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L’autismo è in costante aumento

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Autismo: come riconoscerlo e trattarlo
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Riceviamo e pubblichiamo un contributo di Carlo Hanau* e Flavio Sartoretto**.

Nei siti della rete di monitoraggio dell’autismo e delle disabilità dello sviluppo (ADDM) dei Centers of Disease Control and Prevention (CDC) di Atlanta, siti che fin dal 2000 si trovavano in 11 Stati degli Usa, ora saliti a 16, si esegue con cadenza biennale un’indagine campionaria sulla prevalenza del disturbo dello spettro autistico (ASD) sui bambini di 4 e di 8 anni.

A pochi giorni dalla Giornata mondiale della consapevolezza sull’autismo (2 aprile 2025) è stata pubblicata dal CDC una nuova indagine sulla prevalenza (https://www.cdc.gov/mmwr/volumes/74/ss/ss7402a1.htm). Essa riporta che nell’anno 2022 un bambino di 8 anni su 31 (32,2 per mille) aveva la diagnosi di autismo. Tale cifra è molto superiore a quella del 2020 (1 su 36, pari al 28 per mille), che a sua volta presentava un aumento ancora più elevato rispetto a quella del 2018 (1 su 44, pari al 23 per mille).

Anche nel 2022 la prevalenza mostrava una variabilità fra siti altissima: andava da 9,7 per mille in Texas a 53,1 per mille in California. L’ASD era 3,4 volte più prevalente tra i maschi (49,2) rispetto alle femmine (14,3). Tra i bambini di 8 anni con ASD soltanto il 39,6% è stato classificato come affetto anche da disabilità intellettiva. Per fare un confronto col contesto italiano ricordiamo che l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), con metodologia simile a quella ADDM, nel 2019 trovava un bambino ogni 77 (ultimo dato disponibile): circa lo stesso livello della ricerca dell’ADDM del CDC svoltasi nel 2008, a 11 anni di distanza.

Le mamme americane ormai sanno che i figli con ASD possono usufruire di interventi intensivi, che per essere più efficaci devono essere più precoci possibile. Le mutue e gli Stati, sia pure con modi differenti fra loro, offrono da molti anni e sempre con maggiore larghezza gli interventi basati sull’analisi applicata del comportamento (Applied Behaviour Analysis – ABA), che la Linea guida dell’American Academy of Pediatrics consiglia come intervento di elezione.

Queste differenze sono una delle cause della variabilità delle prevalenze fra un sito e l’altro, poiché è noto che la migliore assistenza aumenta la spinta della domanda delle famiglie ad aumentare le diagnosi, persino con trasferimenti di residenza da uno Stato a un altro più generoso.

La stessa raccomandazione verso gli interventi basati sull’ABA, seppure seguita con molta fatica e in poche ASL, veniva data in Italia nel 2011 anche dalla Linea guida ministeriale n. 21 dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) sull’autismo nei bambini e negli adolescenti, uscendo finalmente dall’oscurantismo delle psicoanalisi psicodinamica sistemica e lacaniana, secondo le quali l’autismo era provocato da carenza di affetto della madre, perciò definita “madre frigorifero”.

Purtroppo la nuova generazione di esperti del Centro Nazionale di Eccellenza Clinica dell’ISS ha cancellato la linea guida n. 21, che pure era stata confermata nel 2015 dalle Linee di indirizzo del 2018, tutt’ora vigenti, e ha fatto accettare agli stakeholders (associazioni di famigliari e di esperti) di considerare equivalenti tutti i tipi di interventi, senza prove eccellenti di efficacia. Sarebbe come se tutti gli interventi avessero soltanto prove di efficacia molto basse.

La nostra associazione (APRI), insieme ad altre, ha tentato con ogni mezzo di denunciare questo errore (vedi: https://www.apriautismo.it), che in statistica si definisce “effetto pavimento” o Floor Effect  (vedi: https://it.wikipedia.org/wiki/Effetto_tetto). Se fosse passato inosservato, avrebbe automaticamente provocato il rifiuto di introdurre nei livelli essenziali di assistenza (LEA) gli interventi con prove intermedie, come quelli basati sull’ABA.

Questi esigono interventi psicoeducativi precoci e intensivi, e quindi costosi, per almeno tre anni.  A parità di efficacia, ci si poteva attendere che le autorità sanitarie inserissero nei LEA (che dovrebbero essere garantiti a tutti) quelli meno costosi, non certo quelli intensivi, il cui costo veniva persino esagerato dall’ISS, come se dovessero essere praticati in forma residenziale e non sul territorio.

L’ultima edizione della Linea guida per bambini e adolescenti dell’ottobre 2023 (https://www.iss.it/documents/20126/8977108/Linea+Guida+ASD_bambini+e+adolescenti+2023.pdf) ha in parte corretto quell’errore aggiungendo la tabella riassuntiva delle prove di efficacia, dalla quale emerge che gli interventi basati sull’ABA sono più efficaci degli altri per ridurre quasi tutti i comportamenti che ostacolano l’inclusione nella scuola e nella società delle persone con autismo.

Ora ci si aspetta che la scuola e la sanità italiane si adeguino alla buona prassi di Paesi avanzati come l’Australia. I maggiori costi degli interventi intensivi proposti, ossia quelli della supervisione e della formazione del personale già presente in quantità nella scuola, saranno più che compensati dai risultati.

La Giornata mondiale della consapevolezza sull’autismo, che il 2 aprile scorso ha visto l’impegno a livello nazionale dell’ANGSA (www.angsa.it), dell’Anffas (www.anffas.net) e di tutti i LIONS italiani che hanno dedicato all’autismo il service dell’anno “Autismo e inclusione, nessuno escluso” (https://www.lions.it/service-nazionale-2024-2025/), faccia agire tutta la nostra società, per evitare che l’Italia resti arretrata rispetto agli altri Paesi su un problema sociale sempre più importante come l’autismo.

* Presidente di APRI OdV ETS, Associazione Cimadori per la ricerca italiana sulla sindrome di Down, l’autismo e il danno cerebrale: www.autismo33.it e APRI. Già docente di programmazione e organizzazione dei servizi sociali e sanitari di ruolo presso UNIMORE
** Segretario di APRI. Senior Researcher – Università Ca’ Foscari di Venezia

Redazione Nurse Times

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