Elementi basilari di Management Sanitario delle Catastrofi
A vent’anni dalla sua nascita il Servizio Nazionale della Protezione Civile viene riformato. Il decreto legge n. 59 del 15 maggio 2012 convertito nella legge n. 100 del 12 luglio 2012 modifica e integra la legge n. 225 del 1992, istitutiva del Servizio.
Le attività della Protezione Civile vengono ricondotte al nucleo originario di competenze definito dalla legge 225/1992, dirette principalmente a fronteggiare le calamità e a rendere più incisivi gli interventi nella gestione delle emergenze. Viene ribadito il ruolo di indirizzo e coordinamento del Dipartimento della Protezione Civile delle attività delle diverse componenti e strutture operative del Servizio Nazionale.
Il recente terremoto che ha colpito l’Italia centrale ci spinge a riflettere ed a cercare di comprendere le dinamiche che si dipanano da un evento maggiore (o catastrofe).
Nel nostro Paese solo di recente si è cominciato a parlare di management di questi eventi, seppure in questo caso la macchina dei soccorsi ha funzionato adeguatamente: ciò non toglie il gap culturale che andrebbe colmato.
Basti pensare che nei corsi di laurea, sia triennali che magistrale per infermieri, questo argomento non viene nemmeno trattato ed è per questo motivo che si debba cominciare un’opera di sensibilizzazione su questo delicato argomento.
Credo sia utile introdurre alcuni elementi basilari in modo da dare un’idea complessiva del problema ed alcuni elementi di comportamento e di risposta per i colleghi che dovessero trovarsi in una tale situazione.
Per prima cosa dobbiamo definire una catastrofe o evento maggiore.
Parliamo di evento maggiore ogni qual volta le risorse disponibili nell’immediato sono fortemente sproporzionate o insufficienti rispetto alle vittime ed alle risorse necessarie: quindi un evento straordinario è tale perché si verifica nel momento in cui luogo, numero, gravità e tipologia dei feriti richiedono l’impiego di risorse straordinarie e non immediatamente disponibili.
E’ da evidenziare che ogni evento maggiore è un caso a se e ha caratteristiche diverse; pertanto la fase di risposta deve tenere conto di tutta una serie di variabili di carattere sanitario, logistico, strategico e di tattica che rendono unico ogni evento. Avere delle direttive generali da seguire è fondamentale, ma forse ancor di più saperle adattare plasticamente a tutte le variabili in campo. Per questo il management di un evento maggiore deve essere confezionato come un abito su misura per ogni singolo evento mantenendo una cornice standard uguale per tutti: possiamo definirlo un work in progress
Altra fondamentale regola in questi scenari ci viene dettata dalla gestione ordinaria ed è quella che dice:
“Un soccorritore ferito o, peggio, morto, non soccorre nessuno ed è solo di intralcio”
Questo può sembrare banale per chi si trova ad affrontare una calamità, ma proprio nel caso di un disastro è maggiormente vera proprio per l’oggettiva sproporzione di mezzi ed uomini sopra citata.
Vedremo inoltre nell’illustrare la catena del soccorso in eventi maggiori come il primo mezzo (solitamente un BLS) che giunge sul luogo del disastro “non deve soccorrere nessuno, ma mettersi a disposizione della centrale operativa e coordinarsi con le altre forze in loco, allo scopo di iniziare precocemente a creare la catena di comando, il coordinamento delle forze in campo ed organizzare l’intervento”
Questo può a prima vista sembrare illogico, ma in realtà riveste un’importanza fondamentale tanto da rendere inefficiente la macchina dei soccorsi che da quel momento si deve dispiegare in loco.
