A cura di Alessio Ruffaldi, infermiere presso l’U.O Chirurgia di Civita Castellana dell’Azienda Usl Viterbo; Andrea Riva, infermiere presso Istituto Clinico Città Studi di Milano.
Parole chiave:
- puntura arteriosa;
- responsabilità infermieristica;
- anestesia locale.
Abstract
La puntura arteriosa viene eseguita per valutare l’ossigenazione e l’equilibrio acido – base del paziente.
L’arteria radiale è la sede di prima scelta per la presenza di circolo collaterale. L’infermiere, secondo la legislazione italiana, può eseguire la puntura arteriosa a livello dell’arteria radiale.
Questa revisione della letteratura si propone di individuare ed analizzare gli aspetti controversi legati alla procedura di puntura radiale (emogasanalisi).
L’obiettivo è quello di individuare gli aspetti critici relativi alle competenze infermieristiche, all’affidabilità del test di Allen e all’anestesia locale pre – procedurale.
- The arterial puncture is performed to assess the oxygenation and the acid balance – patient basis.
- The radial artery is the venue of choice for the presence of collateral circulation.
- The nurse, according to Italian law, can perform arterial puncture from the radial artery.
This literature review aims to identify and analyze the con-troversial aspects of radial puncture procedure (blood gas analysis).
The objective is to identify the critical aspects related to nursing skills, the reliability of the Allen and pre – procedural local anesthesia tests.
Introduzione
La puntura arteriosa costituisce una procedura che viene eseguita frequentemente nella pratica clinica, quindi come tale, ogni operatore si pone domande sul corretto svolgimento e sulle conseguenze in termini di obiettivi per il paziente.
Dopo l’analisi della letteratura presente nelle banche dati online, gli autori si sono chiesti quali fossero gli aspetti critici intorno a tale procedura, come l’anestesia pre – procedurale, l’efficacia del test di Allen e le competenze infermieristiche concernenti.
Background
Per emogasanalisi si intende il test di laboratorio utile a determinare lo stato di equilibrio acido – base e lo stato di ossigenazione del paziente (1).
Inoltre è utile per la determinazione delle pressioni parziali dei gas fisiologicamente presenti nel sangue (ossigeno ed anidride carbonica), per la determinazione dell’equilibrio acido – base, del pH e per la concentrazione degli elettroliti (allegato n.1).
La puntura arteriosa (o emogasanalisi1) può essere effettuata a livello di tre siti arteriosi:
- Radiale – è la sede più comunemente utilizzata in quanto facilmente accessibile alla palpazione; è situata a livello del polso, nel tratto in cui l’arteria diviene più superficiale.
- Femorale – è la sede riservata a pazienti in scadenti condizioni emodinamiche. Ha un rischio maggiore di infezione e sanguinamento.
- Brachiale (omerale) – è la sede meno utilizzata in quanto la scarsità di circolo collaterale potrebbe esporre il paziente ad ischemie periferiche e/o eventi trombotici dell’arto superiore.
Indicazioni all’emogasanalisi:
- valutazione della ventilazione del paziente, dell’ equilibrio acido – base, dell’ossigenazione, valutazione della capacità di trasporto dell’ossigeno e scambio dei gas intrapolmonari e degli elettroliti sierici;
- verifica della risposta del paziente agli interventi terapeutici;
- monitoraggio della gravità e progressione di un processo patologico;
- valutazione dell’inadeguatezza della risposta circolatoria.
Controindicazioni all’emogasanalisi:
- diatesi emorragica con conta piastrinica < 300000/mm3;
- disturbo dei fattori di coagulazione o sovradosaggio/overdose di anticoagulanti.
Obiettivo dello studio
L’obiettivo di questa revisione sarà quello di analizzare gli aspetti legislativi e procedurali controversi in merito alla puntura arteriosa.
Materiali e metodi
Al fine di valutare la discussione intorno agli aspetti critici della procedura di emogasanalisi si è effettuata una ricerca tramite il database Pubmed e tramite Google, prendendo in considerazione solo gli articoli accessibili (free full text ed abstract).
