La Giunta regionale (15 set.) approva una delibera che apre prestazioni a pagamento nelle strutture pubbliche, suscitando allarme tra sindacati e associazioni.
La “Super intramoenia” approvata dalla Giunta regionale della Lombardia il 15 settembre è al centro delle critiche di associazioni, sindacati e operatori sanitari. Secondo il comunicato di Unimpresa, la delibera — su proposta dell’assessore Guido Bertolaso — consente l’utilizzo di strutture, attrezzature e personale pubblico per prestazioni paganti in regime di solvenza, cioè riservate a chi paga o è coperto da assicurazioni sanitarie.
Cosa prevede la delibera e perché genera allarme
Il provvedimento regionale (seduta di Giunta del 15/9) stabilisce linee operative per convenzioni tra strutture pubbliche e soggetti assicurativi o fondi integrativi, estendendo di fatto l’attività libero-professionale intramuraria e permettendo l’accesso a prestazioni pubbliche a tariffe concordate. Gli oppositori definiscono questo modello “super intramoenia” perché amplia la platea di prestazioni a pagamento all’interno degli ospedali pubblici, con potenziali effetti sulle liste d’attesa e sull’organizzazione dei reparti.
«La sanità pubblica è un pilastro costituzionale, non un servizio a doppia corsia… Quando la corsia preferenziale la decide il reddito, non siamo più davanti a una riforma sanitaria, ma a un arretramento civile» — afferma Marco Massarenti, consigliere nazionale Unimpresa con delega alla sanità.
Impatti attesi: liste d’attesa, accesso e selezione assicurativa
Le critiche principali riguardano tre aspetti pratici:
Allungamento delle liste d’attesa per il SSR: le apparecchiature e le sale operatorie pubbliche usate per prestazioni in regime di solvenza non aumentano la capacità complessiva del sistema ma redistribuiscono risorse verso attività a pagamento, con ricadute sulle attese dei pazienti assistiti dal Servizio Sanitario Nazionale.
Selezione dei pazienti tramite assicurazioni: le compagnie tendono a privilegiare profili a minor rischio (es. non anziani o non cronici), con il rischio che i pazienti più fragili restino esclusi dalle corsie rapide e siano lasciati al carico del pubblico.
Incentivi economici per operatori e strutture: remunerazioni aggiuntive per prestazioni private potrebbero spostare attenzioni e risorse verso attività meglio remunerate, aggravando la carenza di personale nel canale ordinario.
In aggiunta, la delibera prevede che una quota dei proventi (richiamata nei comunicati come il 5% destinato al cosiddetto “Fondo Balduzzi”) sia reinvestita per perequazione o riduzione delle liste d’attesa: per le associazioni questo è un rimedio insufficiente rispetto agli anni di sottofinanziamento e alle carenze di personale.
Contesto e dati: perché la questione interessa la sanità italiana
Il dibattito sulla intramoenia non è nuovo: il tema delle prestazioni libero-professionali svolte in strutture pubbliche è regolato a livello nazionale, ma la novità lombarda riguarda l’estensione e la forma contrattuale con assicurazioni e fondi integrativi. Organizzazioni di medici, sindacati e realtà civiche interpretano il provvedimento come un cambio di paradigma che rischia di creare una sanità a due velocità. Testate locali e nazionali hanno segnalato l’ondata di reazioni da parte di sindacati e associazioni.
Reazioni: associazioni, sindacati e operatori
Hanno preso posizione Unimpresa (con il comunicato e la dichiarazione di Massarenti), sindacati come USB e gruppi civici (Medicina Democratica) che denunciano il rischio di privatizzazione mascherata e annunciano iniziative di mobilitazione e richieste di chiarimenti. Le voci critiche chiedono al Governo centrale e al Parlamento di valutare l’impatto della sperimentazione e di intervenire per tutelare i principi di universalità e equità.
Redazione NurseTimes
Fonti:
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