Possiamo, infine, sostenere che gli incidenti maggiori possono essere classificati in base alla causa che li scatena e definirli in tre grandi filoni:
- eventi naturali (terremoti,inondazioni,tsunami etc)
- eventi industriali (derivanti da incidenti industriali )
- eventi causati dall’umo (guerre,attentati, tumuli etc)
Un ultimo accenno a proposito della pianificazione dell’intervento: è sempre il primo fondamentale elemento per la riuscita del soccorso tanto più in questi casi in cui l’approccio alla pianificazione deve essere multi rischio (cioè deve tenere conto di tutti i rischi correlati al tipo di intervento) e deve necessariamente essere coordinato con tutti gli attori in campo, in modo da essere il più armonico possibile; in pratica le forze in campo devono agire come un’orchestra per essere efficaci al massimo. Per questo possiamo affermare senza tema di smentita che:
RINUNCIARE A PIANIFICARE EQUIVALE A PIANIFICARE DI RINUNCIARE
Vediamo come si dispiega la risposta sanitaria in caso di evento maggiore andando per ordine e analizzando la risposta di prima istanza, quella immediata che va dall’allerta alle ore successive che, con le dovute cautele, possiamo ritenere comuni a tutti i tipi di catastrofe.
Quando giunge la richiesta di soccorso alla centrale operativa si invia uno o più mezzi sulla scena, in base alla disponibilità immediata degli stessi. Di solito si invia sempre un primo mezzo (solitamente un mezzo BLS), ma capita spesso che sia anche un mezzo medicalizzato.
Quando si giunge sulla scena di un evento catastrofico domina il caos più totale; i superstiti si affannano a cercare di dare soccorso alla rinfusa e se ciò da un lato è un bene, perché questo tipo di reazione stimola il senso di solidarietà tra i superstiti e mitiga lo scatenarsi del panico collettivo, dall’altro potrebbe intralciare gravemente il lavoro dei primi soccorritori. C’è quindi la necessità da una parte di dominare il panico, magari convogliando le energie positive verso forme diverse ed organizzate di collaborazione e dall’altra dare ordine ed armonia al caos.
Questo è il motivo per cui il primo mezzo (ambulanza) che arriva sulla scena della catastrofe non soccorre nessuno.
Ma, allora, quali sono i suoi compiti?
L’infermiere (team leader) coordina i soccorsi in stretto contatto con la centrale operativa, fornisce informazioni dettagliate sia dagli altri componenti dell’equipaggio che dalle oltre forze presenti sul luogo del disastro, compresa la cittadinanza (il sindaco, a tal proposito è una risorsa fondamentale) che conoscendo il territorio meglio dei soccorritori, rivestono un ruolo importante nella ricognizione e valutazione dello scenario e nel reperimento delle aree sicure, provvede alla costituzione di un team di coordinamento con le forze presenti (vigili del fuoco, polizia, carabinieri, protezione civile), reperisce e delimita l’area del P.M.A. (punto medico avanzato) occupandosi del suo allestimento man mano arrivano le risorse, dà le consegne al Direttore dei soccorsi sanitari restando in stretto contatto con lo stesso.
L’autista coordina i trasporti, raccoglie le informazioni sulla praticabilità delle strade; si preoccupa di pianificare le vie d’accesso e di fuga per i mezzi che, successivamente, giungeranno sul posto; predispone le aree idonee per l’atterraggio degli elicotteri; predispone i collegamenti tra i cantieri e la zona NOIRA e tra quest’ultima e il P.M.A.
Il soccorritore (collaboratore) ha compiti di ricognizione, di valutazione delle condizioni di sicurezza della scena, di delimitazione dell’area di intervento dividendola in settori (cantieri); comunica una prima stima dei feriti; organizza le prime zone di accoglienza della popolazione superstite; collabora con il team leader nelle comunicazioni; effettua il triage dei primi feriti.
Le informazioni raccolte vanno comunicate al team leader che a sua volta le riferisce alla C.O.ed al D.D.S.
Inoltre questo primo team ha il compito di coordinarsi con le forze al momento in campo e di mantenere i rapporti con le stesse fin quando non giungerà sul posto il team di coordinamento on the scene (direttore dei soccorsi sanitari)
IMPORTANTE FIN DA SUBITO E’ AVERE CHIARE LE PRIORITA’ DI RISPOSTA
COMANDO E CONTROLLO / CATENA DI COMANDO (chi fa cosa, quando e come) aree di competenza:
- AREA GOLD direzione strategica (di solito Centrale operativa o Prefettura)
- AREA SILVER direzione tattica nel perimetro della scena D.D.S.