Per la ricerca abbiamo inserito le seguenti parole – chiave:
- Arterial blood gas analysis;
- Arterial blood gas analisys and interpretation;
- Arterial blood gas analisys AND BPCO;
- Arterial blood gas analisys AND nursing;
- Sampling arterial earlobe AND respiratory failure;
- Arterial puncture AND Allen test;
- Arterial puncture AND local anesthesia.
Tali parole combinate tra loro tramite operatori booleani (“and” e “or”) hanno permesso di porre l’attenzione sui punti rilevanti per la revisione.
Risultati e discussione
Puntura arteriosa: responsabilità e competenze infermieristiche
Per comprendere le responsabilità dell’infermiere nell’esecuzione della puntura arteriosa bisogna partire dal D.M. n.739 del 14 settembre 19943 dove l’infermiere entra a far parte delle professioni sanitarie e, come tale, risponde di responsabilità proprie.
Nel 1999 con la legge n°424 venne abrogato il “mansionario” e divenne necessario istituire il campo proprio delle attività e responsabilità dell’infermiere riconducibili a:
a) profilo professionale;
b) ordinamento didattico del rispettivo corso laurea e formazione post base;
c) Codice Deontologico (5,6).
Dalla suddetta legge si evince che la responsabilità dell’infermiere è determinata dal livello di competenza raggiunto e dalla capacità di riconoscere i limiti delle proprie competenze, declinando la responsabilità qualora ritenga di non poter agire in sicurezza.
Inoltre ha il dovere e il diritto di chiedere formazione e supervisione per le nuove pratiche e/o tecniche sulle quali non ha sufficiente esperienza (7,8).
Vista l’assenza di confini ben definiti riguardo alla responsabilità infermieristica sul prelievo arterioso e il progredire delle competenze professionali infermieristiche in linea con il progresso della medicina, è stato necessario fare chiarezza facendo riferimento al parere espresso dalla Sessione XLV del Consiglio Superiore di Sanità del 23 giugno 2005 (9) grazie al quale si è potuto definire che la tecnica del prelievo arterioso dall’arteria radiale per emogasanalisi è:
- illustrata allo studente infermiere per la sola osservazione, in quanto ritenuta tecnica avanzata da apprendersi nella formazione post laurea;
- appresa dall’infermiere nell’esercizio dalla propria attività, dopo il conseguimento dell’abilitazione alla professione e sul campo, negli specifici reparti, dove questa tecnica è praticata in forma routinaria;
- praticata dall’infermiere indifferentemente anche a livello femorale o brachiale, fino ad acquisirne una appropriata manualità, a seguito di adeguato addestramento;
- possa configurarsi come atto non esclusivamente medico ma anche di competenza dell’infermiere;
- relativamente semplice e di grande utilità e, tuttavia, non è scevra da rischi e complicanze;
- sia stata acquisita dall’infermiere con completa competenza, secondo le modalità definite dalle vigenti normative in materia di profilo ed attività professionali, ordinamenti didattici e deontologia;
- sia regolamentata sempre, per le correlate implicazioni sia mediche che infermieristiche, dall’esistenza nell’U.0. o nella struttura sanitaria di riferimento di un protocollo operativo correttamente redatto, condiviso ed approvato, che sia in grado di:
- assicurare la buona pratica di tecnica del prelievo arterioso dall’arteria radiale per emogasanalisi;
- garantire l’adozione di ogni utile misura di prevenzione delle complicanze e del necessario trattamento nonché la tempestiva gestione dei rischi connessi (10).
Analisi degli aspetti legislativi controversi
Nonostante il Consiglio Superiore della Sanità abbia delineato quale sia la reale responsabilità dell’infermiere in merito alla puntura arteriosa, rimangono ancora incerti i confini in materia con le altre professioni sanitarie (6).
Infatti secondo quanto stabilito dal giudice del lavoro con la sentenza n° 52 del 27/5/08 presso il tribunale di Montepulciano, l’esecuzione dell’esame emogasanalitico con la “POCT”, (Point of care: Modalità con la quale si possono eseguire test analitici al di fuori delle strutture del Laboratorio clinico di riferimento che possono non richiedere spazi strutturati permanenti, ma anche kit e strumentazione trasportabile manualmente in prossimità del paziente per l’esecuzione immediata dei test analitici) è di “indiscussa competenza del tecnico di laboratorio” (11) a sostegno della competenza già nota e definita dalla Corte di Cassazione, anche se risulta difficile poter provvedere ad avere personale dedicato e disponibile a svolgere suddetta mansione 24h/24.
