Il direttore della clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova si è espresso sul preoccupante aumento di contagi nella città dove la pandemia ha avuto origine.
“La situazione di Wuhan ci dimostra come il tracciamento e la gestione contumaciale adottati dalla Cina non siano sufficienti di fronte a questa variante Delta”. Così Matteo Bassetti, direttore della clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, commenta per Adnkronos Salute la notizia di un nuovo focolaio di coronavirus a Wuhan, la città cinese da cui la pandemia ha preso il via.
“Il modo per affrontare la variante Delta – prosegue – è tracciamento, sicuramente isolamento contumaciale, ma anche vaccinazioni, e la Cina credo sia uno dei Paesi al mondo che ha esportato di più il virus e ha vaccinato di meno. Quindi credo che la situazione cinese renda ragione di quello che stiamo facendo invece in Europa, o negli Stati Uniti e in Israele, cioè noi abbiamo due terzi della popolazione europea, con variazioni da un Paese all’altro, che è stata vaccinata. Quindi credo che questo sia il messaggio che deve passare: grande attenzione al tracciamento, che è quello che hanno fatto in Cina. Però non basta”.
Acora Bassetti: “Quello che potrebbe succedere ora in Cina è o un focolaio che viene rapidamente spento, oppure uno che rapidamente si propaga. Perché la popolazione cinese ha ricevuto dosi di vaccino in una proporzione molto inferiore di quella che abbiamo avuto noi. Oltretutto non solo hanno un problema di quantità, ma anche di qualità del vaccino, perché per quanto da noi i vaccini siano criticati da una parte della popolazione, non dimentichiamo che i nostri vaccini, per male che vada, funzionano all’80-82% nel prevenire il contagio, e per bene che vada arrivano al 90%. Ma soprattutto sono in grado di evitare la malattia grave in una percentuale che arriva al 97-98%, quasi per tutti i vaccini. Quindi io credo che alla Cina sia giusto guardare, ma forse come esempio negativo”.
La Cina potrebbe diventare vivaio di nuove varianti che poi potrebbero arrivare da noi? “Credo che noi dobbiamo evitarlo, imparando da quello che è già successo – conclude l’esperto –. E cioè dobbiamo fare, a mio parere, come ha fatto la Germania in modo molto intelligente: ha detto ‘se vuoi entrare nel mio Paese, mi devi dimostrare di avere un tampone negativo’. Credo che oggi, in un mondo dove fondamentalmente ci sono almeno tre velocità diverse sulla vaccinazione, non dobbiamo essere egoisti, ma dobbiamo necessariamente proteggerci, e quella per esempio di un tampone negativo all’ingresso in Italia o del Green Pass internazionale è assolutamente uno strumento. Spero che non ci siano divisioni, perché sul Green Pass per gli accessi dall’estero credo che si dovrebbe essere tutti d’accordo”.
Redazione Nurse Times
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