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Liguria, nasce l’infermiere di comunità. Intervista a Francesco Falli

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Svolta storica in Liguria! La regione approva la figura dell’infermiere di famiglia che seguirà a domicilio i pazienti più fragili segnalati dei medici di medicina generale.

La maggioranza in regione Liguria ha approvato anche l’istituzione della super azienda sanitaria ligure (acronimo ALISA) con compiti di gestione e programmazione delle attuali 5 Asl e dei servizi territoriali. Nel documento è stato inserito l’emendamento che apre le porte all’infermiere di comunità, con la sperimentazione della figura dell’infermiere “case manager”.
Un grande risultato per gli infermieri di questa regione grazie anche al grande lavoro del coordinamento regionale Ipasvi ligure che riesce ad ottenere anche un grande risultato politico con una giunta regionale attenta alle dinamiche e alle problematiche sanitarie della popolazione.
L’Infermiere di famiglia avrà in carico circa 500 – 600 casi segnalati dal medici di medicina generale, questo consentirà di ridurre i ricoveri ospedalieri dei pazienti fragili del 25% come dimostrato in altri territori dove questa figura è già operativa da tempo (Friuli Venezia Giulia).

Abbiamo chiesto al Collega Francesco Falli, uno dei quattro Presidenti IPASVI della Liguria e Segretario del Coordinamento ligure dei Collegi come si è arrivati a questo risultato, importante per la categoria…

FALLI: Credo che, una volta di più, a far breccia sia stata la unione e la coesione del gruppo. In questo caso e in questa Regione, è forse un bene essere in pochi a comporre il Coordinamento (siamo infatti solo in quattro a rappresentare le altrettante Province) e probabilmente il fatto di essere riusciti, in questi anni di collaborazione, a raggiungere una buona intesa personale e professionale fra noi ha permesso di comunicare unità, compattezza, forza.

Ci ha in parte aiutato anche il fatto di essere in carica da un pò di tempo, ognuno di noi ha – come dire – raggiunto un discreto grado di esperienza che va a compensare alcuni dei nostri umani limiti…parlo soprattutto di me, che con il tempo ho imparato che posizioni anche diverse sono prima di tutto da rispettare e che il tuo interlocutore ha da insegnarti qualcosa, sempre.

E i miei tre Colleghi Presidenti hanno fatto un lavoro grande, meticoloso, e sono loro grato dell’amicizia e della colleganza. Senza di queste, non saremmo forse  riusciti a far capire in tempi così rapidi il plus valore della nostra professione, in questo settore e in questo contesto.

Quanto la Regione e l’Assessorato alla salute sono stato disponibili a sentire le ragioni, le proposte della categoria?

FALLI: Molto. In particolare, abbiamo apprezzato il contatto costante, e quando l’Assessore Viale ha presentato, nelle cinque ASL regionali, il ”libro bianco”, ha imposto la presenza dei presidenti dell’ordine dei medici e dei collegi IPASVi di quel territorio.

Quando in occasione della presentazione del ”libro bianco” nella mia ASL, sicuramente per un errore tecnico, (certo!) il mio nome era scivolato fuori dal programma degli interventi previsti, ho chiesto spiegazioni in Regione e, in meno di 24 ore, ero già reinserito.

Colgo l’occasione della possibilità di parlare di questo, per la prima volta, ai Colleghi di NurseTimes per dire che non ero certo io come persona a sentirmi offeso: ma parlare di Sanità escludendo gli Infermieri di quel territorio è semplicemente un autogol. E l’Assessorato, evidentemente, ne ha tenuto conto.

Invece, l’attenzione è andata ben oltre il fatto di essere chiamati a un breve intervento: abbiamo adesso, fra le prime Regioni italiane, la strutturazione di figure infermieristiche dedicate al case manager, e all’assistenza domiciliare.

Quest’ultima nella ASL spezzina è, ad esempio, già ben strutturata, e robusta. Ma si tratta di andare oltre, con possibilità, ad esempio, di ambulatori infermieristici che vanno a insistere su quartieri dove popolazioni prevalentemente anziane vengono intercettate ancor prima, potenzialmente, di recarsi al pronto soccorso.

Il caso friulano di Latisana e Palmanova è quello che, dati alla mano (19% di accessi impropri ai pronto soccorsi delle due città, in due anni di sperimentazione dell’infermiere di famiglia) abbiamo presentato in Regione, fra le altre varie testimonianze positive del valore di queste strategie.

Non teme che i medici di famiglia possano alzare delle barriere su questa novità?

FALLI: è una ipotesi solo se ci spiegheremo male e se, come purtroppo a volte capita, questi processi vengono pensati e progettati bene, ma calati male nelle realtà.

Sono sicuro che ci sono persone intelligenti dappertutto, in ogni categoria, e non manca la buona volontà: si tratta di mediare fra le zone di ambiguità e in quelle occasioni di equivoci, spesso creati ad arte.

Noi non vogliamo invadere il campo di nessuno: è una vecchia storia già ricordata in molte occasioni.

E basterebbe ascoltare, e dare voce, a quei pazienti anziani e a quei malati cronici che oggi vanno nei pronto soccorsi liguri o di altre Regioni, per capire che di alternative al ricovero ne esistono, eccome: sarebbe sufficiente avere la certezza di un sostegno come quello che un Infermiere di comunità (o di famiglia) sa offrire a 360 gradi.

E per i vostri giovani iscritti si possono anche aprire nuove possibilità di impiego?

FALLI: Assolutamente SI! Ne abbiamo un grande bisogno, di forze nuove e giovani, e il lavoro che questi ragazzi affrontano in formazione universitaria è grande e merita davvero di essere ricordato.

E comunque, si apre anche, e finalmente, la possibilità di spendere sul campo, ed in reale situazione occupazionale, quel percorso di formazione complementare (master) che già tanti Colleghi, anche…diversamente giovani, hanno acquisito in questi ultimi anni.

Ringrazio il presidente del collegio Ipasvi di La Spezia per questa importante testimonianza, la redazione di NurseTimes ringrazia tutti i presidenti che compongono il coordinamento regionale ipasvi ligure per il grande lavoro svolto in favore della comunità che rappresentano, dei cittadini che sono i veri beneficiari di questa riorganizzazione dei servizi sanitari territoriali. Allo stesso tempo auspichiamo che “l’infermiere di comunità” venga esportato in tutte le regioni italiane!

Papagni Giuseppe

 

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