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La presa in carico del paziente affetto da SLA. “Studio sulla qualità di vita del Caregiver”

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Niente riconoscimento della 104 per 63enne di Borgo San Lorenzo con SLA
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Autori:  

Dott. Cosimo Della Pietà, Dirigente Professioni Sanitarie Territoriali.   

Dott.ssa Rebecca Cerrone, Infermiera.

Parole Chiave: SLA, Caregiver, Presa in Carico, Assistenza Domiciliare.

INTRODUZIONE

La SLA è una malattia degenerativa e porta alla completa perdita dell’autonomia risparmiando le funzioni cognitive. Solo nelle fasi iniziali le persone affette hanno la possibilità di accedere autonomamente alle strutture di riferimento. Col progredire dei deficit muscolari l’assistenza a domicilio assume un ruolo centrale per l’aiuto alla persona nella quotidianità della propria vita: le problematiche che vengono affrontate si collocano in un ambiente extraospedaliero, dove persone, spesso parenti o persone emotivamente coinvolti, inesperte di pratiche assistenziali complesse, si trovano a dover prendersi cura di un malato la cui sintomatologia evolve progressivamente.

 Il ruolo dell’infermiere deve essere utile per il paziente e per il caregiver al fine di rendere loro più tranquilli dopo aver preso dimestichezza con determinate manovre e tecniche. Si punta anche alla prevenzione di malattie da stress psicofisico diminuendo la fatica fisica. 

Ricevere una diagnosi di SLA è un’esperienza traumatica per il soggetto e per i suoi familiari ed è accompagnata da sentimenti personali di devastazione e perdita che convivono accanto a quelli di incertezza e sensazione di irrealtà. 

Il ruolo della famiglia, in particolare del caregiver, è cruciale in ogni momento della malattia e in una sorprendente gamma di modalità che vanno dall’assistenza fisica in senso stretto, al supporto emotivo, all’accompagnamento alla morte e la sua mancanza produce una serie di effetti non indifferenti. 

L’obiettivo principale di questo lavoro è quello di verificare il percorso di continuità assistenziale adottato per la gestione di persone con la SLA al fine di individuare i problemi e le criticità riguardanti la presa in carico da parte del caregiver, valutare la qualità di vita di chi si prende cura di questi pazienti. Andare a sostituire il paziente nelle sue attività pratiche di ogni giorno non è facile, soprattutto all’inizio, e le tecniche usate in infermieristica devono essere trasmesse  a chi svolge questi compiti a domicilio.

Fornire un bagaglio di informazioni non utili sul momento porta a dimenticarle: per questo devono essere comunicate mano a mano che necessitino. L’obiettivo generale è, quindi, cercare di migliorare la qualità di vita del caregiver.

IL CAMBIAMENTO DI VITA DEL CAREGIVER

La maggior parte degli studi presenti in letteratura, relativi ai caregiver dei malati di SLA, riguardo i costi dell’assistenza, la fatica fisica e mentale, le connessioni tra carico assistenziale e qualità della vita dei caregivers. Pochissimi studi invece sono stati dedicati all’esplorazione delle esperienze esperienziali e soggettive dei caregivers, e delle loro narrazioni. 

Ed è in questo ambito che vuole inserirsi il presente studio, il cui scopo è quello di esplorare la rappresentazione dell’assistenza che i caregivers hanno a partire dalle loro narrazioni, al fine di mostrare un modo di procedere che tenga il più possibile conto della soggettività, e quindi dei loro reali bisogni. 

La convinzione alla base di questo modo di procedere è che conoscere in modo approfondito la rappresentazione del concetto di assistenza a partire dall’esperienza di vita vissuta, possa offrire una serie di spunti per migliorare l’adeguatezza delle risposte assistenziali e il benessere dei caregive. 

Tutt’oggi una comprensione completa di cosa voglia dire per questi pazienti affetti da SLA “stare bene a livello esistenziale” non si è ancora raggiunta, e questo lungi dalla presunzione di esaurire attraverso misurazioni standardizzate una questione irriducibile come quella esistenziale. L’accresciuta dipendenza del paziente da una figura che gli offra cure primarie costanti, comporta un notevole aumento del carico di assistenza da parte del caregiver, la cui qualità di vita finisce con l’essere fortemente compromessa. 

L’uso di strumenti di ricerca esclusivamente quantitativa, non hanno permesso una piena comprensione di ciò che vuol dire prendersi di cura di un proprio caro con  SLA. 

Se molte ricerche sui caregiver sono state già condotte per indagare i livelli di depressione, ansia e carico assistenziale, così come il concetto di qualità di vita e i fattori che contribuiscono a migliorarla, pochissimi contributi sono stati apportati alla comprensione della malattia a partire dall’esperienza vissuta dai pazienti e dai caregivers in determinati contesti. 

Obiettivi dello studio di ricerca

Emerge da più parti la necessità di verificare quale modalità di assistenza progettare, sviluppare, validare e promuovere per il miglioramento del benessere psico-fisico dei soggetti coinvolti e di tutto il loro contesto socio-familiare.

Per questo motivo l’individuazione della migliore modalità assistenziale per il paziente con una grave forma di patologia neurodegenerativa rappresenta l’obiettivo primario di questo progetto. Si intende, inoltre, individuare punti di forza e limiti dei modelli di assistenza individuati, al fine di poter introdurre delle modifiche che vadano incontro alle esigenze dei pazienti coinvolti e dei loro familiari.