- AREA BRONZE direzione operativa, postazione avanzata sulla scena, direttore di cantiere
- SICUREZZA (scenario del disastro, sicurezza dei superstiti, sicurezza dei soccorritori)
- COMUNICAZIONE (con la Centrale operativa, con il D.D.S anche se non è già fisicamente in loco e con tutta la catena di comando e con tutte le altre forze in campo)
- COMUNICAZIONE VUOL DIRE COORDINAMENTO
- VALUTAZIONE (delle risorse necessarie, della scena dell’evento, delle vie di fuga e di accesso delle aree di raccolta e di posizionamento del P.M.A.)
- TRIAGE (dei feriti al momento del ritrovamento ed al momento dell’accesso al P.M.A.)
- TRATTAMENTO (stabilizzazione dei feriti più gravi e preparazione degli stessi per l’evacuazione presso gli ospedali, trattamento dei casi minori ove possibile in loco presso il P.M.A. ma, successivamente al trattamento, stabilizzazione ed evacuazione dei feriti più gravi)
- TRASPORTO (trasporto dei feriti presso gli ospedali con i mezzi più idonei: elicottero, ambulanze BLS o ALS, etc.)
Si devono inoltre creare alcune zone di intervento:
- La zona crash è quella in cui si verifica l’evento nella sua pienezza e va divisa in zone cantiere;
- la zona cantiere è quella dove si eseguono le prime operazioni di soccorso (il singolo cantiere è transennato e controllato);
- la zona NOIRA detta anche zona di recupero è quella dove affluiscono i feriti dalla zona cantiere e da dove vengono trasportati verso il P.M.A.;
- la zona P.M.A è quella dove affluiscono i feriti a seconda del codice di priorità attribuito sulla scena dove vengono sottoposti ad ulteriore triage e dove vengono trattati e stabilizzati per il successivo invio in sicurezza presso gli ospedali;
- la zona punto di raccolta è quella dove viene convogliata la popolazione superstite e dove, in un’apposita area, vengono convogliati anche i feriti lievi e differibili per essere trattati appena possibile presso il P.M.A o trasportati presso i pronto soccorso degli ospedali limitrofi.
In queste condizioni appare quanto mai importante l’aspetto delle comunicazioni che debbono essere chiare, sintetiche e precise; per comunicazione intendiamo anche e sopratutto il coordinamento delle forze in campo che devono parlarsi e coordinarsi in prima battuta con la catena di comando da gold a bronze.
COLLABORARE E COMUNICARE sono parole chiave in queste situazioni
IL TRIAGE è lo strumento che ci permette di stabilire le priorità di accesso e di trattamento dei feriti dal più grave al più lieve, attribuendo un codice colore.
E’ una tecnica di competenza infermieristica, di derivazione militare sullo scenario di guerra (era utilizzata per stabilire chi poteva essere salvato e con quale priorità e chi no). Naturalmente si sono evolute nel tempo ed adattate alle diverse esigenze: per questo esistono diverse tecniche di triage più o meno rapide e/o approfondite anche se, in prima battuta sulla scena dell’evento, è consigliabile utilizzare tecniche più elementari e rapide.
Possiamo dire che nell’immediato sulla scena viva dell’evento è più utile utilizzare il protocollo S.T.A.R.T.
In alternativa o successivamente si può usare il protocollo C.E.S.I.R.A.
In ogni caso, ad ogni paziente, verrà attribuito un codice colore (con un cartellino) che conserverà durante tutto il suo iter.
SI STA DIFFONDENDO ANCHE L’UTILIZZO DI UN BRACCIALETTO COLORE
La gestione di un evento maggiore, come ad esempio un terremoto, non si esaurisce nelle prime 6/12 ore dall’evento, anche se questo periodo di tempo è quello in cui si deve rendere armonico il caos.
