Ci sono diversi studi che rivalutano l’impiego e l’efficacia sull’utilizzo strategico della ipotermia come adeguatezza in termini di recupero post infarto e preservazione dello status neurologico del paziente colpito da ACC e con potenziali danni anossici
La sopravvivenza di pazienti rianimati da un arresto cardiocircolatorio (ACC) è direttamente influenzata dal tempo che trascorre tra il collasso e l’inizio della rianimazione cardiopolmonare.
La qualità del recupero neurologico e la sopravvivenza dopo ripresa spontanea di circolo (ROSC) sono maggiormente influenzate dalla qualità delle cure post-rianimatorie.
Dati clinici e sperimentali indicano come l’ipotermia moderata terapeutica abbia un effetto di neuroprotezione dopo un danno ischemico: il meccanismo fisiopatologico con cui ciò avviene coinvolge la soppressione di alcuni stimoli apoptotici mediati dal danno cellulare.
L’ipotermia induce una riduzione del consumo metabolico di ossigeno a livello cerebrale (pari al 6% ogni 1°C) riducendo il mismatch tra perfusione e richiesta metabolica.
Al contempo viene minimizzato il rilascio di neuromodulatori eccitatori come il glutammato che favoriscono i meccanismi di morte cellulare e la formazione di radicali liberi.
Vi sono inoltre delle azioni protettive indotte dall’ipotermia sulla permeabilità della barriera emato-encefalica che sembrerebbero ridurre l’edema reattivo.
L’ipotermia terapeutica dovrebbe essere considerata trattamento standard per i pazienti comatosi resuscitati da un ACC, sottolineando come l’ipotermia moderata sia l’unico trattamento del post-ROSC che ha mostrato un incremento netto della sopravvivenza metodi per induzione e mantenimento ipotermia moderata.
In contraddittorio c’è lo studio Hyperion condotto su 581 pazienti in 25 unità di terapia intensiva francesi e pubblicato dal New England Journal of Medicine suggerisce che (Un punteggio di 1 indica una disabilità minore; Un punteggio di 2 indica una disabilità moderata; Il tempo mediano alla randomizzazione è stato di 233 minuti nel gruppo ipotermia e 219 minuti nel gruppo controllo):
- Solo il 5,7% di quelli non trattati con ipotermia ha registrato un punteggio favorevole di 1 o 2 sulla scala della categoria della prestazione cerebrale a 6 punti entro il giorno 90;
- il 10,2% dei pazienti le cui temperature corporee sono state abbassate a 33° C per 24 ore ha avuto un punteggio di 1 o 2 (P = 0,04).
- la mortalità a 90 giorni per i due gruppi è stata praticamente identica: 81,3% con ipotermia e 83,2% senza.
L’ipotermia è in genere iniziata 16 minuti dopo la randomizzazione.
CALABRESE Michele
Fonte:
www.giornaledicardiologia.it N Engl J Med 2019
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