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Consenso informato, professionista perseguibile se ha disinformato

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L’acquisizione del consenso informato costituisce per un professionista sanitario un momento delicato e giuridicamente rilevante per poter erogare la propria prestazione sanitaria.

Il consenso informato per essere valido deve avere dei criteri imprescindibili, che sono la trasparenza, chiarezza, attualità e libertà di decisione da parte dell’utente destinatario della prestazione.

Si deduce quindi che il paziente non può essere sottoposto passivamente a qualsiasi trattamento sanitario (accertamento diagnostico, terapie ecc.) ma è necessario il suo consenso, che deve essere prestato dopo aver ricevuto idonee informazioni e sufficienti elementi di valutazione in ordine al trattamento al quale sarà sottoposto e ai rischi che da tale trattamento possono derivare.

«Consenso» significa partecipazione, consapevolezza, informazione, libertà di scelta e di decisione delle persone ammalate. La validità del consenso, pertanto, è legata a una preventiva e completa informazione. L’operatore sanitario ha l’obbligo di offrire le informazioni indispensabili affinché il paziente sia sufficientemente informato sul tipo di trattamento, sulle alternative terapeutiche, sulle finalità, sulle possibilità di successo, sui rischi e sugli effetti collaterali del trattamento .

L’obbligo del consenso informato è sancito dalla Costituzione, da varie norme di legge dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.A livello formale si tratta di un atto scritto, controfirmato dal paziente in caso di soggetto minore o incapace di intendere e di volere, dal suo legale rappresentante. In caso di soggetto incapace, il dissenso dei genitori o del tutore non condiziona l’operato medico qualora l’intervento appaia urgente: se vi è difformità fra la decisione del soggetto esercente la potestà (genitore o tutore) di rifiuto di cure e diritto alla vita dell’incapace, il medico ha il dovere di informare il giudice competente perché adotti un provvedimento d’urgenza e, nel caso di impossibilità di un suo intervento, dovrà agire sulla base dello stato di necessità o del consenso presumibile del paziente. Il consenso informato vale per le procedure diagnostiche invasive, i trattamenti terapeutici (farmacologico, chemioterapico, radioterapico, emotrasfusione ecc.) e gli interventi chirurgici.

La responsabilità di informare e acquisire il consenso spetta al direttore e ai dirigenti medici delle strutture complesse, semplici a valenza dipartimentale e semplici.

L’infermiere non può mai essere delegato a sostituire il medico in questo compito, ma partecipa all’informazione per quanto di sua competenza, ovvero l’assistenza infermieristica e generale.

In ambito sanitario, la violazione del consenso informato può far sorgere la responsabilità medica anche se l’intervento è andato a buon fine e non ci sono state conseguenze negative sulla salute del paziente.

Il paziente ha diritto ad essere informato circa le modalità e le prevedibili conseguenze del trattamento sanitario al quale sarà sottoposto in modo da poter prestare un consenso esplicitoinformatoconsapevoleattuale e libero.

Sentenza: “Ad una paziente viene praticata anestesia generale al fine di procedere ad intervento di artroscopia in blocco meniscale; la paziente decede per collasso car- ? 18 diocircolatorio, la cui causa è individuata nel trattamento anestesiologico praticato su soggetto con collo corto ed ipomobile. La paziente si era rifiutata di sottoporsi ad anestesia periferica, trattamento ritenuto più consono alla tipologia delle alterazioni anatomiche della paziente. Il medico è assolto ‘perché il fatto non sussiste’, in quanto il medico che pratichi un intervento contro la volontà del paziente – al di fuori dei casi in cui il paziente corra un imminente pericolo di morte o di danno sicuramente irreparabile – commette i delitti di violenza privata, lesioni personali dolose e (in caso di morte) omicidio preterintenzionale. Con tale condotta, infatti, il medico viola consapevolmente il diritto della persona a preservare la propria integrità fisica. Nel caso di specie, quindi, lecita (e doverosa) è la condotta del medico che ha omesso di praticare l’intervento, ritenuto medicalmente più adeguato, rifiutato dalla paziente. (Cass., sez. IV, 27 marzo 2001, Cicarelli).

Il consenso così caratterizzato è alla base del trattamento sanitario tanto che la sua assenza o incompletezza rende il trattamento illecito e fa sorgere la responsabilità del medico e della struttura sanitaria. Tale responsabilità può comportare l’obbligo di risarcimento nei confronti del paziente anche quando questi non abbia subito un danno alla salute o quando l’intervento sia stato comunque eseguito correttamente. È bene, infatti, sottolineare che il paziente può ottenere il risarcimento del danno da mancanza e incompletezza del consenso al trattamento sanitario indipendentemente da un eventuale danno alla salute. L’obbligo di informazione e di richiesta del consenso tutela il diritto di autodeterminazione del paziente, la sua libertà personale inviolabile di scegliere se sottoporsi o meno ad una determinata operazione.

Il danno da consenso assente o incompleto è quindi diverso dal danno alla salute, con il quale può comunque coesistere. Difatti, il danno alla salute non è presupposto indispensabile per la richiesta del danno da mancanza del consenso.Per semplificare, distinguiamo due ipotesi riguardanti un intervento sanitario effettuato senza consenso del paziente (o con consenso incompleto, inconsapevole, non libero):

1) Se dall’intervento non sono discesi danni alla salute o addirittura le condizioni del paziente sono migliorate, il danno deve essere di natura non patrimoniale e non può consistere in meri disagi o fastidi; il paziente deve provare la propria grave sofferenza morale a causa del trattamento sanitario prestato senza consenso (si pensi al noto caso del testimone di Geova sottoposto alla trasfusione di sangue nonostante il suo rifiuto dovuto a credenze religiose).

2) Se dall’intervento sono discesi danni alla salute

In caso di carenza di informazioni sul trattamento sanitario e conseguente prestazione di un consenso incompleto, gli eventuali danni alla salute del paziente possono legittimare l’azione di risarcimento, anche quando l’operazione è stata effettuata dal medico con la dovuta diligenza .

Ma in definitiva ogni consenso informato da sottoporre ad un paziente deve essere quanto più ricco e chiaro di nozioni che possano erudire  alla pratica che sarà posta in essere?

Sentenza: “Il medico non può limitarsi, pertanto, ad informare dettagliatamente il paziente di ciò che ha, ciò che lo aspetta e ciò che si può fare secondo la sua scienza e coscienza; di fronte ad un atteggiamento esplicito e deciso dell’interessato, ha, altresì, l’onere di verificare il concorso delle condizioni di cui si è detto e in presenza di una determinazione autentica e genuina non può che fermarsi ancorché l’omissione dell’intervento terapeutico possa cagionare il pericolo di un aggravamento dello stato di salute dell’infermo e, persino, la sua morte. Si tratta evidentemente di ipotesi estreme che nella pratica raramente è dato registrare, se non altro perché chi versa in pericolo di vita o di danno grave alla persona, a causa dell’inevitabile turbamento della coscienza generato dalla malattia difficilmente è in grado di manifestare liberamente il suo intendimento.”

(Cass., sez. I, 29 maggio 2002, Volterrani)

CALABRESE Michele

CALABRESE Ruggiero

 

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