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Assenza dal lavoro per malattia, Cassazione: “Licenziamento legittimo se il certificato medico è trasmesso in ritardo”

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Disabile trattato in modo "disumano": per la Cassazione scatta il reato di tortura
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Con sentenza n. 13747, depositata il 22 maggio 2025, la Corte di Cassazione hanno confermato la legittimità del licenziamento del lavoratore assente che, sebbene effettivamente malato, trasmette in ritardo il certificato medico. Per i giudici si tratta infatti di assenza ingiustificata, a maggior ragione in caso di comportamento reiterato.

La pronuncia della Cassazione si fonda su due pilastri: gli obblighi imposti dalla legge e quelli previsti dal Contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl). In particolare, è dovere del dipendente comunicare lo stato di malattia entro il giorno successivo all’inizio dell’assenza. Il semplice invio tardivo del certificato non basta a evitare sanzioni, perché la responsabilità di giustificare ritardi e dimostrare l’effettiva malattia ricade interamente sul lavoratore.

La Corte di Cassazione richiama l’articolo 2104 del Codice civile, che impone al lavoratore di usare “la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall’interesse dell’impresa e da quello superiore della produzione nazionale”. Tale principio, spesso evocato in contesti di negligenza, viene ora applicato anche alla gestione delle assenze per malattia: l’obbligo di correttezza e trasparenza nei confronti del datore di lavoro non viene meno nemmeno in caso di indisposizione.

Nel caso esaminato il lavoratore ha trasmesso il certificato medico con ritardo e non ha fornito spiegazioni convincenti. Per la Cassazione si tratta di una violazione, aggravata dalla reiterazione del comportamento nel tempo. Inoltre la Corte osserva che un’assenza prolungata e ingiustificata, se supera i 15 giorni, può perfino sfociare in una “dimissione di fatto”, a meno che non ricada effettivamente nel periodo di malattia e sia adeguatamente documentata.

L’unica possibile salvaguardia per il lavoratore è fornire prova concreta di un impedimento oggettivo e non volontario, come ad esempio un ricovero d’urgenza, una patologia invalidante o un evento eccezionale che ha impedito la comunicazione nei tempi previsti. Tuttavia questo margine si restringe drasticamente se il comportamento si ripete. In tal caso il datore di lavoro può legittimamente sospettare una condotta gravemente negligente, se non addirittura dolosa.

Redazione Nurse Times

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