Sanità, De Palma (Nursing Up): «Vietato minimizzare e nascondere la polvere sotto il tappeto!»
Qualcuno prova a gettare fumo negli occhi, affermando che, a compensare, arriveranno nuovi iscritti dopo il semestre filtro di Medicina. Ma infermieristica è il cuore del Servizio sanitario nazionale, non è una panchina di stazionamento per anime perse!
ROMA 9 SETT 2025 – Affermare che i recenti dati negativi sulle iscrizioni a infermieristica non ci sorprendono, ma rappresentano piuttosto il drammatico tradursi in realtà di anni di denunce e di appelli inascoltati, è una premessa dovuta.
Insomma, ci sono 20.699 posti a bando, ma le domande non raggiungono neppure 19mila: siamo di fronte a numeri, a dati schiaccianti, che oggi parlano chiaro e che raccontano uno scenario drammatico.
«Dal 2010 al 2024 – dichiara Antonio De Palma, Presidente del Nursing Up – le iscrizioni ai corsi di Infermieristica sono crollate del 52%. Siamo passati da 46.281 domande a poco più di 21.250. È una frana che si trascina da anni, eppure leggiamo che chi dovrebbe tutelare questa professione continua a minimizzare, sostenendo che, da inizio secolo a oggi, i posti a bando sono passati dai 10.614 del 2001 ai 20.699 attuali, e quindi lasciando intendere “l’encomiabile impegno” di aver in qualche modo “rivoluzionato” lo spazio riservato alla nostra professione all’interno degli atenei italiani.
Ed ecco l’ennesimo modo per “gettare fumo negli occhi”, lasciando intendere che, i recenti dati negativi delle iscrizioni a infermieristica, che di fatto non coprono nemmeno i posti disponibili, saranno compensati dopo il nuovo semestre filtro di Medicina, quando migliaia di studenti finiranno per riversarsi su Infermieristica. Ma cosa significa tutto questo? Stiamo forse scherzando? Forse la nostra professione si è ridotta ad essere una panchina di riserva di Medicina, quando dovrebbe essere il cuore pulsante del Servizio sanitario nazionale? È questo il futuro che vogliamo per i nostri giovani?
Le prospettive occupazionali degli infermieri restano tra le migliori in Italia, con un tasso di occupazione a un anno dalla laurea che arriva all’85%. Ma proprio questa domanda elevata dovrebbe spingere a potenziare l’offerta formativa, non a ridurla. Invece la sanità italiana è come una barca che “ingurgita acqua” da tutte le parti, e chi dovrebbe governarla resta fermo a guardare con le mani in tasca.
E mentre alcune istituzioni, ma anche alcune rappresentanze professionali, si limitano a fare la “scoperta dell’acqua calda”, elencando, con candore disarmante, i motivi del calo di appeal (retribuzioni inadeguate, carichi di lavoro eccessivi, nessuna carriera, scarso riconoscimento sociale), la realtà è che la sanità italiana corre come un treno lanciato a tutta velocità contro un muro, proprio mentre chi ha la responsabilità, a vari livelli, continua a parlare di dettagli di arredamento, delle carrozze insomma…
«Noi denunciamo da anni che questa è una professione senza futuro, se non si inverte la rotta. Perché costruire il futuro della sanità senza rafforzare Infermieristica è come costruire una casa togliendo i mattoni dalle fondamenta: prima o poi crolla tutto», continua perentorio De Palma.
E’ un grave errore richiamare l’attenzione della politica prevalentemente sulle nuove lauree magistrali specialistiche, immaginando che possano cambiare il futuro della professione e delle cure. In questo modo gli infermieri di base, quelli che tengono in piedi ogni ospedale, vengono abbandonati a se stessi.
La professione infermieristica è tristemente diventata il tappeto sotto cui si nascondono tutte le polveri della cattiva politica sanitaria.
E che dire dell’assistente infermiere? Una figura che non farà altro che abbassare la qualità delle cure, confondere i ruoli, spacchettare competenze. È come tappare una diga crepata con un cerotto: il disastro è solo rimandato. E chi doveva alzare la voce per bloccare sul nascere l’accordo Governo-Regioni non lo ha fatto anzi, non ha aperto bocca!
È evidente: senza un contratto radicalmente rivoluzionato, senza carriere vere, senza stipendi dignitosi, senza riconoscimento professionale, ogni misura sarà inutile. È come svuotare il mare con un secchiello!
E allora non è certo un caso che negli ospedali, l’esasperazione dei cittadini e il malcontento crescente per la disorganizzazione e i tempi biblici di attesa di un pronto soccorso, dove un infermiere in un’area triage arriva anche a occuparsi di 10-13 pazienti, si traducono sempre di più in calci, pugni e addirittura sputi sul volto dei nostri professionisti.
E’ la dimostrazione che, mentre la politica e gli organi che dovrebbero tutelarci, o che ci rappresentano per legge, si perdono in parole inconcludenti, nelle corsie il clima è incandescente, e la quotidianità dei nostri professionisti è paragonabile ad un incubo tutto da vivere.
Se non ci sarà un cambio di passo, i giovani continueranno ad allontanarsi da una professione che, come rivelano le nostre indagini più recenti, perfino genitori, fratelli e amici sconsigliano.
Una professione che sempre più infermieri, seppur profondamente innamorati, se potessero tornare indietro, certo non sceglierebbero più», conclude amaramente De Palma.
Redazione NurseTimes
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