Riceviamo e pubblichiamo una nota di Federazione Migep e Stati Generali Oss.
Nell’attuale scenario delle residenze sanitarie assistenziali (Rsa) si assiste a una crescente e preoccupante distorsione dell’impiego degli operatori socio-sanitari. Nati con una precisa funzione assistenziale alle persone fragili, gli oss sono oggi spesso utilizzati in maniera impropria, svolgendo mansioni al di fuori del proprio profilo, senza riconoscimento né tutele, in un contesto in cui la carenza di personale infermieristico e la debolezza della governance sociosanitaria acuiscono le criticità sistemiche.
Un ruolo definito, ma ignorato nella pratica
Il profilo professionale dell’oss è stato definito dall’Accordo Stato-Regioni del 2001. Esso colloca l’operatore socio-sanitario all’interno di un modello di assistenza integrata con funzioni ben delimitate in ambito igienico-sanitario, relazionale e alberghiero. Tuttavia, all’interno di molte Rsa, si riscontra un sconfinamento sistematico delle competenze: agli oss vengono affidati compiti infermieristici (somministrazione di terapie, gestione di medicazioni, rilevazioni cliniche complesse), in totale assenza di copertura normativa e contrattuale.
Questo scivolamento, silenziosamente tollerato, espone l’oss a rischi giuridici e professionali, compromette la qualità dell’assistenza e mina la sicurezza degli stessi utenti fragili. La commistione dei ruoli genera confusione nei processi di cura e abbassa gli standard qualitativi che il sistema dovrebbe garantire.
Un rischio che coinvolge anche la figura dell’assistente infermiere
Questo fallimento sistemico, se non corretto, rischia di estendersi anche alla figura dell’assistente infermiere (AI), qualora verrà messa in funzione, il cui inquadramento giuridico e funzionale è ancora oggetto di confronto. In assenza di una regolamentazione chiara e vincolante, l’AI potrebbe subire lo stesso destino dell’oss: un impiego distorto che ne svuota la professionalità, ne lede i diritti e compromette la qualità dell’assistenza. È necessario evitare che, per colmare lacune di organico o per contenere i costi, le strutture scarichino su questa figura nuove responsabilità senza riconoscimenti, creando un’ulteriore zona grigia nel panorama professionale.
Un sintomo del fallimento dell’integrazione sociosanitaria
L’impiego distorto degli oss e il rischio concreto che lo stesso accada per gli AI, è il sintomo evidente di un fallimento strutturale nell’integrazione sociosanitaria, prevista dalla Legge 328/2000 e ribadita nella Legge 3/2018, con l’istituzione dell’area delle professioni sociosanitarie. Le Rsa, sempre più spesso delegate alla logica dell’appalto e del profitto, finiscono per sfruttare la flessibilità delle figure intermedie come leva per sopperire alla carenza di risorse, con gravi ripercussioni sull’identità professionale.
L’assenza di un inquadramento giuridico certo e il mancato riconoscimento del ruolo sociosanitario hanno consentito questo svuotamento di funzione, rendendo figure come l’oss e l’assistente infermiere soggetti “ibridi”, utilizzati a discrezione, senza garanzie né prospettive.
Un messaggio agli oss: insieme, verso il riconoscimento che meritiamo
Oggi, però, non si può più tacere un’altra verità: molti oss stanno ignorando ciò che accade, accontentandosi di sopravvivere nella precarietà quotidiana o rifugiandosi in discussioni sterili, mentre la professione viene svuotata e ridotta a una manodopera a basso costo.
È giunto il tempo dell’orgoglio e dell’azione e di assumersi la responsabilità del proprio destino professionale. Basta restare a guardare o delegare agli altri. Serve costruire insieme il Registro unico nazionale degli oss, il proprio sindacato di categoria SHC, uno strumento fondamentale per tutelare la professione, vigilare sull’impiego corretto, garantire formazione e rappresentanza.
Perché se gli oss continueranno a ignorare o minimizzare questa deriva, la situazione peggiorerà. Non ci sarà futuro, né riconoscimento, né dignità. Ci sarà solo un impiego sempre più distorto, sfruttato, invisibile.
Un’urgenza politica e istituzionale: regolamentare, valorizzare, proteggere
È necessario che il ministero della Salute e le Regioni, ciascuno per la propria competenza, intervengano con urgenza per ridefinire in modo chiaro la cornice normativa delle figure sociosanitarie, inserendole all’interno di un ruolo strutturato, come previsto dal D.L. 34/2021 e dalla Legge 106/2021. Serve un Registro unico oss che racchiuda anche la nuova figura, che assicuri trasparenza, controllo, valorizzazione e formazione permanente.
Allo stesso tempo, occorre vigilare sulle Rsa, attraverso ispezioni e norme vincolanti, affinché l’impiego del personale avvenga nel rispetto delle competenze acquisite e della dignità professionale. È altresì fondamentale implementare meccanismi sanzionatori verso le strutture che eludono le disposizioni e adottano comportamenti abusivi.
Conclusione: il futuro si costruisce, non si subisce
In una fase in cui l’Italia è chiamata a ridisegnare il proprio modello di assistenza – invecchiamento della popolazione, cronicità, carenza di personale sanitario – la figura dell’oss rappresenta una risorsa indispensabile, a patto che venga riconosciuta, rispettata e valorizzata.
Ma il riconoscimento non cade dall’alto: va costruito, giorno dopo giorno, con impegno, consapevolezza e unità. E se oggi gli oss non saranno capaci di unirsi per difendere la propria identità professionale, domani saranno solo spettatori della propria cancellazione.
L’iscrizione al Registro unico professionale degli oss (www.statigeneralioss.eu) e al sindacato professionale SHC fa la differenza. Un passo decisivo verso il riconoscimento pieno della professione e la garanzia di qualità nei servizi sociosanitari.
Redazione Nurse Times
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