Un progetto unico in Italia è stato avviato presso l’ospedale Careggi di Firenze. A beneficiarne sono stati i pazienti della terapia intensiva che, da oltre tre anni, hanno avuto la possibilità di avere al loro fianco un amabile cane addestrato per il periodo necessario alla riabilitazione dopo un periodo di coma.
Le apparecchiature necessarie per respirare ed i tubicini che fuoriescono da più parti del corpo fanno meno paura, grazie all’iniziativa basata sull’efficacia clinica della Pet-Therapy.
Gli animali non sarebbero solamente ospiti in reparto, ma farebbero parte dell’equipe, indossando una pettorina che riporta la dicitura «Pet Therapy Regione Toscana».
Manuela Bonizzoli, responsabile della rianimazione, quasi si commuove nel raccontare:
«Li chiamiamo collaboratori, quando entrano in reparto è come veder arrivare un collega. Danno benessere al malato, non solo emotivo ma soprattutto in termini di miglioramento e di aderenza alle terapie di recupero. E anche noi beneficiamo della loro presenza rasserenante. La vita del centro è cambiata».
Nuvola e Dante, i due Golden Retriever arruolati nel progetto, si alternano due volte a settimana a seconda delle caratteristiche dei pazienti. Insieme a loro sono presenti anche il labrador Zeus, il cavalier King Caos e la cockerina Teresa. Ogni cane trascorre il tempo necessario in corsia in compagnia dell’operatore che lo ha addestrato.
Provengono tutti dalla scuola pubblica per cani d’assistenza, sede a Scandicci, finanziata dalla Regione.
I cinque esemplari sono stati addestrati fin da cuccioli a sopportare i rumori insoliti e gli odori penetranti della terapia intensiva. Prima di entrare in corsia, vengono detersi con disinfettanti dal profumo acre.
Una volta preparati vengono accompagnati al letto del paziente oltre che dall’addestratore, da medico e fisioterapisti. Distesi su teli, leccano la mano, si fanno accarezzare, ricevono il premietto e quando le condizioni del malato lo consentono lo stimolano a giocare.
Ogni gesto rappresenta un esercizio di riabilitazione inserito in un protocollo. Tutto avviene in stanze singole per non creare fastidio agli altri ricoverati. Analisi microbiologiche svolte prima e dopo avrebbero confermato come l’igiene del reparto non risenta di tale iniziativa.
Bonizzoli ha avuto coraggio nel voler sperimentare: «Non definiamola esperienza ludica. Tutt’altro. La persona avverte una sensazione di contatto con la vita che in un ambiente così limitante come la rianimazione è facile perdere. Sanno che l’incontro si ripeterà e nell’attesa mettono maggiore impegno nel rispondere alle sollecitazioni dei sanitari. I cani aiutano più dei familiari. Non fanno domande, i loro occhioni non trasmettono ansia».
Il convegno di Scandicci ha permesso di tirare le somme in merito a tale attività.
La scuola ha finora formato 150 cani per l’accompagno dei ciechi e una quindicina per la terapia intensiva. Paola Garvin, responsabile settore welfare e sport della Toscana, si mette dalla parte dei quattrozampe:
«Sono animali felici, educati col metodo gentile dunque senza punizioni. Due volte l’anno organizziamo la cerimonia di consegna dei conducenti per i ciechi. Una gioia».
L’assessore alla salute Stefania Saccardi rivendica il primato della Toscana: «Tutto è a carico del servizio pubblico anche se il cane viene preso per l’accompagno in un’altra Regione».
Simone Gussoni
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