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Farmaci anticancro: quanto valgono realmente?

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Dal congresso annuale dell’Esmo è emerso che molti nuovi trattamenti costano troppo in rapporto alla loro reale efficacia.

Cinque miliardi e 659 milioni spesi nel 2018 sono una cifra importante. Che la fiscalità generale è contenta di pagare per permettere all’Italia di essere il Paese europeo in cui si sopravvive di più, perché tutti riescono a essere curati con le terapie migliori. Il fatto, però, è che tra il 2013 e il 2017 sono stati commercializzati nel mondo 54 nuovi trattamenti anticancro, 35 già disponibili in Italia. E questa sarebbe una grande notizia se al congresso annuale della Società europea di oncologia medica (Esmo), che si è chiuso ieri a Barcellona, due studi non avessero dimostrato che molte di queste medicine, introdotte negli ultimi 10-15 anni, non servono a granché, costano molto e il loro valore clinico non vale la spesa.

Una bomba. Che oscura in una nebbia confondente i molti farmaci utilissimi che, insieme a diagnosi precoce, chirurgia e radioterapia, garantiscono agli italiani di sopravvivere al tumore. Dunque? Che si fa? Frenare la registrazione dei nuovi anticancro? Diminuire indiscriminatamente i prezzi? Com’è ovvio non è una soluzione raffazzonata e massimalista che aiuta. Bisogna, e subito, discriminare tra i farmaci che servono e quelli pressoché inutili. Bisogna registrare solo quelli che servono. Perciò ci vuole trasparenza assoluta sui dati clinici e il pugno duro dell’organismo regolatore, l’europea Ema, per quanto ci riguarda. E bisogna calibrare il prezzo all’efficacia: gli strumenti nelle mani dell’Agenzia italiana preposta, l’Aifa, ci sono. Uno tra tutti il cosiddetto payment by result, che addebita al Ssn solo le terapie che hanno realmente funzionato.

Sia Ema che Aifa, però, sembrano rispondere più alle pressioni per rendere i farmaci disponibili che non alla necessità di discriminare con la forza della scienza il grano dal loglio. Tutti coloro che spingono affinché gli anticancro arrivino subito ai malati a qualunque costo, e lo fanno con la forza etica del bisogno terapeutico, dovrebbero però fermarsi: l’opinione pubblica non può dubitare dell’efficacia di quello che paga a così caro prezzo. Sennò si aprono praterie per coloro che dicono, immotivatamente, che i nuovi farmaci non servono. Contrapporre il massimalismo del “tutto a tutti a prescindere” al massimalismo disinformato fa male a tutti.

Redazione Nurse Times

Fonte: la Repubblica

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