Il limite posto agli infermieri nell’esecuzione dell’esame emogasanalitico è stato confermato anche in regime d’urgenza, definendo tale procedura “non rientrante nelle mansioni proprie dell’infermiere” condannando nel 2010 l’USL di Latina (12).
Infine con l’ordinanza del 12/01/2011 del tribunale di Pordenone, viene definito improprio l’utilizzo del “POCT” da parte dell’infermiere, vista la complessità dello strumento di analisi, nonostante i corsi di formazioni organizzati dall’azienda, l’assenza del personale Tecnico di Laboratorio e la necessità di adempierli in urgenza perché definita attività che “sottrae l’infermiere ai suoi compiti tipici” (13).
Risultano perciò ancora ignoti i confini e le responsabilità delle diverse professioni sanitarie in merito alla procedura della puntura arteriosa, all’analisi e alla sua interpretazione.
Analisi degli aspetti procedurali controversi
Punti chiave
1. Test di Allen: quando può essere eseguito?
2. Anestesia locale: quale tipo di anestetico utilizzare?
3. Anestesia locale: competenza infermieristica oppure di altre figure?
1. Test di Allen: quando eseguirlo?
Definizione
Il Test di Allen viene eseguito per valutare l’integrità del circolo collaterale della mano prima di eseguire la puntura arteriosa o l’incannulazione dell’arteria radiale.
Il test è stato descritto per la prima volta da Edgar V. Allen nel 1929, per identificare i casi di tromboangite obliterante.
Può essere eseguito nella versione originale o nella versione modificata. Di seguito la descrizione del Test di Allen in versione originale ed in versione modificata.
I passaggi del Test di Allen in versione originale sono:
- Occludere l’arteria radiale e quella ulnare a livello del polso del paziente comprimendole con i pollici;
- far aprire/chiudere la mano al paziente per circa un minuto, finchè la mano non diventa pallida;
- far aprire la mano al paziente, rilasciando la pressione sull’arteria radiale ma mantenendo quella sull’arteria ulnare;
- verificare in quanto tempo la mano riprende l’abituale colorito.
I passaggi del test di Allen in versione modificata sono:
- Comprimere con le dita sia l’arteria radiale sia l’ulnare del paziente;
- far aprire/chiudere la mano al paziente, finché questa non diventa pallida;
- far aprire il pugno estendendo le dita, rilasciare la compressione sull’arteria radiale mantenendo invece la compressione sull’ulnare;
- verificare i tempi di ripresa del normale colorito della mano;
- ripetere la procedura, occludendo di nuovo entrambe le arterie, questa volta rilasciando quella sull’ulnare ma mantenendo quella sulla radiale;
- verificare i tempi di ripresa del normale colorito della mano.
Relativamente all’utilizzo del test di Allen sono stati selezionati numerosi articoli nei quali viene messa in discussione l’utilità del test.
In questi articoli sono stati posti dei dubbi (14,15) in merito al test di Allen in termini di accuratezza, non riproducibilità, alto rischio di falsi positivi e una scarsa applicabilità nei pazienti non coscienti (quindi non collaboranti).
In uno studio del 2006 (16) Barone JE et al. infatti concludono che il test di Allen non può essere considerato uno “standard di cura”.
2. Anestesia locale pre – procedurale: quale tipo di anestetico utilizzare?
Dall’analisi della letteratura tramite le banche dati sono stati individuati diversi tipi di anestesia da utilizzare nella pratica clinica (iniezione locale, cerotto, applicazione topica).
Per quanto riguarda la necessità di una azione veloce nei contesti critici è controindicato l’utilizzo di anestetici topici in quanto limitati nei tempi (impiegano dai 30 ai 60 minuti per avere effetto) rispetto alla puntuta locale di lidocaina (17).
Sempre rispetto al tempo di azione uno studio18di Sawyer J et al. ha comparato i risultati analgesici tra l’applicazione del cerotto di lidocaina/tetracaina e l’applicazione di pomata anestetica (EMLA) prima di qualsiasi procedura di accesso vascolare.
