Dovette ricorrere alle cure dell’ospedale San Luigi di Orbassano (Torino), dove giunse in stato di agitazione psicomotoria severa perché i genitori avevano tolto il telefonino. La vicenda risale a due anni fa, ma se ne è avuta notizia solo ora, dopo che il dottor Gianluca Rosso, presente all’arrivo dell’adolescente nella struttura, ne ha parlato a margine di un dibattito a Torino. Stando al racconto del medico, specialista in psichiatria, il paziente manifestava i sintomi di una vera e propria crisi di astinenza da sostanze stupefacenti.
Tutto iniziò quando i genitori sottrassero al ragazzo il telefonino, infastiditi e preoccupati dall’uso ininterrotto che lui ne faceva. Le reazioni incontrollate che ne scaturirono, però, resero necessaria una corsa al Pronto soccorso, dove il minore fu trattato con terapie ansiolitiche intramuscolari ed endovenose. Superata la crisi, fu dimesso e rimandato a casa con la famiglia.
“Può stupire – ha dichiarato il dottor Rosso al Corriere della Sera –, ma di fatto l’utilizzo del telefonino crea un legame con l’oggetto molto simile a quello ottenuto da altre sostanze d’abuso, come alcol, sigarette e stupefacenti“. L’adolescente non fu ricoverato perché tale procedura scatta solo “per condizioni psichiatriche associate alle dipendenze, e non per la dipendenza in senso stretto, che invece viene rimandata ai Serd (Servizi per le dipendenze patologiche, ndr)”, ha spiegato ancora l’esperto.
Secondo Rosso, le normative nazionali che regolano il trattamento delle dipendenze sono ormai “obsolete”, perché i tipi di dipendenza e il quadro socio-psicologico sono cambiati drasticamente. A nuovi sintomi devono perciò rispondere nuove cure, come spiega, sempre al Corriere della Sera, Carlo Picco, direttore generale dell’Asl Torino, parlando di un “modello nuovo” e di una “formula di dipartimento integrato delle dipendenze che contiene psichiatria, neuropsichiatria e psicologia”. Una strategia d’azione “complementare”, anziché “a silos”, che includa bambini, adolescenti e adulti “in un’unica filiera, senza mai lasciarli soli”.
Redazione Nurse Times
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