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Eutanasia e suicidio assistito: l’Europa si muove, l’Italia resta ferma

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Suicidio assistito, il Ssn fornisce medico e farmaco a una donna di Trieste: prima volta in Italia
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La scelta delle gemelle Kessler di ricorrere al suicidio assistito ha riportato in primo piano un tema che in Italia resta irrisolto: il fine vita. Dal 2019, con la sentenza sul caso di Dj Fabo, la Corte costituzionale ha depenalizzato il suicidio medicalmente assistito, riconoscendo il diritto delle persone di anticipare una morte comunque imminente, perché affette da patologie irreversibili che provocano intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche e dipendenti da trattamenti di sostegno vitale. Si tratta di una cornice molto più ristretta rispetto a quella tedesca, dove la malattia non è un requisito obbligatorio e l’unica condizione essenziale è che la scelta sia libera, consapevole e autonoma.

Negli anni, il Parlamento italiano non ha mai trasformato i principi indicati dalla Consulta in una legge organica. Anzi, negli ultimi mesi il Governo Meloni ha provato a bloccare anche il tentativo della Toscana – la prima Regione a legiferare sul tema – e della Sardegna di definire almeno una procedura chiara a livello locale. Il risultato è un sistema frammentato, in cui Regioni e singole aziende sanitarie applicano la sentenza in modo diverso, spesso imponendo ostacoli che rendono l’accesso impossibile anche a chi ne avrebbe diritto. Un quadro che, nel confronto con alcuni Paesi dell’Unione Europea, evidenzia quanto l’Italia sia ancora ferma, mentre intorno a lei il dibattito si è tradotto – con sfumature diverse – in regole, tutele e percorsi più definiti.

Germania

Il suicidio assistito è stato depenalizzato nel 2020 da una sentenza della Corte costituzionale, che ha dichiarato illegittimo il divieto assoluto di “aiuto al morire”, sterbehilfe. Come in Italia, non si tratta di eutanasia: il medico non può compiere l’atto finale, che deve essere completamente autonomo. La persona deve essere maggiorenne, capace di intendere e di volere, e deve autosomministrarsi il farmaco letale.

Non è richiesta una malattia incurabile né una morte imminente. E’ questo il punto che ha permesso alle gemelle Kessler – senza un quadro clinico terminale – di accedere alla procedura. L’assistenza pratica è offerta da tre associazioni senza scopo di lucro, tra cui la Dghs di Berlino, che ha seguito le Kessler. Per accedervi bisogna essere soci da almeno sei mesi. La quota annuale è di 60 euro e il costo della prestazione varia tra i 3mila e i 4500 euro. Il protocollo prevede colloqui ripetuti e la presenza di un medico durante l’infusione. Nel 2024 si sono registrati circa 1.200 suicidi assistiti, ma nonostante il numero sia in crescita anche in Germania manca ancora una legge organica che disciplini la materia.

Paesi Bassi

Sono stati i primi al mondo a legalizzare sia l’eutanasia sia il suicidio assistito, con una legge entrata in vigore nel 2002. Il modello olandese è tra i più strutturati d’Europa. Stabilisce criteri e percorsi uniformi, con un sistema di controllo multilivello. Per accedere alla procedura, la persona deve essere affetta da una malattia incurabile o da sofferenze considerate “insopportabili e senza prospettive di miglioramento” – compresi disturbi mentali –, ma non deve essere per forza dipendente da trattamenti salvavita né trovarsi in una fase terminale.

La valutazione del caso spetta a due figure: il medico curante e un medico indipendente esterno, che devono confermare insieme che i criteri siano soddisfatti. Dopo il decesso, ogni caso viene esaminato da una commissione di controllo, che verifica il rispetto della legge e segnala eventuali irregolarità alla magistratura. L’atto finale deve essere eseguito da un medico. Questo rende la procedura accessibile anche a persone che non sono più fisicamente in grado di autosomministrarsi il farmaco. Inoltre la legge permette che le persone rilascino delle wilsverklaring, “dichiarazioni anticipate di volontà”.

