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Sono numerose le tesi di laurea che arricchiscono il nostro progetto editoriale denominato NeXT che permette ai neolaureati in medicina, infermieristica e a tutti i professionisti della sanità di poter pubblicare la propria tesi di laurea sul nostro portale ([email protected]).
Ogni pubblicazione su NurseTimes è spendibile nei concorsi e avvisi pubblici.
Gentile Direttore di NurseTimes,
mi chiamo Maria Grazia Boccia neolaureata in Infermieristica, desidero sottoporre alla vostra attenzione il mio lavoro di tesi. Credo molto nel lavoro svolto e per tale motivo mi sono convinta ad inviare l’elaborato.
Abstract
I cateteri venosi centrali (CVC) svolgono un ruolo importante nella gestione dei pazienti critici ricoverati presso unità intensive, oncologiche, ematologiche, riabilitative e di cure palliative, fornendo un device vascolare stabile e sicuro quando l’accesso al sistema vasale attraverso una vena periferica non è possibile o non è preferibile.
Sebbene siano usati principalmente nelle unità di terapia intensiva e in oncologia, i CVC sono sempre più utilizzati in altri contesti (Hospice, Residenze sanitarie e Riabilitative, assistenza domiciliare, Day-Hospital) e ciò impone all’infermiere professionale l’obbligo della conoscenza e della gestione di tutti i tipi di CVC, indipendentemente all’ UO a cui appartiene e/o al Servizio a cui è stato preposto.
L’infermiere deve quindi assicurare una corretta assistenza e prevenire le possibili complicazioni tramite l’uniformità e omogeneità di comportamento di tutto il personale al fine di ottimizzare l’assistenza e ridurre al minimo le complicanze in particolare quelle di tipo infettivo.
A tal proposito il mio lavoro di tesi si propone di indicare una serie di interventi Evidenze Based mirati nel loro insieme a raggiungere tale scopo.
Svolgimento
La decisione di trattare il “Catetere Venoso Centrale” come argomento di tesi nasce dalla mia esperienza formativa all’interno di unità intensive, dove attraverso l’affiancamento e l’osservazione di pazienti portatori di CVC, ho compreso l’importanza che la corretta gestione dell’accesso vascolare riveste al fine di prevenire l’insorgenza di complicanze CVC correlate che, comportano per il paziente un peggioramento delle condizioni di salute e sono causa di numerosi espianti che procurano costi elevati.
Il mio elaborato si sviluppa in quattro capitoli partendo dalla definizione di catetere venoso centrale terminando con il ruolo dell’infermiere nella prevenzione delle infezioni.
Nel primo capitolo viene chiarito il ruolo del catetere venoso centrale, definito centrale essendo la sua punta posizionata tra vena cava superiore e atrio destro.
I CVC vengono inseriti quando un paziente richiede un accesso venoso per un periodo di tempo prolungato consentendo la somministrazione endovenosa di trattamenti farmacologici complessi, monitoraggio emodinamico e procedure di scambio ematico.
A seconda del tempo di permanenza in sede si distinguono CVC a breve, medio e lungo termine.
Il CVC a breve termine è un catetere non tunnellizzato ovvero inserito direttamente nel vaso in cui si vuole posizionare, utilizzato per un limitato periodo di tempo che va da una a tre settimane.
I sistemi di impiego a medio termine possono rimanere in sede fino a due o tre mesi.
Il catetere a medio termine è rappresentato principalmente dal catetere PICC ossia un catetere venoso centrale a inserzione periferica, solitamente inserito nella vena brachiale dell’avambraccio.
Per i CVC a lungo termine distinguiamo due tipi di accesso:
- Catetere venoso centrale tunnellizzato: viene fatto scorrere sottocute tramite tunnellizzazione, raggiunge il vaso e viene inserito in esso.
- Sistemi totalmente impiantabili (Port): un serbatoio cavo contenente una membrana in lattice viene posizionato nel torace e collegato al catetere con punta posizionata in sede centrale. L’accesso alla camera del catetere avviene tramite ago non carotante (ago di Huber) in modo da non rimuovere parti della membrana d’ingresso.
Nel secondo capitolo viene affrontato l’algoritmo di scelta per il posizionamento del CVC.
Nella scelta della sede di inserzione del catetere è necessario tenere conto delle possibili complicanze meccaniche, della sicurezza della sede e della situazione anatomica del singolo paziente.
Per il posizionamento di un CVC vengono impiegati vasi venosi di grosso calibro tra cui vena giugulare, vena succlavia e vena femorale.
Nel terzo paragrafo viene affrontata la scelta del catetere da impiantare. Non esiste una regola standard cui attenersi per la selezione del catetere piuttosto, l’operatore sanitario (medico e/o infermiere) deve prendere in considerazione le condizioni del paziente, valutando le caratteristiche della persona, il contesto sociale in cui vive e lavora, il tipo di patologia e la propria manualità. Ad esempio, la scelta dell’impianto di un catetere esterno o totalmente impiantabile si basa principalmente sui tempi di utilizzo ovvero l’utilizzo quotidiano orienta verso la scelta di un sistema esterno, l’uso ciclico o episodico verso quello totalmente impiantabile.
L’ultimo paragrafo tratta le complicanze associate alla presenza di un sistema venoso centrale distinte in immediate e precoci strettamente legate a manovre di posizionamento e tardive correlate alla manipolazione e gestione dell’accesso vascolare. Tra le complicanze tardive mi soffermo con particolare attenzione sulle infezioni catetere correlate causa di un prolungamento dell’ospedalizzazione con conseguente aumento della morbilità e mortalità oltre che dei costi.
Maria Grazia Boccia
Allegato
Tesi: “Cateteri venosi centrali: bundle di azioni per la prevenzione”
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