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Spaccio di droga in Pronto soccorso a Lucera (Foggia): autista del 118 in carcere. Diceva di essere “il boss”

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Uno smercio di droga nel Pronto soccorso dell’ospedale Lastaria di Lucera (Foggia) è stato scoperto dai carabinieri, che nel corso di un blitz scattato all’alba di venerdì 2 maggio hanno arrestato sei persone per spaccio di sostanze stupefacenti – due custodie in carcere e quattro domiciliari con braccialetto elettronico – e denunciato a piede libero altre quattro.

L’indagine, coordinata dalla Procura di Foggia e avviata a febbraio 2024, è fondata su videoriprese, nonché su intercettazioni ambientali e telefoniche. Ne è emerso il ruolo chiave di Antonio Cenicola, 41 anni, autista soccorritore del 118 e principale indagato, che avrebbe creato la sua area di spaccio all’interno del Pronto soccorso. In concorso con altri individui che accedevano ad aree riservate del nosocomio, discuteva di approvvigionamento di sostanza stupefacente e proventi da ripartire.

Inequivocabili le parole che l’uomo avrebbe pronunciato nel corso della conversazione intercettata con suo cugino Daniele Furio, 32 anni, presunto fornitore: “Allora, cugino, non hai capito niente. Io sono il boss: comando io qua dentro, si deve fare come dico io. Non mi dare niente qua fuori”. Secondo gli investigatori, “qua dentro” indicava appunto l’ospedale di Lucera.

Oltre 80 gli episodi di cessione, acquisto e detenzione, soprattutto di cocaina, accertati dai carabinieri in base agli elementi raccolti. Cenicola avrebbe utilizzato la sala dottori della postazione del 118 e i condotti di areazione dell’ospedale per occultare le dosi di droga. In 17 occasioni documentate, tra febbraio e giugno 2024, avrebbe ceduto cocaina sul luogo di lavoro. È contestata l’aggravante di aver commesso il reato violando i doveri legati al pubblico servizio.

Gli indagati

Il gip Michela Valente ha accolto parzialmente le richieste della Procura di Foggia, disponendo il carcere per Cenicola e Furio, e i domiciliari per Giuseppe Petrone (33 anni), Donato Colelli (49), Raffaele Sordillo (36), Antonio Di Giovine (36). Non sono stati accolte, invece, le richieste di arresto per altri quattro indagati, tra cui due familiari di Cenicola e un infermiere del Lastaria. Per loro il giudice ha riconosciuto la marginalità del ruolo.

Tutti i dieci indagati sono stati sentiti preventivamente dal gip. Cenicola si è avvalso della facoltà di non rispondere, pur ammettendo i fatti e scagionando i parenti. Furio, invece, ha negato ogni addebito, affermando di essersi recato in ospedale solo per incontrare il cugino. Petrone avrebbe ammesso una cessione singola di cocaina. Colelli ha scelto il silenzio, mentre Sordillo ha negato di essere uno spacciatore e Di Giovine si sarebbe descritto come cliente occasionale. I quattro indagati a piede libero hanno in parte taciuto e in parte respinto ogni accusa.

Redazione Nurse Times

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