Ed è proprio all’interno di questo campo di ricerca che intende inserirsi il presente studio il cui intento è quello di esplorare degli aspetti dell’esperienza di vita di queste persone e dei loro caregivers nella convinzione che la loro comprensione possa fornire innanzitutto un valido supporto assistenziale, ma anche un invito a riflettere sulla veridicità della rappresentazione sociale che si ha del malato di SLA. 

Lo studio si propone dunque i seguenti obiettivi: 

  • esplorare le esperienze personali relative al cambiamento della vita avvenuto in seguito alla SLA nei rispettivi caregivers;
  • trarre dai dati testuali un possibile modello del processo di cambiamento della vita del caregiver avvenuto in seguito all’assunzione del suo ruolo a partire dai temi che accomunano le diverse esperienze riportate; 
  • esplorare i domini tematici comuni agli assistenti al fine di comprendere le principali difficoltà dei soggetti del campione in esame.

Metodi

La valutazione dei punti di forza e di debolezza dell’assistenza è effettuata tramite interviste in profondità, per una comprensione qualitativa e per la messa a fuoco di eventuali elementi critici, suscettibili di modifica. L’ascolto degli individui, i valori personali, le intenzioni, le differenti letture della realtà, le motivazioni, le rappresentazioni personali compongono il “quadro dei significati” attorno ai quali ruota la nostra ricerca fenomenologica. 

Va segnalato il vivo apprezzamento con il quale  il metodo di ricerca qualitativa utilizzato, è stato accolto dai caregivers / intervistati: la sua buona accoglienza, rispetto dei tempi, delle opinioni del soggetto e del suo assetto emotivo-affettivo è indubbia. La priorità è stata quella di creare anzitutto un clima di fiducia e collaborazione, all’interno del quale il soggetto potesse sentirsi libero anche di criticare il lavoro che gli veniva proposto e, al massimo, di rifiutarsi di portarlo a termine, ma soprattutto potesse sperimentare un modo di partecipare alla ricerca non spersonalizzante. 

Attraverso questi incontri, in cui è stato chiesto ai partecipanti di parlare di ciò che è importante nell’esperienza della malattia, è stato possibile giungere ad una iniziale comprensione sommaria del mondo emotivo e relazionale di queste persone e si è deciso di orientare gli stimoli delle interviste su certi temi, anziché su altri. Alcuni di essi, ad esempio l’impatto psicologico della malattia in termini di cambiamento della vita e il grosso tema dell’assistenza sono stati mantenuti, mentre altri sono stati gradualmente abbandonati man mano che si procedeva con le interviste e i temi principali divenivano sempre più evidenti. Questo processo di affinamento progressivo e di aggiustamento continuo ha condotto ad una notevole aderenza alla reale esperienza dei soggetti.  

È per questo motivo che un soggettivismo, riconoscente agli attori della ricerca la prerogativa di attribuire un proprio personale significato a ciò che li circonda, diventa uno strumento di ricerca anziché una variabile di disturbo da controllare. Condurre degli studi qualitativi, però, non è cosa affatto semplice se si vuole mantenere una certa rigorosità e attendibilità che non limiti le possibilità di movimento (unico mezzo per raggiungere una qualche comprensione che produca conoscenza e non una mera descrizione dei fatti).

L’analisi dell’impatto che la malattia comporta nella vita dei caregivers, diventa non soltanto strumento per strutturare interventi più adeguati alle reali caratteristiche ed esigenze di questi pazienti, ma anche mezzo per capire quali siano effettivamente i domini di benessere esistenziale importanti per questi soggetti, visto che numerosi studi hanno messo in evidenza come essa non dipenda dallo stato fisico funzionale, né dai livelli di ansia o di depressione presi singolarmente, ma da quell’ampio stato di “benessere psicologico”. 

È evidente che non c’è un solo metodo che possa pretendere di esaurire queste tematiche, motivo per cui si è scelto di procedere alla raccolta dei dati combinando più metodi (intervista e questionario), integrando  tecniche di analisi quanti-qualitative, al fine di mostrare un modo di procedere che tenga il più possibile conto della soggettività, e quindi dei reali bisogni di caregivers, senza dover per forza rinunciare a quell’oggettività consentita dall’uso di metodi statistici.

La convinzione alla base di questo modo di procedere è che si possano offrire maggiori spunti clinici utili al miglioramento del benessere individuale, dell’adeguatezza delle risposte assistenziali, nella certezza non solo scientifica ma anche etica che in un campo come quello dello studio della dell’assistenza dei malati affetti da SLA, l’appropriatezza della relazione di cura non può non essere considerata in assoluto, uno degli obiettivi primari di ricerca e intervento.  

Campione e materiali

Lo studio coinvolge 30 caregivers dediti a prestare assistenza e supporto a malati di SLA selezionati in base ai seguenti criteri di inclusione: 

  • SLA definita o probabile;
  • età compresa tra 18 e 85 anni;
  • pazienti con punteggio alla scala per disabilità ALSFRSr superiore a 29/48;
  • capacità vitale forzata (FVC) superiore a 70%.

I criteri di esclusione invece sono: 

  • presenza di grave patologia secondaria (internistiche, neoplastiche, ecc.);
  • pazienti con disturbi psichiatrici e del comportamento.

Tutti i soggetti prima di essere intervistati o prima di completare il questionario hanno espresso il loro consenso alla partecipazione allo studio e al trattamento dei loro dati.

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