Le conclusioni dimostrano che il cerotto ha un tempo di applicazione inferiore di 10 minuti rispetto alla crema ed un responso in termini di analgesia inferiore di 60 minuti.
Di conseguenza dallo studio il cerotto risulta una valida alternativa rispetto all’applicazione di EMLA.
Per quanto riguarda invece la scelta tra le vie di somministrazione da utilizzare, al di fuori dei contesti critici, gli operatori devono porsi domande relative a quale via di somministrazione utilizzare.
In uno studio del 2012 (19) i ricercatori hanno comparato gli effetti anestetici della somministrazione sottocutanea di lidocaina e dell’applicazione di un cerotto di lidocaina/tetracaina a due gruppi diversi.
I risultati ottenuti sono paragonabili per entrambe le vie di somministrazione. Le discriminanti includono nel primo caso un dolore associato alla puntura, la necessità di un posizionamento di 20 minuti circa prima della procedura nel caso del cerotto.
Nel 2014 in uno studio (20) di Matheson L et al, viene valutato il quantitativo di lidocaina da utilizzare nella puntura locale, individuandone la quantità esatta e proponendo la ricerca di metodi alternativi alla puntura locale.
Infatti uno studio del 2012 aveva già individuato che con l’iniezione di 1 ml di Lidocaina al 2% si ottengono buoni risultati in termini di riduzione del dolore, mentre nel 2015 un altro studio (21) aveva riscontrato che l’iniezione di 1 ml di Lidocaina al 1% non aveva dato risultati positivi. Bisogna far notare tuttavia che in quest’ultimo studio la concentrazione di Lidocaina era inferiore.
3. Anestesia locale pre – procedurale: competenza infermieristica oppure di altre figure?
Relativamente alla domanda riguardante la competenza infermieristica nell’anestesia locale pre – procedurale tramite puntura sottocutanea e l’interpretazione dell’emogasanalisi, vi è scarsa documentazione che provi ad identificare le figure professionali competenti in merito.
Si può dunque concludere che per effettuare una determinata procedura debba esistere all’interno dell’Azienda di appartenenza un protocollo nel quale venga descritta la procedura.
Conclusione
Prima di tutto preme segnalare i limiti di questo studio, caratterizzati dallo stile dell’articolo, di tipo descrittivo e quindi privo dell’analisi sperimentale.
Dall’analisi del materiale raccolto si può quindi affermare che, già durante l’accertamento iniziale, il paziente deve essere valutato tenendo conto dell’anamnesi prossima e remota. In base alla diagnosi d’ingresso si considererà, se necessario, l’incannulazione radiale al fine di ridurre il disagio relativo alle frequenti punture radiali e al fine di garantirne un adeguato monitoraggio.
Nel caso in cui ciò non fosse possibile – per setting inadeguato, mancanza di personale formato o scarsità dei materiali e delle risorse – deve essere incentivata la pratica di anestesia pre – procedurale, preferibilmente attraverso l’utilizzo di metodi non invasivi e quindi mirati a ridurre al minimo il dolore, il disagio del paziente e le complicanze conseguenti. (allegato n.2)
Inoltre all’inizio della procedura ogni paziente deve essere valutato in merito alla possibilità di effettuare il test di Allen, il quale spesso, oltre ad essere poco utilizzato nella pratica clinica, può indurre falsi positivi, soprattutto nei casi di mancata comprensione della procedura da parte del paziente.
Nessuno studio ha definito finora se la pratica di anestesia locale tramite puntura sia di competenza infermieristica o medica. In conclusione, secondo gli autori di questo articolo, sarebbe auspicabile adottare in ogni A.O. adeguati protocolli relativi alla puntura arteriosa e competenze specifiche relative all’emogasanalisi.
Adottando questi interventi, il paziente non subirà il disagio legato al ricovero ospedaliero e il dolore legato alle procedure specifiche. L’infermiere invece garantirà una corretta interpretazione dell’emogasanalisi al fine di pianificare e realizzare interventi mirati.