E’ di fatto, il momento di maggiore impegno, quello in cui si riesce a salvare il maggior numero di persone, in cui si pongono le basi per la pianificazione e la riuscita delle fasi successive ed infine quello nel quale, con il maggior numero di attori in campo che andranno coordinati. Infine è anche il momento in cui la sicurezza per tutti è più precaria ed allo stesso tempo indispensabile.
Sono tutti fattori che uniti ad altre variabili intrinseche all’evento (accessibilità di strade, ponti, agibilità di ospedali, configurazione del territorio) complicano il management. Tutto questo ci fa capire quanto sia importante e vitale una corretta gestione delle prime 6/12 ore e come da una corretta gestione di queste dipendano, strettamente, le fasi successive che, come detto, si protraggono per un tempo maggiore ma richiedono uno sforzo in termini di uomini e di mezzi minore almeno per quello che riguarda la gestione sanitaria.
Un ultimo ma fondamentale accenno va fatto sulla rete ospedaliera che è una variante di cui si deve assolutamente tenere conto nella pianificazione di intervento in un evento maggiore.
Per prima cosa nel caso di eventi naturali anche gli ospedali vicini alla scena dell’evento potrebbero essere danneggiati, parzialmente inagibili o peggio del tutto inutilizzabili, comportando per questo la necessità di spostare rapidamente i pazienti ricoverati che possono essere anche pazienti gravi.
Inoltre dobbiamo dire più in generale che in Italia solamente di recente, con l’acuirsi della possibilità di eventi maggiori causati dall’uomo (attentati) si è cominciato a pensare di predisporre, almeno nelle grandi città, i piani di gestione delle massime affluenze; in pratica si stilano piani operativi per predisporre i pronti soccorso ad accogliere un gran numero di feriti anche gravi, mobilitando le scarse risorse disponibili un po’ come accade sulla scena di un evento maggiore.
Anche in questo caso sarebbe utile che ogni ospedale predisponesse un piano di massima affluenza e che formasse adeguatamente il suo personale con eventi simulati, anche se le carenze maggiori si registrano negli ospedali più piccoli che solitamente sono quelli più vicini a questi scenari, ma sicuramente meno interessati ad eventi causati da attentati o tumulti.
Inoltre sarebbe bene che ogni ferito venga trasportato nell’ospedale più idoneo a trattarlo: questo eviterebbe pericolose perdite di tempo e l’impiego di ulteriori mezzi per il trasferimento oltre a giovare, in prima battuta, alla salute e sicurezza del paziente stesso.
Infine un’ultima riflessione: l’argomento trattato in questo articolo è complesso ed importante; per questo motivo sarebbe auspicabile per tutte le aziende sanitarie e per tutti gli equipaggi che concorrono all’emergenza territoriale (118), la programmazione di specifici corsi di formazione. Ancor meglio sarebbe se questi argomenti venissero trattati in modo esaustivo nei corsi di laurea di infermieristica sia triennali che magistrali.
Essendo questo un argomento sempre più pregnante e di attualità, mi spingerei anche oltre vedendo lo stesso come tema di un master universitario e quindi come competenza avanzata per gli infermieri che ad oggi sono troppo spesso impiegati in scenari di catastrofe senza una necessaria e valida formazione.
Spero di aver offerto elementi di riflessione ed approfondimento per tutti i colleghi: è un primo spunto per diffondere la cultura dell’emergenza negli eventi maggiori.
Naturalmente la gestione di un evento catastrofico di tipo naturale come un terremoto non finisce qui, ma questo è il momento in cui si salvano le vite, quello in cui bisogna lavorare essendo disponibili e coordinati verso tutte le forze in campo ognuno con il proprio compito. Successivamente dovrà prendere il sopravvento la gestione sanitaria dei superstiti sani o lievemente feriti rimasti sul posto e la ricostruzione, un evento catastrofico quindi non si conclude nelle 36/48 ore successive, ma spesso si protrae per un periodo abbastanza lungo.
Angelo De Angelis
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