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Endometriosi, il 60% delle ragazze che sta male per il ciclo ha già la malattia e non lo sa: assenti da scuola 19 giorni l’anno

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In occasione della Giornata mondiale dell’endometriosi, che ricorre oggi, gli esperti dell’Irccs Negrar, puntano i riflettori sulla malattia. “La rassegnazione alla sofferenza triplica il ritardo nella diagnosi”.

Costrette dal dolore delle mestruazioni a saltare la scuola o ad andarci imbottite di farmaci, a non fare sport e a rinunciare alle uscite con gli amici, se cadono nei giorni del ciclo. Ma soprattutto non credute dalla famiglia e spesso non prese sul serio dagli stessi medici. E’ il calvario di molte giovani donne con endometriosi.

Il 64% delle ragazze con dolore pelvico associato al ciclo mestruale ha già l’endometriosi, ma non lo sa e convive con la sofferenza di questa patologia. Un atteggiamento di rassegnazione, supportato da una società che tende a minimizzare le mestruazioni dolorose, anche quando diventano un disturbo debilitante che interferisce con la normale vita quotidiana, fino a interrompere l’attività scolastica.

A dimostrarlo una review dello University College di Londra e dell’Università di Birmingham, pubblicata sul Journal of Pediatric & Adolescent Gynecology. I ricercatori, esaminando 19 studi condotti tra il 2011 e il 2019 su un totale di 1.243 ragazze di età compresa tra i 10 e i 25 anni e con dolore mestruale cronico, hanno scoperto l’incidenza dell’endometriosi in 6 giovani donne su 10, con un impatto anche sull’istruzione per la perdita media di 19 giorni di scuola all’anno

“Soffrire non è normale. Ribellatevi alle vostre mamme e nonne quando vi dicono di sopportare il dolore e anche al medico, se vi dice che è tutto a posto ma voi continuate a stare male. La rassegnazione alla sofferenza allunga di tre volte il ritardo nella diagnosi”. A lanciare questo appello provocatorio è Marcello Ceccaroni, direttore del dipartimento di Ostetricia e ginecologia dell’Irccs Negrar (Verona) tra gli esperti più conosciuti e apprezzati a livello internazionale per aver messo a punto una tecnica chirurgica mininvasiva, di recente premiata dalla Società Mondiale di Chirurgia Laparoscopica Ginecologica, in grado di ridurre dal 37% al 4% le disfunzioni pelviche, migliorando la qualità di vita di migliaia di pazienti su scala globale.

“L’endometriosi è una malattia causata dalla crescita anomala del tessuto simil-endometriale, quello che riveste la cavità uterina e si sfalda durante le mestruazioni, fuori dalla sede naturale – spiega Ceccaroni -. Un ‘incendio’ che scoppia nell’addome delle donne, ogni mese, per 14 volte l’anno, e comporta dolori lancinanti, con compromissione della fertilità nel 30% dei casi, depressione e rinuncia a una vita normale e di coppia”.

Una malattia invalidante, che colpisce 3 milioni di donne in Italia e oltre 150 milioni nel mondo, troppo spesso sottovalutata con un ritardo nella diagnosi fino a 7-10 anni. “La diagnosi tardiva è il nemico principale delle donne con endometriosi, più della stessa malattia – ribadisce l’esperto -. Una delle ragioni principali è proprio la rassegnazione con cui molte giovani donne vivono il dolore associato alla patologia. Questo atteggiamento, oltre a conseguenze negative sulla salute fisica e mentale, protrae il ritardo nella diagnosi e la richiesta di una consulenza medica appropriata. Un fatto preoccupante, perché il protrarsi per anni della convivenza con la sofferenza dell’endometriosi aggrava la malattia, alimentando l’infiammazione e favorendone la progressione”. 

La soluzione ideale per arrestarla è quella farmacologica, ma quando le terapie mediche falliscono e l’endometriosi è avanzata, come avviene in circa il 10-20% di tutte le pazienti trattate, il bisturi diventa una scelta obbligata, spesso radicale, che può comportare effetti collaterali, con un impatto pesante sulla qualità di vita delle pazienti.

“La tecnica messa a punto al Negrar, che si chiama nerve-sparing, sviluppata dopo lunghi studi anatomici cominciati nel 2000, consente di garantire la stessa radicalità chirurgica, cioè la stessa aggressività sulla malattia delle altre tecniche tradizionali, ma rispettando il maggior numero di fibre nervose superstiti, che spesso vengono danneggiate durante l’intervento – precisa Ceccaroni, ideatore del nuovo approccio noto in tutto il mondo come ‘Negrar Method’ -. Si riduce così il rischio di disfunzioni post-operatorie dal 37% al 4%, cambiando l’esito di questa malattia e la storia clinica di queste pazienti, che migliorano la qualità di vita”.

Aggiunge Claudio Cracco, amministratore delegato dell’Irccs Negrar: “Ricerca e formazione specialistica all’avanguardia, indispensabili per migliorare le cure per l’endometriosi, sono gli obiettivi dell’impegno da oltre 20 anni dell’Irccs Negrar, tra i primi centri al mondo ad occuparsi di endometriosi, e promuovere una maggiore comprensione e sostegno per chi ne è affetto. È infatti il primo centro in Italia per volume di attività con oltre 1.300 interventi l’anno e 15mila pazienti trattate, provenienti per il 70% da altre regioni e anche dall’estero. Dal 2019 centro di riferimento regionale per la cura dell’endometriosi, è conosciuto e apprezzato a livello mondiale, grazie anche all’attività dell’International School of Surgical Anatomy, fondata da Ceccaroni”.

Redazione Nurse Times

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