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Assistenza transculturale (cultural care): best practices e criticità

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Assistenza transculturale (cultural care): best practices e criticità
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L’assistenza transculturale o cultural care fonda le proprie radici nella consapevolezza che esiste una problematica di approccio assistenziale reale nei confronti di coloro che sono portatori di una cultura diversa dalla nostra che si misura quotidianamente con numerose e complesse criticità e che deve essere affrontata con impegno e dedizione, sfruttando come punti di forza principali:

1) l’aggiornamento continuo attraverso corsi specifici su soft skills comunicative di ciascun operatore (ascolto attivo, congruenza tra comunicazione verbale e non verbale, capacità di creare un dialogo costruttivo, empatia, mediazione, accettazione dell’altro in quanto persona, capacità di collaborare in modo sereno con figure professionali appartenenti a profili diversi).

2) la conoscenza e l’aggiornamento continuo in merito alle leggi vigenti nel paese in cui si opera in materia di politiche socio-sanitarie per gli immigrati; il tutto in aderenza con ciò che viene dettato dal codice deontologico degli infermieri che deve essere la guida costante dell’agire di ciascun professionista, soprattutto in merito alle pratiche relazionali con pazienti e famiglie.

L’altro ovvero alterità e diversità che, non bisogna dimenticare, sono intrinseche in ogni società a prescindere dalla presenza di stranieri, poiché in tutte le società vi è la coesistenza di numerose subculture (regionali, professionali, generazionali, politiche, religiose, sociali ecc) all’interno della medesima popolazione, fino a giungere all’irriducibile originalità del singolo individuo.

La cultural care come viene definita nel modello del “sole nascente” dell’infermiera americana M. Leininger non riguarda solo soggetti di nazionalità diversa ma si applica a ciascuna persona nel rispetto dell’unicità del singolo individuo, del contesto culturale cui appartiene, del contesto in cui si trova ad affrontare la malattia e della sua capacità di self- care.

Una buona assistenza non si attua erogando uguali quantità e qualità di prestazioni a tutti i pazienti ma, al contrario, offrendo a ciascuno in ragione del proprio bisogno, occorre dunque dare un’estrema importanza ai “particolari”, perché essi sono specifici e peculiari di ogni singolo individuo. Non bisogna dimenticare che esiste una “malattia” così come viene percepita dal paziente (illness) ed una “malattia” così come viene codificata dal contesto sanitario (disease), che queste due concezioni e percezioni avendo radici culturali diverse, spesso non coincidono originando incomprensioni, tensioni, paure, sfiducia ed insoddisfazione.

L’utilizzo dell’EBN e di procedure standardizzate, nell’approccio transculturale, non può essere applicato in maniera rigida ma deve essere contestualizzato e ricondotto allo specifico della situazione in esame; diventa quindi necessario un lavoro di integrazione, ovvero comprendere i bisogni con gli occhi del paziente, ma valutarli con gli occhi del professionista infermiere. Voler capire e accogliere nel rispetto, una cultura diversa, non significa accettazione passiva dell’altro o di pratiche eticamente inaccettabili, non condivisibili o che si configurano come reato per il nostro ordinamento giuridico come ad esempio le mutilazioni genitali femminili, per le quali è necessario adoperarsi in modo non giudicante ma deciso affinché non vengano più praticate.

Accogliere significa comprendere le ragioni dell’altro senza snaturare la propria cultura, i propri valori etici e morali, significa creare un incontro nel rispetto di norme e regole condivise che servano a garantire la buona convivenza soprattutto nei luoghi di comunità quale l’ospedale al fine di raggiungere l’obiettivo salute nel più breve tempo possibile. Risalire alle cornici culturali non implica condividerle, ma capirle meglio, più adeguatamente e profondamente. Nella relazione cliente/paziente – infermiere, non s’incontrano, di fatto, due culture ma due persone che interpretano le loro culture di origine, poiché ne sono entrambe e allo stesso tempo, fautrici e fruitrici.

La persona umana è soggetta all’influenza della propria cultura ma è anche soggetto di cultura e quindi primo attore del suo cambiamento. La cultura è la rete che permette alle differenze di esistere e di comunicare tra loro, di capirsi non “nonostante le”, ma “grazie alle” differenze”. Il termine transculturale richiama l’attraversamento delle diversità culturali, è un qualcosa di dinamico e creativo che tende al riconoscimento delle variabilità culturali e alla valorizzazione delle risorse dell’individuo sostenendolo e rafforzandolo in esse affinché possa attingere alle proprie risorse ed utilizzarle attivamente nel processo di guarigione.

Autori: Gessica Angelini, Matteo De Virgiliis, Domenico Dentico e Giulia Vainella

Bibliografia

M. Leininger, Transcultural nursing. Concepts, Theories, Research and Practice, Mc Graw-Hill, New York 1995.
D. F. Manara, Infermieristica interculturale, Carocci Faber, Roma 2004 – Frédérick Leboyer, Shantala, tascabili Sonzogno, Milano 2004.
Geraci S, Approcci transculturali per la promozione della salute. Argomenti di medicina delle migrazioni, Caritas di Roma, Anterem, Roma 2001.

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