Il datore di lavoro, che conosca (o, comunque, abbia possibilità di conoscere) la situazione di rischio di una dipendente per una precedente patologia, è responsabile se non prova di avere adottato tutte le misure di sicurezza che, in concreto, la fattispecie presenti come necessarie
Così si è pronunciata la Cassazione civile, sezione lavoro, con la sentenza 14468 del 7 giugno 2013.
Il caso è quello di una dipendente di un ospedale, che, dopo 20 anni di lavoro come tecnico di reparto di radiologia, nel 1989 evidenzia un carcinoma che richiede intervento chirurgico e chemioterapia e che determina una metastasi invalidante.
Nel 2001 il tribunale condanna sia l’ente al risarcimento dei danni biologico e morale conseguenti alla patologia contratta dalla lavoratrice, sia l’assicurazione dell’ospedale a rifondere quest’ultimo di parte di quanto pagato alla ricorrente.
In secondo grado, la Corte d’appello di Roma rigetta il ricorso del datore di lavoro, confermando che l’evento patologico sia da rapportare all’attività lavorativa e accoglie, invece, quello della società assicuratrice.
L’ospedale ricorre in Cassazione sostenendo varie censure, tra le quali quella di un’errata interpretazione dell’articolo 2087 del Codice civile. Ma i giudici di legittimità riconoscono, quasi totalmente, la correttezza della decisione di merito.
In primo luogo, secondo la Cassazione, la Corte territoriale ha ben valutato la responsabilità datoriale, fondandola sulla radiotermite, accertata dall’Inail nel 1990 e verificatasi in corrispondenza con il cattivo funzionamento, reso noto dalle segnalazioni di guasto, di macchinari di quel reparto di radiologia. Il datore era, quindi, a conoscenza (o, quanto meno, poteva conoscere) della situazione di rischio da garantire rispetto a possibili conseguenze negative.
È priva di censure anche l’interpretazione dell’articolo 2087 del Codice civile: la norma impone al datore di lavoro di adottare non solo le particolari misure imposte dalla legge in relazione allo specifico tipo di attività esercitata e quelle generiche dettate dalla comune prudenza, ma anche tutte le altre misure che, in concreto, si rendano necessarie per proteggere il lavoratore dai rischi connessi all’impiego d’attrezzi e macchinari.
Rispetto alla concreta situazione di rischio, la sentenza di merito aveva anche messo in evidenza che il datore di lavoro non aveva provato, in giudizio, di avere adottato le misure utili a prevenire i rischi gravanti.
Sul piano della prova, i giudici di merito, infine, hanno affermato la natura contrattuale della responsabilità di cui all’articolo 2087 del Codice civile, con la conseguenza che, una volta che il lavoratore ha allegato e provato l’esistenza dell’obbligazione lavorativa, il danno e il nesso causale di questo con la prestazione, è il datore di lavoro a dover provare, in base all’articolo 1218 del Codice civile, che il danno è dipeso da causa a lui non imputabile, avendo apprestato tutte le misure per evitarlo.
La Cassazione, pertanto, respinge il ricorso relativo ai motivi esposti, mentre accoglie un profilo, relativo al mancato esame della questione dell’applicabilità o no della polizza assicurativa contro gli infortuni.
Cassazione: sentenza n.14468-2013 malattia radiologia responsabilità datore.pdf
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