Nella frenesia della società moderna esiste un mondo silenzioso, fatto di amore incondizionato, sacrifici invisibili e battaglie quotidiane. È il mondo delle madri caregiver, donne straordinarie che si prendono cura dei propri figli con disabilità, spesso senza il giusto riconoscimento e con un sostegno inadeguato. Questa è la storia di Valentina Lecca, una madre single di tre figli disabili, che condivide con forza e vulnerabilità le sfide di una vita dedicata ai suoi ragazzi.
Il peso di un sistema che non ascolta
Valentina si alza ogni giorno con un obiettivo: garantire ai suoi figli una vita degna, nonostante le enormi difficoltà. Con tre figli – due ciechi dalla nascita e uno affetto da autismo – la sua quotidianità è una corsa contro il tempo, gli ostacoli e una burocrazia che non lascia spazio alla comprensione.
“Ogni cosa è più complicata – racconta Valentina -. Partecipare a una riunione scolastica, iscrivere i miei figli a scuola o ottenere il supporto necessario richiede energie che non ho, perché nulla è mai semplice per chi vive la disabilità in famiglia”.
E poi ci sono le esperienze che lasciano il segno, come quando Matteo, epilettico, è stato escluso dai centri estivi, nonostante la disponibilità di un’assistente che lo conosceva da sempre. “Era un diritto, una possibilità per lui di crescere e socializzare. Ma ci è stato negato. E ogni volta è come se qualcuno ti dicesse che non sei abbastanza, che tuo figlio non merita”.
Il dolore di sentirsi inadeguata
A tutto questo si aggiunge il peso della precarietà economica. Valentina si arrangia come può, facendo piccoli lavori come wedding planner. Anche solo guadagnare 200 euro per comprare le scarpe ai suoi figli le dà un senso di sollievo e utilità. Ma quando non ci riesce il dolore è profondo.
“Devo usare le loro pensioni per comprare un giubbotto o per far fronte alle spese di tutti i giorni – dice -. E ogni volta mi sento una fallita. Una madre che non è abbastanza. Non è lo Stato a farmi sentire così, ma io stessa, perché voglio dare loro tutto e sento di non riuscirci”.
Eppure Valentina sa che il problema non è lei. È il sistema che lascia sole le famiglie come la sua, costringendole a lottare per tutto, anche per una casa: “Vivo in campagna e vorrei trasferirmi in città per offrire ai miei figli più opportunità. Ma quando chiedo una casa in affitto mi sento dire che senza una busta paga non posso averla, nonostante le pensioni dei miei figli mi permetterebbero di pagare. È umiliante, ti senti come se non avessi diritto a una vita normale”.
La solitudine di chi deve essere forte per tutti
Essere madre e caregiver significa mettere i bisogni degli altri davanti ai propri, sempre. Valentina racconta di un giorno in cui Matteo, 15 anni, ha avuto una crisi epilettica mentre suonava il pianoforte a scuola: “Quando sono arrivata l’ho trovato su una barella, con il sangue ovunque. Le professoresse erano in lacrime e io ho dovuto farmi forza per tutti: per loro, per Matteo, per i miei altri figli. Non c’è mai un momento per crollare, anche se dentro ti senti distrutta”.
E poi ci sono Roberta, di 12 anni, e Francesco, di 5 anni. Ogni figlio ha bisogno di cure diverse, di attenzioni particolari: “Non basta mai il tempo, non basto mai io. A volte mi sembra di non fare abbastanza per nessuno”.
Un messaggio di speranza e di cambiamento
Nonostante tutto, Valentina non si arrende. La sua forza è un atto di resistenza contro un sistema che troppo spesso ignora i più vulnerabili: “Noi genitori ci sosteniamo a vicenda, perché nessuno ci aiuta davvero. Ma non dovrebbe essere così. Non siamo soli per scelta, siamo soli perché siamo stati abbandonati”.
Il suo è un messaggio chiaro: le madri caregiver non chiedono compassione, ma rispetto e sostegno. “Ci servono reti di supporto, informazioni chiare sui nostri diritti, aiuti concreti. E serve che la società riconosca il valore di chi ogni giorno lotta per il benessere altrui”, conclude.
La storia di Valentina è un inno all’amore e alla resilienza, un promemoria che dietro ogni sacrificio c’è una madre che non smetterà mai di lottare. Perché essere madre e caregiver non è solo un dovere: è un atto di coraggio e speranza, una scelta di vita che merita tutto il sostegno possibile.
Matteo Lucio Maiolo
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