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Decisioni sul fine vita: quanto è coinvolto l’infermiere?

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Oggigiorno uno dei temi etici complessi che suscita da sempre divisioni e dibattiti è quella del fine vita.

Il progresso nell’ambito sanitario, l’evoluzione della tecnologia e della farmacologia, un maggior accesso all’assistenza sanitaria hanno consentito un allungamento della vita con una gestione immediata delle condizioni acute e una maggiore tendenza a sviluppare malattie croniche con l’avanzare dell’età; facendo così emergere situazioni complesse per la qualità della vita e per lo stato di salute globale che creano ulteriori differenze di pensiero nella concezione della persona e dei diritti umani.

La bioetica è una disciplina moderna molto recente, infatti il termine è stato introdotto per la prima volta solo nel 1970 dall’oncologo statunitense V.R. Potter nel suo saggio Bioethics: the science of survival.

La bioetica si è rivelata da subito una disciplina capace di creare un ponte tra la cultura umanistica e quella scientifica, avvalendosi di determinati princìpi per l’analisi e la risoluzione di problemi etici in campo biomedico e clinico quali il principio di beneficità-non maleficità, il principio di autonomia, il principio di giustizia.

La conoscenza delle decisioni relative al fine vita è essenziale per supportare le persone durante il processo decisionale e tale tematica non è stata affrontata soltanto in ambito biomedico ma anche in quello giuridico.

L’Italia non ha ancora un quadro giuridico convinto e ben delineato come le altre realtà europee, sebbene il 12 luglio 2001 la Camera dei deputati abbia approvato il disegno di legge n.2350 sulle disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato, dei contenuti e dei limiti delle dichiarazioni anticipate di trattamento.

Tra le tematiche etiche più attive negli ultimi anni vi sono:

  • l’eutanasia, che si intende una condotta diretta a produrre, accelerare o a non far nulla per evitare o ritardare la morte della persona assistita affetta da una malattia giunta allo stadio terminale e con prognosi infausta;
  • l’accanimento terapeutico; che si intende l’ostinazione al trattamento messa in atto nel tentativo di prolungare il più possibile il funzionamento dell’organismo del paziente senza un’efficacia terapeutica e con un’eccezionalità di interventi.

Il processo decisionale che viene effettuato per le questioni etiche di fine vita vede coinvolti e attivi nel ragionamento etico e nelle relative discussioni diverse figure professionali.

 

Occorre a questo punto rivelare in merito che gli studi evidenziano numerose difficoltà per i professionisti infermieri: questi ultimi sono coinvolti e partecipano nel processo decisionale ancora in maniera molto limitata (appena il 12% dei medici italiani discute con gli infermieri rispetto ai medici belga e svizzeri che sono rispettivamente il 57% e il 50%).

Come ci si può spiegare il risultato di queste discrepanze?

La risposta può essere data non solo dai fattori socio-culturali e lavorativi – nei Paesi europei dove c’è una minor presenza di gerarchie tra i professionisti gli infermieri vengono coinvolti in maniera molto più elevata ed attiva – ma anche dalla conoscenza dell’infermiere che riscontra maggiore considerazione dal team medico laddove sia più elevata.

A tal proposito si evince dagli studi che gli infermieri percepiscono la propria preparazione inadeguata per questo settore e ciò comporta inevitabilmente frustrazione, conflitti e stress emotivo.

Vi sono, comunque, altri fattori che influenzano il procedimento come le emozioni, l’esperienza, le sensazioni che possono creare un ulteriore allontanamento dalla persona e la figura di un’infermiere che supporti nel momento decisionale viene così ad indebolirsi.

Alla luce di tale analisi appare quindi chiaro che il coinvolgimento degli infermieri risulta limitato sia nel processo decisionale sia nei dibattiti sui temi etici.

Cosa occorre fare?

Il Codice Deontologico del 2009 fornisce la giusta risposta attraverso l’articolo 8:

”L’infermiere, nel caso di conflitti determinati da diverse visioni etiche, si impegna a trovare la soluzione attraverso il dialogo […]”.

L’unica strategia efficace per il superamento di questi confini è rappresentata dalla collaborazione tra i professionisti: solo attraverso incontri formativi ed un dialogo costante sarà possibile ridurre le sensazioni di disagio e migliorare la comunicazione nel team.

Anna Arnone

Fonti:

  • Cortese C. Fedigrotti A., Etica infermieristica, Sorbona, 2002
  • Smelterz S.C., Bare B.G., Hinkle J.L., Cheever K.H., Brunner – Suddarth
  • Infermieristica medico-chirurgica vol.1 (4 ed.), Milano: Casa Editrice Ambrosiana, 2010
  • Federazione Nazionale Collegio IPASVI – Codice Deontologico dell’Infermiere, 2009
  • Bianchi E., Per un’etica condivisa, Giulio Einaudi editore, 2009
  • Furlan M., Bernardi A., Pegoraro R., Etica delle professioni sanitarie, Piccin, 2009
  • https://www.aniarti.it/it/system/files/scenario/article/1278438481.2-2010_26-36.pdf
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