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Autismo: risultati positivi dalla terapia con cellule staminali

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Autismo: identificati 102 geni associati al disturbo.
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La conferma arriva da uno studio pubblicato su Frontiers in Immunology.

Le cellule staminali ematopoietiche svolgono un ruolo fondamentale nel controllo dell’infiammazione di alcune aree cerebrali, una tra le disfunzioni del sistema immunitario che sembra rivestire un ruolo centrale nello sviluppo dei disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), inquadrato all’interno dei disordini del neurosviluppo nei bambini che presentano un disturbo dello spettro autistico (Autism Spectrum Disorders – ASD).

Una comune ipotesi è che l’infiammazione e/o l’attivazione immunitaria possano agire per modificare l’espressione dei geni, esponendoli al rischio di disturbo dello spettro autistico o interrompere i processi del tipico sviluppo neurologico, portando allo sviluppo di ASD. A riconoscere l’importanza delle staminali in questo ambito, tra gli altri, è uno studio pubblicato su Frontiers in Immunology da Dario Siniscalco, Chem. D., Ph.D. del Dipartimento di Medicina sperimentale, divisione di Biotecnologia, Biologia e istologia molecolare dell’Università della Campania “L. Vanvitelli”, James Jeffrey Bradstreet, già direttore dell’International Child Development Resource Center a Melbourne, Nicola Antonucci, psichiatra, fondatore e direttore dell’Autism Biomedical Treatment Center di Bari.

Spiega il dottor Antonucci: “A causa della particolare disregolazione immunitaria e neurale osservata nell’autismo, la terapia con cellule staminali potrebbe offrire straordinarie potenzialità come modalità di trattamento. Sulla base dei dati derivanti da studi preclinici, la terapia con cellule staminali rappresenta la grande promessa per il futuro della medicina molecolare e rigenerativa. Alcune caratteristiche che definiscono le cellule staminali le rendono potenzialmente utilizzabili come agenti terapeutici per l’autismo. Queste proprietà sono: 1) la loro capacità di auto-rinnovamento, ovvero la capacità di generare altre cellule staminali identiche; 2) la loro capacità di dare origine a cellule differenziate; 3) l’attività paracrina”.

I disturbi dello spettro autistico sono complesse, gravi, eterogenee e pervasive neuro-patologie dello sviluppo. Da un punto di vista molecolare e cellulare, ai disturbi dello spettro autistico sono associati diversi processi cellulari e biochimici di stress ossidativo, quali: lo stress del reticolo endoplasmatico; capacità di metilazione diminuita, la produzione limitata di glutatione, disfunzione mitocondriale, disbiosi intestinale, aumento della carica metallo-tossica, disregolazione immunitaria, l’attivazione immunitaria delle cellule neuroglia.

Le cellule staminali da cordone ombelicale sono oggetto di studio per diverse patologie. Un’ipotesi plausibile si basa sulla capacità di alcune cellule immunitarie del sangue del cordone di passare attraverso la barriera emato-encefalica e alterare le connessioni cerebrali, sopprimendo anche l’infiammazione che può verificarsi nell’autismo.

“L’uso di cellule staminali cordonali come terapia per il trattamento dell’autismo ha permesso di ottenere diversi risvolti positivi sia sul piano comportamentale che comunicativo-linguistico e dell’apprendimento – spiega la dottoressa Stefania Fumarola, biologa e responsabile scientifica di In Scientia Fides -. Ma non solo. I bimbi affetti da autismo hanno mostrato miglioramenti anche in ambito alimentare, nella riduzione degli stati ansiosi, nella loro peculiare iperattività e aggressività. Le cellule staminali cordonali rappresentano, per i bambini con ASD, la speranza di vivere una vita ‘normale’ con i loro genitori, amici di calcio, danza e compagni di scuola”.

Gli innumerevoli studi scientifici in corso permettono la raccolta di dati e la creazione di un patrimonio inestimabile, con risultati promettenti, che potrebbero rappresentare in un imminente futuro la possibilità di accettare la terapia, con staminali cordonali, come standard per il trattamento dell’autismo in qualsiasi parte del mondo con l’obiettivo di renderlo accessibile a tutti.

Redazione Nurse Times

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