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Coronavirus, morta a 18 anni per trombosi post-vaccino: si riapre il caso AstraZeneca

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Coronavirus, morta a 18 anni per trombosi post-vaccino: si riapre il caso AstraZeneca
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Il dramma della giovanissima Camilla Canepa alimenta i dubbi sull’opportunità di somministrare il siero anglo-svedese agli under 60. Intanto una speranza arriva dal Canada: mix di farmaci sarebbe in grado di sciogliere i trombi.

Camilla Canepa

Non ce l’ha fatta Camilla Canepa, la 18enne di Sestri Levante ricoverata domenica all’ospedale San Martino di Genova con una gravissima trombosi al seno cavernoso e conseguente emorragia cerebrale. Due settimane prima, il 25 maggio, la giovanissima studentessa del liceo tecnologico, una sorella ventenne, aveva ricevuto il vaccino AstraZeneca dopo aver partecipato al primissimo Open Day, che in Liguria ha consentito agli over 18 di chiedere volontariamente l’inoculazione dei vaccini a vettore virale.

Proprio la sorte di Camilla aveva amplificato i dubbi della comunità scientifica e non sull’opportunità di somministrare questo tipo di farmaco ai giovani, e in particolare alle giovani donne. Già il giorno dopo l’accesso in ospedale (il secondo), avvenuto sabato 5 giugno, la ragazza era stata operata per la rimozione del trombo e poi per ridurre la pressione intracranica. Nei giorni successivi la situazione era rimasta tragicamente stabile nella sua gravità ed era scattato il periodo di osservazione per dichiararne la morte cerebrale. I genitori hanno autorizzato l’espianto degli organi: cinque i malati che ne beneficeranno, da quanto si è appreso. Ad annunciare la morte è stato il sindaca Valentina Ghio: “Sestri Levante è stata colpita da un lutto che mai avremmo voluto vivere. L’amministrazione comunale e tutta la città si stringono intorno alla famiglia della ragazza. In questo momento di dolore esprimo tutto il mio affetto e la mia vicinanza ai famigliari di Camilla”.

La tragedia di Sestri Levante riporta dunque sotto i riflettori il vaccino Vaxzevria. L’Aifa ha pubblicato un rapporto di farmacovigilanza sui vaccini anti-Covid, nel quale si evidenzia l’effettivo livello di rischio per gli ormai noti effetti collaterali del siero anglo-svedese. Dal rapporto emerge che ci sarebbe un caso di trombosi ogni 100mila dosi di AstraZeneca somministrati, un dato in linea col livello europeo. Confermato anche il dato secondo cui gli eventi avversi si verificano prevalentemente in persone con meno di 60 anni, soglia limite riscontrata anche per gli altri tre vaccini utilizzati. Sono state 66.258 le segnalazioni di effetti collaterali su un totale di 32.429.611 dosi somministrate (204 casi ogni 100mila), il 90% dei quali non gravi. Nell’83% dei casi reazioni quali febbre o spossatezza si verificano il giorno stesso o quello successivo alla somministrazione. Inoltre il tasso di eventi gravi è di 21 ogni 100mila dosi, indipendentemente dal vaccino o dal fatto che si tratti di prima dose o richiamo. Nel 71,8% dei casi tali reazioni arrivano dal siero Pfizer, mentre il tasso più basso spetta a Johnson & Johnson, l’ultimo in ordine di arrivo.

Insomma, il report Aifa parla chiaro. La domanda, quindi, sorge spontanea: perché il vaccino AstraZeneca è stato somministrato a una ragazza di 18 anni? E’ vero che non è stato appurato se ci sia un nesso tra la somministrazione e la morte, ma si sarebbe potuto evitare il dubbio non destinando la dose di quel siero a una persona così giovane, come del resto prevedono le linee guida. Che i benefici superino i rischi è stato appurato anche dall’Ema, ma vi sono altri tre vaccini a disposizione. E allora perché alcune Regioni hanno organizzato Open Day di AstraZeneca, somministrando quel siero anche a soggetti che rientrano nella fascia di rischio emersa dalle ricerche? Il rischio, adesso, è quello di una nuova psicosi da vaccino AstraZeneca, già da molti considerato rischioso.

Duro, a tal proposito, il commento di Andrea Crisanti, professore di Microbiologia all’Università di Padova: “Perché i vaccini AstraZeneca, consigliati sopra i 60 anni, sono stati distribuiti ai giovani, pur sapendo che c’era questo rischio e quando c’è a disposizione l’alternativa Pfizer? Ma questa è la Repubblica delle banane? Rimango sconcertato”.

Aspettando la pronuncia del Cts, intanto, un previsto Open Day AstraZeneca è stato revocato a Napoli, mentre la Sicilia ha sospeso il vaccino anglo-svedese in via cautelativa sotto i 60 anni. Resta invece confermata la Open Week organizzata nel Lazio. Il problema si lega alla questione dello smaltimento delle dosi di AstraZeneca. Tuttavia varie Regioni hanno deciso di attenersi all’indicazione di Aifa e ministero. “Noi somministriamo preferibilmente ai 60enni – ha affermato l’assessore alla Salute dell’Emilia-Romagna, Raffaele Donini -. Se poi dobbiamo tenere delle dosi in frigo senza utilizzarle, ci poniamo il tema di come utilizzarle, sempre nel rispetto delle prescrizioni Aifa”. Sulla stessa linea il Piemonte. Altro tema è quello delle vaccinazioni ai turisti, ipotesi alla quale aprono Veneto, Emilia Romagna, Lombardia e Valle d’Aosta, a patto che vi siano abbastanza dosi.

In attesa che in Italia ci si decida, una volta per tutte, a seguire pedissequamente le linee guide, una possibile speranza arriva dal Canada. Sul New England Journal of Medicine è stato infatti pubblicato uno studio portato avanti dalla McMaster University dell’Ontario, secondo cui un mix di anticoagulanti e immunoglobine, somministrato per via endovenosa, sarebbe in grado di fermare l’aggregazione anomala di piastrine e la formazione di trombi. Risultati positivi sono stati riscontrati in tre pazienti vaccinati. Per la verità, si tratta di un sistema già sperimentato per alcune malattie del sangue, ma potrebbe aprire le porte a una soluzione per gli spiacevoli collaterali di AstraZeneca.

Redazione Nurse Times

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