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Malati cronici, ecco il Piano Nazionale della Cronicità

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Approvato dalla Conferenza Stato-Regioni, il primo Piano Nazionale della Cronicità si propone di disciplinare le modalità di assistenza, cura e tutela dei tanti malati cronici italiani.

Le patologie croniche, complici l’innalzamento dell’età media e l’evoluzione di alcune terapie, sono in continuo ed inarrestabile aumento. Si stima che, nell’anno 2020, queste rappresenteranno ben l’80% di tutte le malattie al mondo. Già oggi, comunque, è stato calcolato che nei paesi avanzati il 70-80% della spesa sanitaria sia effettuata per questo tipo di condizioni.

Come affrontare questa grande “epidemia” di cronicità? Qui in Italia, dove si stima che 4 persone su 10 siano affette da almeno una malattia cronica, la Conferenza Stato-Regioni ha da poco approvato il primo “Piano Nazionale della Cronicità”, documento programmatico che disciplina le modalità di assistenza e tutela dei pazienti “cronici”.

Il Piano nasce “dall’esigenza di armonizzare a livello nazionale le attività proponendo un documento condiviso con le Regioni che compatibilmente con la disponibilità delle risorse economiche, umane e strutturali, individui un disegno strategico comune inteso a promuovere interventi basati sulla unitarietà di approccio, centrato sulla persona ed orientato su una migliore organizzazione dei servizi e una piena responsabilizzazione di tutti gli attori dell’assistenza”; e indica un modello di presa in carico per le regioni, sì, ma con un “controllo” nazionale per ciò che concerne la verifica dei risultati, la diffusione di buone pratiche ed eventuali modifiche da apportare. Finalmente.

Quali sono le principali novità di questo riordino? Eccole qui in breve:

  • Integrazione tra l’assistenza primaria (centrata sul medico di medicina generale) e le cure specialistiche;
  • continuità nell’assistenza, che sarà pensata sul grado di complessità della patologia e sul suo stadio evolutivo;
  • inserimento precoce del paziente all’interno di in un percorso diagnostico terapeutico assistenziale che preveda, se necessario, la presa in carico di un’equipe multidisciplinare;
  • cure domiciliari potenziate, anche con l’utilizzo di tecnoassistenza (a distanza), così da ridurre i ricoveri in ospedale.

Queste le ottimistiche parole di Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato e responsabile del Coordinamento delle Associazioni dei malati cronici di Cittadinanzattiva, rilasciate a Il Corriere della Sera: “Per la prima volta il nostro Paese si dota di una strategia nazionale per gestire le malattie croniche che interessano il 38% della popolazione, hanno un impatto notevole sulla vita delle persone e anche sui costi delle famiglie. È dal 2011 che chiedevamo un piano nazionale sulla cronicità, ora Ministero della Salute e Conferenza delle Regioni hanno ascoltato le istanze dei cittadini, coinvolgendoli anche nella stesura del Piano. La sfida sarà attuarlo, anche perché non sono previste risorse aggiuntive”.

Così come riportato da Il Corriere, la svolta importante di questo riordino sarebbe nell’approccio alla malattia: la persona diverrebbe il centro del sistema di cure. Wow, ok, bello, ma… da professionista sanitario sono un po’ perplesso: il paziente fino ad ora dove è stato? Non era al centro già da un bel pezzo? Finalmente, nel 2016, ci siamo ricordati della “centralità” del paziente?

Comunque: sembra che il Piano previsto, sarà il più possibile personalizzato a seconda delle esigenze dell’utente: egli collaborerà attivamente nella gestione della sua cura, arrivando a definire con l’equipe il percorso più adatto da intraprendere (anche questa sarebbe una novità…?), così da garantirgli un’assistenza il più possibile “globale”, olistica e non solo incentrata sui suoi bisogni clinici. E anche qui… una presunta presa in carico “globale” del paziente, sarebbe una novità?

Entrando più nello specifico, il Piano traccia anche le linee di indirizzo su patologie con caratteristiche e bisogni assistenziali specifici, per le quali vanno individuati i principali punti critici nell’assistenza, gli obiettivi da raggiungere, le linee d’intervento, i risultati attesi e alcuni indicatori di monitoraggio: artrite reumatoide e artriti croniche in età evolutiva, malattie renali croniche e insufficienza renale, insufficienza cardiaca, rettocolite ulcerosa e malattia di Crohn, Bpco-Broncopneumopatia cronica ostruttiva e insufficienza respiratoria, malattia di Parkinson e parkinsonismi, asma in età evolutiva, malattie endocrine in età evolutiva e malattie renali croniche in età evolutiva, insufficienza respiratoria in età evolutiva.

Una rivoluzione che sembra fatta di tante parole che, purtroppo, sanno di antico. Olismo, globalità, partecipazione alle cure, paziente al centro… sono tutti concetti triti e ritriti negli ospedali, nell’assistenza territoriale e nei libri di chi studia per diventare un professionista dell’aiuto. Ma che purtroppo, complice la crisi e soprattutto la selvaggia aziendalizzazione della sanità (con il profitto che ha scalzato il paziente dal “centro”) sono verosimilmente degenerati in qualcosa di diverso… di vuoto. E di lontano dalla realtà dei fatti.

Speriamo che il fatto di spostare, per certi versi, il “controllo” a livello nazionale, porti l’intero sistema a funzionare davvero. Ovvero a incidere, finalmente e in modo significativo, sulla storia naturale di molte patologie croniche invalidanti; riducendo il loro peso clinico, sociale ed economico grazie ad interventi mirati alla prevenzione e alla realizzazione di iter assistenziali adeguati.

Migliorando così, seriamente, la qualità della vita dei tanti malati cronici italiani e delle loro famiglie.

Alessio Biondino

Fonti: Il Corriere della Sera, Quotidiano Sanità, Piano Nazionale della Cronicità

Immagine: Alessio Biondino

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