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Hiv, la rivoluzione delle terapie e della prevenzione long-acting è realtà

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Antonella Castagna, co-presidente Amit: “Questa nuova modalità di somministrazione cambia la qualità di vita dei pazienti e riduce lo stigma. Mantenendo efficacia e sicurezza, infatti, si passa da una somministrazione quotidiana a una ogni due mesi, che presto diventeranno sei”.

Nuovi strumenti terapeutici e preventivi contro l’Hiv sono pronti e auspicabilmente potranno essere presto disponibili anche in Italia. Il riferimento è ai farmaci e alla profilassi pre-esposizione a carattere long-acting, che si possono somministrare ad ampi intervalli.

Il concetto di long-acting, applicato a diversi ambiti dell’infettivologia, è al centro del Congresso Amit (Argomenti di malattie infettive e tropicali), presieduto dalla professoressa Antonella Castagna, primario dell’Unità operativa di Malattie infettive dell’Irccs ospedale San Raffaele di Milano e direttore della Scuola di specializzazione in Malattie infettive e tropicali all’Università Vita‐Salute San Raffaele, e dal professor Marco Tinelli, infettivologo, componente del Consiglio nazionale della Simit (Società italiana di malattie infettive e tropicali) e consulente del ministero della Salute. Il Congresso, appuntamento biennale giunto alla decima edizione, si è tenuto il 27 e il 28 marzo a Milano, presso Palazzo Castiglioni (corso Venezia 47).

LE NOVITÀ NEI TRATTAMENTI DELL’HIV: UN’INFEZIONE CRONICIZZABILE

L’Hiv oggi è diventata un’infezione cronica grazie alla terapia antiretrovirale: se eseguiti con regolarità, i trattamenti sono efficaci, ben tollerati e permettono di avere una sopravvivenza e una qualità di vita simile alla popolazione generale, oltre che di azzerare la trasmissione dell’infezione. Ma ulteriori progressi sono all’orizzonte.

“Sull’Hiv è in corso una rivoluzione legata ai farmaci long-acting – sottolinea Castagna –. Questa nuova modalità di somministrazione sta cambiando la qualità di vita dei pazienti, riduce lo stigma e crea più serenità nell’assunzione della terapia. Mantenendo efficacia e sicurezza, infatti, si passa da una somministrazione quotidiana a una ogni due mesi, che in futuro potranno diventare tre volte l’anno o addirittura ogni sei mesi. Inoltre sono allo studio anticorpi monoclonali neutralizzanti che nel prossimo futuro saranno parte integrante del regime terapeutico”.

E ancora: “Complessivamente si va dunque verso un approccio terapeutico profondamente innovativo, mediante il quale ci proponiamo di perseguire anche l’obiettivo di ridurre significativamente il numero di nuove infezioni, sperando di raggiungere in Italia presto lo zero. La pandemia di Hiv, infatti, non sarà mai conclusa finché non avremo curato tutti i pazienti: l’obiettivo è quello di ottenere una remissione dell’infezione, per cui il paziente possa controllare la replicazione virale senza necessità di ricorrere alla terapia antiretrovirale orale quotidiana”.

L’IPOTESI LONG-ACTING ANCHE PER LA PROFILASSI PRE-ESPOSIZIONE

In tema di prevenzione un vaccino per l’Hiv rappresenta un traguardo ancora molto distante, ma diversi studi di profilassi sulla PrEP e in particolare sulla sua versione long-acting hanno mostrato risultati straordinari.

“Nei soggetti non infetti ma ad alto rischio, la profilassi pre-esposizione (PrEP) permette di evitare di contrarre l’infezione – conclude Castagna –. La PrEP orale, la sola attualmente disponibile, si può assumere in modalità continuativa, con una pillola al giorno, oppure on demand, al bisogno, riducendo molto significativamente il rischio di acquisizione di Hiv per via sessuale. Oltre a nuove strategie di messa in atto, la comunità scientifica auspica l’approvazione da parte di Aifa della long-acting PrEP, che permetterebbe una copertura preventiva nei confronti dell’Hiv anche per due mesi con l’iniezione intramuscolare di cabotegravir”.

Conclude Castagna: “Il passo successivo, in tema di PrEP, è già all’orizzonte: a giugno, negli Stati Uniti, sarà probabilmente approvato lenacapavir, un’iniezione sottocute da somministrare ogni sei mesi, che secondo alcuni studi potrebbe diventare anche una volta l’anno, per migliorare ancora aderenza e lotta allo stigma. L’auspicio è che anche l’Europa e l’Italia seguano presto questa strada”.

Redazione Nurse Times

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