Negli oltre 40 anni trascorsi dalla scoperta del virus Hiv la scienza è riuscita a curare un gruppo selezionato di persone. Recentemente è stata annunciata in Germania la settima guarigione, quella di un 60enne definito “secondo paziente di Berlino”, perché nella stessa struttura, il Charité Hospital, era stato curato nel 2008 il primo paziente in assoluto, ossia Timothy Ray Brown, noto come “paziente berlinese”.
Il nuovo paziente, di cui ancora non si conosce il nome, ha scoperto l’infezione da Hiv nel 2009, ma l’ha tenuta sotto controllo con l’uso di farmaci antiretrovirali. Nel 2015 gli è stata diagnosticata la leucemia. Iniziò così il suo viaggio, culminato nella cura della malattia e nella speranza di nuove cure.
In generale, i casi conosciuti di cura dell’Hiv comportano una diagnosi di cancro e un trapianto di midollo osseo, noto anche come trapianto di cellule staminali ematopoietiche, che permette di combattere il tumore e, come effetto collaterale, anche l’Hiv. Tuttavia, non tutti i trapianti di cellule staminali possono fornire questa cura.
Le cellule immunitarie del donatore devono infatti contenere la mutazione Delta 32 nel recettore CCR5, che previene naturalmente le infezioni da Hiv, ma è molto rara. In Europa solo l’1% della popolazione condivide questa caratteristica, capace di conferire l’immunità. Dopo aver ricevuto un trapianto da un donatore con questa mutazione, il primo paziente berlinese è riuscito a curare sia il cancro che l’Hiv, ma l’impresa non è stata replicata con il secondo paziente.
“Non siamo riusciti a trovare un donatore di cellule staminali corrispondente che fosse immune all’Hiv, ma siamo riusciti a trovarne uno le cui cellule hanno due versioni del recettore CCR5: quella normale e una extra, mutata”, afferma in una nota Olaf Penack, ricercatore medico del Charité Hospital di Berlino.
Dopo il trapianto di cellule staminali, il secondo paziente ha smesso di curare l’Hiv con i farmaci nel 2018, e da allora il team non ha più identificato il virus dell’Aids nel suo organismo. “Siamo molto lieti che il paziente sia in buona salute e stia bene – dice Penack -. Il fatto che sia sotto osservazione da più di cinque anni e che per tutto questo tempo sia stato libero dal virus indica che siamo davvero riusciti a debellare completamente l’Hiv dal suo organismo”.
Nell’esperienza del “secondo paziente di Berlino” sorprende che sia guarito nonostante avesse ricevuto una donazione da un paziente non completamente immune dall’Hiv. Come può essere possibile? Al momento ci sono diverse ipotesi per spiegare la guarigione. Una di queste è la velocità con cui è stato sostituito il nuovo sistema immunitario (meno di 30 giorni). Ma è anche possibile che il donatore abbia cellule capaci di uccidere l’Hiv (un’altra forma di immunità naturale, altrettanto rara).
Comprendere i fattori che hanno portato alla guarigione del “secondo paziente di Berlino” può aiutare la scienza a scoprire nuove terapie. Il rapporto sul caso non è stato ancora pubblicato in una rivista scientifica, ma è stato dettagliato nel corso della 25esima Conferenza internazionale sull’Aids, che si è volta dal 22 al 26 luglio a Monaco di Baviera.
Redazione Nurse Times
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