Quale destino per il personale sanitario? Sarà spostato in altri ospedali o, se gli dice bene, in altri reparti dell’ospedale, il cui depotenziamento è in atto da anni.
Pur tra notevoli difficoltà, il reparto di Chirurgia dell’ospedale di Eboli (Salerno) riesce a funzionare. Ci si ingegna: i medici sono solo cinque, pochi per far funzionare un reparto, ma tra le barelle ferme in corridoio, tra gli odori di antibiotici e disinfettanti che si mescolano, diventando quasi piacevoli, si prova a curare, e ci si riusce brillantemente. L’utenza apprezza e riconosce la qualità del lavoro dei sanitari.
Poi accade che due medici debbano assentarsi: maledetta pandemia, che rende tutto più complicato. Si stringono i ranghi, i denti e la cinghia. Gli occhi, invece, restano ben aperti: dopo la notte, arriverà l’alba.
Si lavora, disposti ad accettare turni fuori da ogni regolamento e da ogni contratto di lavoro. Ippocrate è il solo faro che illumina il percorso. Ma la notte si fa fonda: un terzo medico, il dirigente responsabile, deve assentarsi per motivi di salute.
Due medici e tanta buona volontà non bastano a far funzionare il reparto. Si studiano soluzioni veloci. Quella più razionale sembra l’arrivo immediato di un chirurgo. Pare che neanche gli ospedali vicini abbiano chirurghi in esubero, ma c’è un’urgenza improvvisa e si potrebbe contare sulla solidarietà tra colleghi. Invece non si raccoglie nessuna disponibilità per colmare la sfortunata carenza di medici. Altro che solidarieta!
Allora, con piglio deciso, la direzione dell’Asl prende l’iniziativa. No, non prevede un ordine di servizio a un chirurgo della stessa Asl. Non ne cerca qualcuno da pagare “a gettone” altrove per qualche giorno: perché scontrarsi con un dirigente medico, infliggendogli uno sgradito ordine di servizio?
“Il cane morde sempre il mendicante”, recita una massima nel dialetto locale: forti con i deboli e deboli con i forti. Così, senza sentire le organizzazioni sindacali o ascoltare il buonsenso, si chiude il reparto, trasferendo i pazienti ricoverati, magari operati nelle ore immediatamente precedenti, in ospedali distanti anche un’ora di viaggio e raggiungibili percorrendo strade sconnesse. