Emergono nuovi particolari sullo scandalo all’Asl Torino 4, coinvolta nell’inchiesta della Procura di Ivrea per truffa, turbativa d’asta e maltrattamenti (38 indagati). Particolari raccapriccianti, riguardanti proprio i maltrattamenti subiti da alcuni pazienti. Sotto la lente d’ingrandimento, in particolare, l’Ospedale Civico di Settimo Torinese, dove i pazienti sarebbero stati abbandonati a se stessi, in condizioni igieniche precarie, talvolta privati dei farmaci e persino sedati per consentire agli infermieri di dormire durante il turno di notte. Infermieri che in qualche caso, a quanto pare, non parlavano e non comprendevano l’italiano.
I fatti risalgono al periodo 2022-2024, quando i servizi infermieristici dell’ospedale di Settimo erano gestito dalla società CM Service, i cui amministratori risultano indagati. Dopo un esposto di un infermiere, i carabinieri hanno installato telecamere nascoste per documentare quanto accadeva. E poi sono entrati in possesso di numerose chat del personale, nelle si parlava spesso di infermieri non all’altezza del ruolo.
“La signora doveva essere cambiata – si legge in una di queste chat -, ma l’infermiera è arrivata solo alle 4 per spegnere il campanello che suonava”. E ancora: “Pazienti che, nonostante i loro problemi di salute e l’età, sono costretti ad avere a che fare con aguzzini che si spacciano per professionisti”.
I magistrati della Procura di Ivrea annotano che “essendovi almeno due infermieri non in grado di parlare e comprendere l’italiano, essi non erano nelle condizioni di soddisfare in alcun modo le richieste dei pazienti, né di somministrare adeguatamente i farmaci, non essendo in grado di leggere quanto necessario per la corretta somministrazione degli stessi”.
Dal fascicolo d’indagine emerge pure che in più di una occasione i farmaci sono stati trovati intonsi al mattino sui comodini dei pazienti, perché il personale in servizio “dormiva” e non rispondeva neppure alle chiamate con i campanelli d’emergenza. Gli stessi pazienti erano sottoposti a “sedazione notturna, sicché al mattino erano ancora soporosi e intontiti, così da consentire agli infermieri in turno di notte di dormire”.
Agli atti c’è persino la denuncia di un decesso: quello di Claudio Manueddu, 87 anni, ricoverato per metastasi tumorali. Anche lui veniva sedato, almeno secondo il figlio, che dopo la morte sporse denuncia ai carabinieri, ma non fu ordinata l’autopsia.
Come detto, i servizi infermieristici erano stati appaltati a CM Service, che stando a quanto scrive la Procura di Ivrea insisteva in “condotte omissive, prevedendo 70 minuti per assistito su tre turni”, con un conto totale di “oltre 11mila ore in meno rispetto a quanto previsto per il personale infermieristico”. Di conseguenza i due amministratori indagati, Massimo Cassinelli e la cognata Rita Carmela Conversa, avrebbero fatto guadagnare alla cooperativa oltre 400mila euro della base d’appalto nel giro di un paio d’anni.
I maltrattamenti emersi dalle chat tra colleghi
“Era da rabbrividire – scrive una oss dopo una notte passata in reparto -. I pazienti erano in condizioni disumane. Ho dovuto chiamare una collega di un altro nucleo per farmi aiutare. Questi non hanno coscienza. È vergognoso lasciare le persone così, spegnere i campanelli e dire ‘sei asciutta’ solo per non alzarsi”.
Le testimonianze emergono dalle chat una dopo l’altra. Ecco alcuni esempi:
“Erano completamente zuppi, con le traverse fino alla testa”.
“Uno non riesce a trovare mezz’ora per cambiare i pazienti, ma per dormire sì”.
“Una povera signora tremava, tutta zuppa di pipì”.
“La collega mi ha detto che la paziente beve tanto. Le ho risposto ‘che che cazzo c’entra’, in francese”.
“L’infermiera non ha fatto il giro, diceva di avere altro da fare”.
“Non sanno attaccare l’ossigeno”.
“Non sanno usare l’aspiratore. Gliel’ho dovuto spiegare io”.
“Questi non parlano neanche una parola d’italiano. Come fanno ad affrontare una terapia?”.
“L’unico infermiere che c’era indossava solo il camice verde, senza tuta, senza calzari, senza cuffia. Gli ho detto io di buttare i pannoloni nei sanibox”.
“Abbiamo trovato flebo chiuse da ieri. Le pazienti erano ferme lì, come oggetti”.
C’è poi un’operatrice che scrive: “Mi autorizzate a leggere tutto alla direzione?”. E un’altra risponde: “A che serve? Loro lo sanno già. Stiamo a guardare come muoiono”. In mezzo a tanta approssimazione, c’era però chi svolgeva il proprio lavoro con abnegazione: “Noi agiamo per coscienza. Se abbiamo un minimo di etica professionale, dobbiamo fare noi i controlli”. Già, perché pare che di controlli ufficiali non vi fosse nemmeno l’ombra.
Redazione Nurse Times
Fonti: Torino Cronaca – La Voce
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