Uno studio condotto dall’Ospedale Pediatrico romano ha messo a punto una strategia che combina il farmaco sperimentale Linsitinib e le cellule Car-T.
Ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma hanno messo a punto un potenziale trattamento per i gliomi diffusi della linea mediana, tumori del cervello aggressivi, inoperabili e a oggi senza cura. Il trattamento consiste in un mix di terapia genica e farmacologica che, in test di laboratorio, ha inibito la crescita del tumore. Lo studio è stato condotto in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità (Iss), il Policlinico Gemelli e l’Institute of Cancer Research di Londra. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Neuro-Oncology.
“La nuova strategia di cura ha fornito risultati pre-clinici promettenti e potrebbe rappresentare il primo passo per arrivare a trattare con successo una proporzione dei pazienti affetti da questa terribile forma di tumore», ha affermato Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità.
Lo studio è stato condotto partendo dalle cellule tumorali di pazienti affetti da glioma. Attraverso uno screening farmacologico i ricercatori hanno identificato un farmaco sperimentale mai testato in questa patologia (Linsitinib), che si è dimostrato capace di esercitare un’azione antitumorale diretta sulle cellule tumorali. A questa molecola è stato affiancato l’utilizzo di cellule Car-T programmate per riconoscere e uccidere le cellule tumorali, aggredendo una proteina espressa sulla loro superficie, ossia l’antigene GD2.
L’utilizzo della strategia combinata si è dimostrata in grado di inibire la crescita del tumore negli esperimenti di laboratorio. I ricercatori hanno inoltre dimostrato che la combinazione produce un effetto antitumorale più efficace rispetto ai due trattamenti usati separatamente.
Nonostante i risultati positivi, la sperimentazione sull’uomo non sarà immediata, avvertono i ricercatori. Occorrerà prima mettere a punto modalità migliori per veicolare il farmaco e le Car-T direttamente nella sede tumorale, e svolgere ulteriori test per comprendere meglio quale possa essere la risposta immunitaria e infiammatoria nei pazienti.
Redazione Nurse Times
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