La percentuale di sopravvivenza ad un arresto cardiaco extraospedaliero (OHCA) è maggiore nelle vittime che presentano un ritmo defibrillabile quando queste ultime vengono sottoposte a rianimazione cardiopolmonare (RCP) precoce.
Tuttavia, un sottogruppo di individui presenta una fibrillazione ventricolare (FV) che non risponde a defibrillazione (Fibrillazione ventricolare refrattaria).
Uno degli interventi che può rappresentare un’opzione possibile nelle FV refrattarie è una doppia defibrillazione esterna sequenziale (DSD).
I ricercatori dell’Ohio Health Doctors Hospital, (Columbus) si sono posti l’obiettivo di comprendere se tale procedura in queste situazioni sia davvero la più efficace.
Per fare ciò hanno esaminato l’outcome di migliaia di pazienti che hanno manifestato una FV refrattaria trattata con DSD in un setting pre-ospedaliero.
La metodologia adottata è stata la valutazione retrospettiva delle cartelle cliniche dei pazienti che hanno manifestato una FV trattata con una DSD in ambiente pre-ospedaliero nel periodo compreso tra il 1º agosto 2010 ed il 30 giugno 2014. I pazienti di età inferiore ai 17 anni sono stati esclusi dallo studio.
Gli outcomes valutati sono stati il numero di pazienti che hanno presentato un ripristino spontaneo della circolazione sanguigna, tasso di sopravvivenza alla dimissione ospedaliera ed il Cerebral Performance Category score.
RISULTATI
Su un totale di 2428 eventi di (OHCA) dodici pazienti sono stati trattati con DSD. I tempi medi di DSD e di rianimazione cardiopolmonare pre-ospedaliera sono stati rispettivamente di 27 minuti (IQR 22-33) e 32 minuti (IQR 24-38). Dei 12 pazienti sottoposti a tale procedura, la ripresa spontanea della circolazione sanguigna è stata ottenuta in tre pazienti. Nove pazienti sono invece stati convertiti in FV, tre pazienti sono sopravvissuti al momento della dimissione, e due pazienti (2/12, 17%) sono stati dimessi con Cerebral Performance Category score uguale a 1 (buona performance cerebrale).
CONCLUSIONE
La defibrillazione esterna in doppia sequenza potrebbe essere uno strumento utile per migliorare la sopravvivenza senza danni neurologici in seguito a (OHCA).
Tuttavia sono necessari ulteriori studi per dimostrare eventuali benefici nell’ordine del paziente correlati a tale procedura.
Redazione NurseTimes
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