Allegato n.1
Check list puntura arteriosa
Materiale
- Guanti monouso;
- guanti sterili;
- bendaggio elasto – compressivo;
- garze;
- disinfettante per la cute;
- occhiali o visiera (D.P.I.);
- siringhe a riempimento automatico con protezione dall’ago;
- contenitore rifiuti biologici
- contenitore rifiuti taglienti;
- etichette provette con nome, cognome, data di nascita del paziente e numero di cartella;
- anestetico locale con siringa e ago sterili;
- acqua e ghiaccio (se tragitto o tempistica di analisi superiore ai 15min19).
Procedura
1) Assicurare la privacy del paziente e provvedere ad una corretta illuminazione per l’operatore.
2) informare il paziente della procedura;
3) far firmare il consenso informato al paziente;
4) posizionare il paziente in posizione semisupina a letto e nello stato di ventilazione in cui si desidera effettuare l’esame;
5) eseguire il lavaggio sociale delle mani;
6) individuazione sito:
a) valutare il decorso dell’arteria e il punto nel quale diventa il più superficiale;
7) eseguire la disinfezione con alcool al 70% o clorexidina al 2% o iodiopovidone;
8) indossare guanti monouso;
9) posizionare il polso del paziente iperesteso a 60°;
10) spostarsi di 2 cm prossimalmente pungendo la parte distale, oppure di 3 – 4 cm e pungere nello spazio tra le due dita;
11) pungere l’arteria con la siringa con un’angolatura di 30° – 45° gradi, la pressione dell’arteria è tale da permettere il riempimento automatico della siringa autoventilante, lasciare che fluisca liberamente all’interno della siringa;
12) rimuovere la siringa e conficcare l’ago nel cubetto di gomma evitando così il contatto con l’aria;
13) tamponare l’area di puntura con un tampone piccolo e spesso per 5 minuti22 (10 minuti se in terapia anticoagulante);
14) smaltire l’ago e rimuovere l’aria prima di chiudere con tappo luer lock;
15) ruotare delicatamente la siringa per far miscelare il sangue con l’eparina;
16) attaccare l’etichetta identificativa del paziente;
17) trasportare il campione in acqua e ghiaccio se il tempo di analisi sarà superiore ai 15 min22.
Allegato n.2
Complicanze della puntura arteriosa
Le complicanze più frequenti correlate alla puntura arteriosa sono:
- arteriospasmo: tale complicanza può essere arginata facendo rilassare il paziente e garantendo un’iperestensione del polso;
- pseudoaneurisma (23): lo pseudoaneurisma (PA) è causato dalla rottura della parete arteriosa nel sito di incannulamento. Il trauma dell’arteria può portare all’occlusione del vaso da trombosi, la formazione di fistole artero-venosa o lo sviluppo del PA. Lo pseudoaneurisma di solito è causato da un trauma dell’arteria che porta alla formazione di un ematoma tra la parete arteriosa e il parenchima circostante nel quale continua a fuoriuscire sangue arterioso. A differenza di un vero e proprio aneurisma, che coinvolge la dilatazione di tutti gli strati della parete arteriosa, PA è una falsa uscita, chiusa rispetto alla parete arteriosa;
- dolore: risolvibile attraverso somministrazione di lidocaina locale o pomata;
- ematoma o sanguinamento eccessivo: è necessario realizzare un tamponamento con medicazione adeguata del sito di puntura per il tempo definito (vedi sopra);
- lesione nervosa: possono essere causati da lesioni alle terminazioni prossimali dei nervi. Scegliere il sito di puntura e non rimuovere e riposizionare l’ago una volta inserito;
- episodi vasovagali: spiegare la procedura al paziente ed assicurare un corretto posizionamento durante la procedura;
- infezioni: garantire corretta preparazione del materiale, garantire asepsi e trattamento del sito di puntura;
- occlusione del vaso: complicanza più rara. Si può ridurre evitando di muovere l’ago all’interno del circolo una volta inserito;
- lacerazione del vaso: evitare di riposizionare più volte l’ago dopo aver superato la superficie cutanea. Si può osservare lacerazione quando l’emorragia non si arresta nonostante l’applicazione di una medicazione compressiva.
Alessio Ruffaldi, Andrea Riva
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