Dopo l’allarme ranitidina, è caccia alle contaminazioni nei farmaci. Le aziende hanno sei mesi per effettuare i controlli.
C’è caos nel mondo dei farmaci dopo che l’Ema, l’Agenzia europea per il controllo dei medicinali, ha chiesto alle aziende farmaceutiche di testare tutte le molecole di produzione sintetica autorizzate al commercio sul mercato europeo per escludere la presenza di nitrosammine, sostanze ritenute cancerogene. Un compito immenso per le aziende, perché i farmaci in commercio sono decine di migliaia e i controlli vanno eseguiti nei prossimi sei mesi. La decisione, però, non deve allarmare più di tanto chi assume medicine (e vedremo perché), ma risponde a un principio precauzionale (cioè: cerchiamo di capire se ci sono problemi prima che i buoi siano scappati dalla stalla).
Perché questa presa di posizione? Dobbiamo fare un passo indietro e partire dal caso ranitidina. La ranitidina è una farmaco vecchio più di trent’anni, pensato per curare l’ulcera, poi uscito di brevetto, ma ancora usatissimo, anche come medicinale da banco, per combattere bruciori di stomaco e reflussi esofagei. Ebbene, l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), qualche giorno fa, su suggerimento peraltro dell’Ema, ha deciso due cose: da un lato di ritirare tout court dal commercio alcuni prodotti contenenti ranitidina (prodotti, nel caso specifico, da un’azienda indiana), proprio per il sospetto di contaminazione con nitrosammine; dall’altro di sconsigliare l’uso di altri prodotti, sempre a base di ranitidina, ma fabbricati da altre aziende, salvo la verifica con il medico di fiducia.
Oggi ci sono grandi aziende farmaceutiche, soprattutto indiane e cinesi – e non parliamo di aziende che lavorano nei sottoscala -, che sintetizzano il principio attivo di farmaci. Questo, poi, viene acquistato dalle multinazionali farmaceutiche, che lo confezionano e continuano a produrre il farmaco come branded, cioè di marca, o come generico, a più basso costo, perché si tratta di farmaci per i quali è scaduto il brevetto. E forse qui si dovrebbe concentrare l’attenzione delle autorità sanitarie. Pur di abbassare i prezzi dei farmaci molte aziende riducono gli standard di qualità. Pena la loro scomparsa. È l’effetto della globalizzazione.
Ma torniamo a noi. Quello della ranitidina non è l’unico caso. Qualche mese fa lo stesso problema si era proposto con il valsartan, un farmaco antipertensivo, anche lui contaminato da nitrosammine. Questo principio attivo era prodotto da un’azienda cinese. Ecco allora la domanda: da dove deriva la presenza di queste sostanze cancerogene nei farmaci? «A volte la presenza di nitrosammine può derivare da contaminazioni – spiega Alessandro Mugelli, presidente della Società italiana di farmacologia (Sif) –. Altre volte è proprio legata al processo di produzione. Ecco perché l’Ema sta invitando le industrie anche a rivedere questi processi per ridurre al minimo il rischio».
L’Ema, dunque, ha emanato delle linee guida che sono per un’assoluta tutela del cittadino. E ha anche indicato priorità di intervento, visto l’elevato numero di prodotti in commercio, che dovrebbero tenere conto delle dosi giornaliere assunte dal paziente, della durata del trattamento, del numero di pazienti trattati. «Ben vengano i controlli – afferma il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi –. La sicurezza è più importante dell’efficacia. Servirebbe estenderli ovunque».
Redazione Nurse Times
Fonte: Corriere della Sera
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