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Donna morta dopo trasfusione sbagliata: Asl Roma 5 condannata a maxi risarcimento

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Trasfusione incompatibile, "Medico non presente è responsabile insieme all'infermiera": la sentenza della Cassazione
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La Corte d’appello di Roma ha condannato l’Asl Roma 5 a versare un risarcimento di 1 milione e 600mila euro ai figli e ai nipoti di una 77enne morta dopo una trasfusione di sangue sbagliata. Come riporta la Repubblica, i giudici hanno confermato l’esito della sentenza del Tribunale di Velletri, che nel 2020 aveva già condannatom l’Azienda sanitaria a risarcire gli eredi della vittima.

Secondo quanto emerso, la donna fu ricoverata nel 2011 all’ospedale Parodi Delfino di Colleferro per una febbre che non passava ed episodi di perdita di sensibilità e formicolio agli arti inferiori. Il 26 maggio, durante la degenza, la 77enne ricevette da un infermiere una trasfusione con un gruppo sanguigno diverso dal suo, che era invece destinata alla vicina di letto. Ricevette infatti sangue del gruppo B+, anziché del gruppo A Rh+. Un errore non segnalato nella cartella clinica, come sarebbe stato invece sarebbe obbligatorio fare.

Al 27esimo giorno di ricovero, dopo essere sopravvissuta alla trasfusione con sangue incompatibile, la donna ricevette la diagnosi di sindrome di Guillain-Barré, una rara malattia, neurologica autoimmune, in cui il sistema immunitario attacca i nervi periferici. A quel punto fu trasferita al Policlinico Umberto I di Roma per la visita di uno specialista, ma i medici dell’ospedale capitolino non furono informati dell’errore. Dopo altri 30 giorni di ricovero, morì per le complicanze della malattia.

Dell’errore nella trasfusione si è saputo solo quando l’avvocato della vittima, Renato Mattarelli, ha avuto accesso agli atti. “La trasfusione è un atto medico, non può essere fatta da un infermiere e andava registrata – spiega il legale a la Repubblica –. In questo caso non furono adottate terapie di contenimento, non ci fu annotazione in cartella e i medici del Policlinico furono tenuti all’oscuro, con un ritardo diagnostico fatale. Il trasferimento fu inoltre mascherato da una richiesta di esame neurologico. A testimonianza di ciò, il letto della paziente era già stato assegnato a un altro malato il giorno stesso dell’esame”.

Secondo l’avvocato, la 77enne è stata inoltre danneggiata dalla diagnosi tardiva: “Ci tengo a sottolineare che la condanna dipende da una serie di errori, compreso quello diagnostico della Guillan Barré. Era una diagnosi semplice, arrivata con un ritardo di 28 giorni, che ha causato una paralisi quasi totale. A questo ovviamente si aggiunge l’errore della trasfusione, che ha provocato un grande shock e la distruzione del sistema immunitario, fino all’aggravamento totale della patologia e alla morte”.

Redazione Nurse Times

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