Una proposta in due articoli, “semplice e senza alcuna depenalizzazione” dei camici bianchi, per riformare il delicato tema della colpa medica, ponendo “un freno al grande business delle denunce più o meno temerarie”, e per “garantire serenità nel lavoro ai medici, così come a tutto il sistema sanitario nazionale”. Questo il frutto del lavoro della Commissione nazionale sulla colpa medica, istituita nel marzo scorso dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Un lavoro presentato in anteprima nella sede dell’Ordine dei medici di Milano da Adelchi d’Ippolito, procuratore della Repubblica di Venezia e coordinatore della Commissione.
La proposta di riforma, pronta ad affrontare l’iter parlamentare punta a limitare il campo penale della responsabilità medica soltanto per la colpa grave, con una modifica all’articolo 590 sexies, e a precisarne i parametri, con l’introduzione di un ulteriore articolo (590 septies). Inoltre si alleggerisce il peso da attribuire all’aderenza alle linee guida, rendendole meno dogmatiche. Si introduce poi la possibile estensione del cosiddetto scudo penale anche situazioni non emergenziali, nonché l’attribuzione di un onere della prova più esteso a carico di chi agisce in giudizio.
“Serviva un cambio di approccio – è l’intenzione di chi ha elaborato la proposta riforma – a fronte di oltre 35mila azioni legali all’anno, delle quali il 97% (nell’ambito penale) si risolve con il proscioglimento, però con costi giganteschi per le casse dello Stato. Si parla di 10 miliardi di costi, soprattutto nella sanità pubblica, che potrebbero essere investiti in ben altri servizi sanitari”. Paletti contro le denunce infondate, dunque, pur “senza negare che il problema degli errori medici esiste, in Italia e non solo”.
L’obiettivo della Commissione per lo studio e l’approfondimento delle problematiche relative alla colpa professionale medica e della proposta elaborata “non è certo l’impunità”, chiarisce d’Ippolito, che tra i vari incarichi ha ricoperto negli anni anche il ruolo di primo consigliere del ministero della Salute, bensì “individuare un perfetto punto di equilibrio tra la piena tutela del paziente e la serenità del medico, perché un professionista sereno è di interesse della collettività. Con questa proposta si limiterà il campo della responsabilità penale soltanto per la colpa grave”.
E ancora: “Dunque non vi sarà una depenalizzazione dell’atto medico, non solo perché incostituzionale (violerebbe l’articolo 3 della Costituzione, che prevede l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge), ma perché non era lo scopo della riforma. Si è infatti limitato il campo della punibilità penale alla sola colpa grave. Tutte queste indicazioni sono giunte alla Commissione dopo aver ascoltato le associazioni scientifiche dei medici e il presidente della Fnomceo”.
“La depenalizzazione della colpa medica significa la non imputabilità del medico per omicidio colposo / lesioni colpose – sottolinea Roberto Carlo Rossi, presidente di Omceo Milano -. Noi siamo favorevoli, ma vi sono pareri contrastanti tra i giuristi: alcuni ritengono la richiesta anticostituzionale. In merito alla questione qualche passo è stato già compiuto attraverso una ‘blanda’ revisione del Codice penale prevista dalla Legge Gelli, risultata tuttavia poco efficace”.
Sempre Rossi: “Va detto che la stessa Gelli non viene equamente e adeguatamente applicata su tutto il territorio nazionale, pertanto ha un ampio margine di miglioramento. I medici sono ancora troppo esposti, anche da un punto di vista civilistico. Infatti, se da un lato la Legge Gelli favorisce che sia chiamata in causa la struttura sanitaria piuttosto che il medico, dall’altro il medico è a sua volta spesso tratto in causa dalla struttura”.
Rimarca Giuseppe Deleo, medico legale e consigliere di Onceo Milano: “A sette anni dall’entrata in vigore della Legge Gelli-Bianco, da più parti si avvertiva la necessità di rimodellare alcuni aspetti sia in ambito civilistico che in ambito penalistico. Ora la Commissione, grazie alla presenza di molte professionalità mirate, ha completato la propria elaborazione, rivedendo, tra gli altri, importanti concetti relativi all’inquadramento della colpa e della sua complessa aggettivazione della variante ‘grave’, al peso o meno da attribuire all’aderenza alle linee guida, alla rivitalizzazione dell’individuazione di liti temerarie con conseguenze pecuniarie per chi le intraprende, alla possibile estensione del cosiddetto scudo penale anche alle situazioni non emergenziali, all’attribuzione di un onere della prova più esteso a carico di chi agisce in giudizio”.
Redazione Nurse Times
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