“Una mamma parte svantaggiata rispetto a una collega senza figli. In specializzazione, ad esempio, si può rimanere in ospedale anche due giorni: se hai figli, non puoi farlo.”
Zonno invita però a guardare alla maternità non solo come ostacolo, ma come risorsa organizzativa e gestionale che può rafforzare anche l’efficienza lavorativa:
“Dirigere una famiglia ti prepara anche a dirigere un reparto. Ma è essenziale mettere un freno alla passione quando c’è qualcuno a casa che ti aspetta.”
Maternità e carriera in sanità: i numeri parlano chiaro
Secondo i dati della Fnomceo (Federazione nazionale degli Ordini dei Medici), il 60% dei medici italiani sotto i 50 anni sono donne, percentuale che sale al 64% nella fascia 40-49 anni. Ma proprio questo ritardo nel completamento del percorso formativo e nell’accesso a posti stabili rende la maternità un traguardo sempre più spostato in avanti per le donne medico.
“Arriviamo tardi alla stabilità e quindi anche alla maternità. Questo è un problema reale, più che la carriera stessa.”
Zonno chiude il suo intervento con un esempio virtuoso di conciliazione lavoro-famiglia vissuto a Brescia:
“Lì c’era un asilo per figli di turnisti con orari flessibili, convenzionato con l’Azienda ospedaliera. A Bari, dove vivo ora, manca ancora questo tipo di supporto.”
Redazione NurseTimes
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