I risultati di un progetto sulla lotta alle Ist sono stati presentati durante un convegno nella sede dell’Istituo Superiore di Sanità.
Una rete con centri periferici territoriali (centri spoke) e centri di riferimento con elevate competenze multidisciplinari (centri hub), un accesso facilitato per i pazienti, in tempi brevi e con costo ridotto, e una diffusione capillare degli strumenti di prevenzione. È questo il modello organizzativo per la lotta alle infezioni sessualmente trasmesse (Ist) che emerge dal progetto coordinato dal Dipartimento di Malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) e intitolato “Sperimentazione di nuovi modelli organizzativi integrati ospedale-territorio per la prevenzione e il controllo delle IST: percorsi diagnostico-assistenziali agevolati e offerta di screening gratuiti mirati”, i cui risultati sono stati presentati durante un convegno che si è tenuto nella sede dell’Iss.
“Le infezioni sessualmente trasmesse sono patologie diffuse, ma troppo spesso sono diagnosticate e curate tardivamente, e questo favorisce la loro diffusione – ha sottolineato Anna Teresa Palamara, che dirige il Dipartimento Malattie infettive dell’Iss –. Inoltre toccano una sfera molto privata e intima della vita delle persone, e questo merita particolare attenzione. È fondamentale quindi mettere in campo una serie di iniziative che facilitino l’accesso alla diagnosi e alla cura potenziando o creando Centri a cui possano rivolgersi i pazienti ai primi sintomi in maniera rapida e anonima”.
Il progetto, realizzato in accordo e con il supporto tecnico e finanziario del ministero della Salute, ha coinvolto otto unità operative, che hanno adottato una pianificazione e una sperimentazione di percorsi diagnostico-assistenziali agevolati per le Ist sul territorio nazionale. Ne è scaturito un modello assistenziale innovativo, oltre a una serie di azioni da mettere in campo per contrastare meglio queste patologie, che secondo l’Oms contano un milione di casi ogni anno nel mondo e sono segnalate in crescita anche nel nostro Paese. Vediamo quali.
• Sviluppare una rete con centri periferici territoriali (centri spoke), con medico di famiglia, consultorio, specialista ambulatoriale, e centri di riferimento con elevate competenze multidisciplinari (centri hub), dermatologo, ginecologo, infettivologo, urologo, andrologo, pediatra, microbiologo, psicologo, infermiere, e una adeguata formazione comunicativo-relazionale.
• Garantire un accesso facilitato, visite e indagini diagnostiche in giornata o in breve tempo, a costo ridotto (se non gratuite per alcune prestazioni e/o per alcuni gruppi di popolazione).
• Veicolare la prevenzione delle Ist (preservativo, screening) in modo più capillare.
In occasione del convegno sono stati presentati due brevi video: uno esplicativo del progetto, rivolto principalmente agli addetti ai lavori, e uno informativo rivolto ai cittadini, che mira a informare su cosa sono le Ist e su come si affrontano.
“È il momento di elaborare un piano strategico nazionale Ist – ha affermato Barbara Suligoi, responsabile del progetto –. L’esperienza di questo progetto può fornire utili indicazioni per un modello che contrasti la dispersione dei soggetti con Ist in ambiti sanitari diversi e la mancanza di uniformità e appropriatezza nei percorsi diagnostico-assistenziali”.
Redazione Nurse Times
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