Grazie alla tecnologia FriP sarà possibile creare prodotti caseari i cui fosfati, nemici tradizionali dei pazienti, non sono assorbiti dall’intestino.
I pazienti con insufficienza renale o in dialisi devono seguire una dieta rigida, con molte privazioni, tra cui la rinuncia ai formaggi per non assumere troppi fosfati. Questo divieto potrebbe presto essere “revocato” grazie a una nuova tecnologia, chiamata FriP.
Questa consente di produrre formaggi i cui fosfati non vengono assorbiti dall’intestino.
Bensì eliminati dallo stesso organo, e addirittura in grado di evitare l’assorbimento di quelli contenuti in altri alimenti. In questo modo il paziente può tornare a mangiare prodotti caseari e ha un migliore controllo sulla propria salute, senza assumere ulteriori farmaci.
A brevettare il metodo FriP è Gianluigi Ardissino, specialista della Nefrologia, dialisi e trapianto pediatrico del Policlinico di Milano, insieme ad Antonio Groppelli, imprenditore di prodotti caesari.
Il brevetto, registrato proprio dal Policlinico, è stato concesso gratuitamente ad alcune aziende casearie per favorirne la diffusione sul territorio. L’obiettivo è migliorare il più possibile la qualità di vita delle persone con patologie renali e in particolare dei dializzati, ai quali i formaggi sono pressoché proibiti per ragioni di salute.
“I pazienti in dialisi o che hanno un’insufficienza renale devono seguire una dieta con molte privazioni – spiega Ardissino –, perché i loro reni non riescono più a smaltire adeguatamente le scorie in eccesso. Ad esempio devono fare attenzione a certe verdure per non accumulare troppo potassio, e devono evitare i formaggi per non assumere troppi fosfati, che, se si accumulano nel sangue, portano a una aterosclerosi precoce”.
L’intuizione alla base della tecnologia FriP è venuta al medico da un collegamento mentale basato su un ricordo, quello dei neonati con problema renale alla nascita.
Negli anni Novanta i medici aggiungevano al loro latte del carbonato di calcio, un integratore alimentare naturale capace di “catturare” i fosfati, neutralizzandoli. Questo processo si chiama tecnicamente chelazione e porta a eliminare i fosfati attraverso l’intestino, evitando così di sovraccaricare i reni.
Il formaggio prodotto col metodo FriP funziona allo stesso modo. Viene arricchito con carbonato di calcio, così da bloccare i fosfati nell’alimento già durante la produzione e chelare (cioè eliminare) quelli eventualmente contenuti in altri alimenti, se assunti a poca distanza dal formaggio FriP.
“La tecnologia FriP potrebbe avere un impatto significativo sulla qualità di vita dei pazienti con insufficienza renale – commenta Ezio Belleri, direttore generale del Policlinico di Milano –. Un dializzato ha in media 60-75 anni, e quando la sera torna a casa, magari sfinito da una dialisi pesante, deve pure seguire una dieta che gli vieta tante cose. In mezzo a tante privazioni, poter offrire un alimento sano, invece che una pillola in più, dà il vero senso del nostro mestiere: fare ricerca, trovare nuove soluzioni ai problemi di salute e metterle immediatamente a disposizione delle persone”.
In questo momento qualche formaggio prodotto con la tecnologia FriP è disponibile in via sperimentale, grazie all’interessamento delle associazioni di pazienti. L’obiettivo, dopo questa fase di test, è rendere i prodotti FriP disponibili su scala più ampia, per migliorare la qualità di vita dei pazienti con patologie renali.
“Il prossimo passo – aggiunge Marco Giachetti, presidente del Policlinico – sarà quello di utilizzare il latte proveniente dalle cascine dell’ospedale per avviare una produzione autonoma del FriP a marchio Ca’ Granda, con filiera biologica, corta e garantita, aumentando ulteriormente il nostro supporto ai pazienti nefropatici dell’area milanese e lombarda”.
Redazione Nurse Times
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