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Il 25% del tempo degli infermieri sprecato in attività delegabili: lo studio che scuote gli ospedali

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Una ricerca condotta in cinque ospedali italiani rivela che gli infermieri dedicano un quarto del loro turno ad attività che potrebbero essere affidate ad altri operatori. Ma la delega è ancora un tabù

Infermieri sovraccarichi: il tempo dedicato a compiti delegabili raggiunge il 25%

Torino – Un quarto della giornata lavorativa degli infermieri viene assorbito da attività che potrebbero essere delegate. È quanto emerge da uno studio condotto in cinque ospedali del Nord Italia, recentemente pubblicato sul Journal of Advanced Nursing. La ricerca, frutto del lavoro di un team accademico coordinato da Alessandra Conti dell’Università di Torino, mette in luce un problema strutturale della sanità italiana: il mancato utilizzo efficace del personale di supporto nei reparti di degenza.

Uno studio tra numeri e testimonianze

Lo studio ha seguito una metodologia mista, unendo analisi quantitative e interviste qualitative. Sono stati coinvolti 236 infermieri attivi in 27 reparti medico-chirurgici, che hanno registrato le attività svolte durante un turno di 8 ore. I risultati sono stati poi approfonditi attraverso 20 interviste semi-strutturate.

I numeri parlano chiaro

I dati indicano che il 25% del tempo lavorativo degli infermieri è speso in attività delegabili, come procedure tecniche di base o compiti amministrativi. Nonostante queste attività possano essere affidate ad operatori socio-sanitari (OSS) o personale ausiliario, nella maggior parte dei casi ciò non avviene.

Secondo i ricercatori, le cause principali di questa mancata delega sono:

  • Carenza di personale di supporto
  • Sovraccarico del team di reparto
  • Cultura professionale che ostacola la delega
  • Timori legati alla responsabilità legale e alla qualità del lavoro svolto da altri
Perché gli infermieri non delegano? Le cause culturali e organizzative

Dall’analisi qualitativa emerge un dato preoccupante: molti infermieri non si sentono liberi di delegare, anche quando sarebbe possibile e sicuro farlo. La delega è spesso percepita come una rinuncia al proprio ruolo professionale, oppure come un rischio per la qualità dell’assistenza.

Alcuni dichiarano di preferire “fare da soli” per evitare di rallentare le attività o per la sfiducia nella disponibilità o competenza del personale di supporto. Altri ancora vedono nella delega una strategia da usare solo in condizioni estreme, e non una risorsa da integrare nella quotidianità assistenziale.

Una questione di organizzazione sanitaria

Lo studio sottolinea come il problema non sia nella mancanza di consapevolezza da parte degli infermieri, bensì in un sistema che non fornisce strumenti, risorse e formazione adeguata per favorire una delega efficace. Il tema richiama dunque una riflessione urgente sul modello organizzativo ospedaliero, sulla gestione del carico di lavoro infermieristico e sulla necessità di potenziare il personale di supporto, oggi spesso sottodimensionato.

Le implicazioni per la sanità

In un contesto segnato da carenza cronica di infermieri, turni massacranti e crescente complessità dei pazienti, questa fotografia rappresenta un campanello d’allarme per le istituzioni. Gli autori dello studio propongono alcune soluzioni:

  • Formazione mirata sulle competenze di delega
  • Piani di assunzione per OSS e personale ausiliario
  • Riorganizzazione dei processi assistenziali
  • Chiarezza normativa sulla responsabilità infermieristica in caso di delega

L’efficace utilizzo delle risorse umane in ambito sanitario è oggi più che mai centrale. La delega, se ben gestita, non è un segno di debolezza ma di maturità professionale. Questo studio, attraverso dati concreti e testimonianze dirette, invita tutti – dirigenti, politici, infermieri e cittadini – a riflettere su un modello di sanità più sostenibile, efficiente e rispettoso delle competenze di ciascuno.

Redazione NurseTimes

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