Ciò significa che chi rischia di perdere la capacità di intendere e di volere per motivi medici può comunicare in anticipo le sue volontà, essendo sicuro che verranno rispettate al momento opportuno. Il dibattito interno sul fine vita è molto acceso, soprattutto alla luce dell’aumento costante del numero di richieste. Nel 2024 la crescita è stata del 10% e, sebbene i numeri assoluti siano ancora bassi, allarma l’aumento delle eutanasie eseguite su pazienti con disturbi psicologici, soprattutto quelle richieste dagli under 30. Una deriva che crea molte preoccupazioni e dubbi, sia sulle condizioni dei giovani nel Paese sia sull’impianto etico della misura.

Belgio

Anche il Belgio ha legalizzato sia l’eutanasia sia il suicidio assistito nel 2002, appena due mesi dopo i Paesi Bassi. È uno dei sistemi più avanzati al mondo: dal 2014 la possibilità di accedere alla procedura è stata estesa anche ai minori, senza limiti di età. Una scelta unica nel panorama internazionale. Per proseguire è comunque necessario che il bambino sia in grado di comprendere la decisione, che esprima la propria volontà e che ci sia il consenso dei genitori. Oltreché di un’equipe di specialisti che certifichi una condizione medica grave, incurabile e irreversibile.

Da quando è entrata in vigore la norma, i casi di eutanasia su minori sono stati sei. In totale, hanno fatto ricorso all’eutanasia oltre 30mila persone. Negli ultimi anni il trend è in forte crescita: secondo la Commissione federale di controllo e valutazione dell’eutanasia, nel 2023 le procedure sono aumentate del 15%, e nel 2024 del 16,6% rispetto all’anno precedente. Nel 2024 la Commissione ha ricevuto 3991 dichiarazioni di eutanasia, pari al 3,6% di tutti i decessi registrati nel Paese.

Il profilo dei pazienti resta relativamente stabile. La maggior parte ha più di 70 anni (72,6%) e quasi la metà supera gli 80 anni. I casi sotto i 40 anni sono molto rari (1,3%). Il cancro è la causa principale delle richieste, coinvolgendo il 54% dei pazienti. Nel 76,6% dei casi la morte era prevista a breve termine, ma cresce il numero delle persone che chiedono l’eutanasia pur non trovandosi in prossimità della fine della loro vita: 932 casi nel 2024, contro i 713 del 2023. Le condizioni psichiatriche rappresentano ancora una minoranza, pari all’1,4% dei casi: 48 persone nel 2024.

Spagna

La Ley Orgánica de Regulación de la Eutanasia è in vigore da giugno 2021. Prima della sua approvazione, aiutare qualcuno a morire era un reato punibile fino a dieci anni di carcere. La norma ha legalizzato sia l’eutanasia attiva sia il suicidio medicalmente assistito. Possono farvi ricorso le persone maggiorenni affette da una “malattia grave e incurabile” oppure da una patologia “cronica, grave e invalidante” che comporti una sofferenza fisica o psichica costante e intollerabile. Il processo è rigoroso: il paziente deve presentare due richieste scritte, a distanza di almeno 15 giorni l’una dall’altra, confermando di essere consapevole dell’esistenza di cure palliative.

La valutazione spetta a due medici e, dopo il loro parere, a una commissione autonoma che deve autorizzare in via definitiva la prestazione. Una volta approvate, l’eutanasia o la morte assistita sono a carico del sistema sanitario nazionale. Secondo i dati del ministero della Salute, fino al 2024 erano state eseguite 1.034 procedure, il 42% delle 2.475 domande presentate. Circa un quarto delle persone che ne aveva fatto richiesta è morto nell’attesa. Motivo per cui l’Associazione spagnola per il diritto a morire con dignità sta chiedendo alla politica di intervenire per accorciare i tempi dell’iter.

Redazione Nurse Times

Fonte: il Fatto Quotidiano

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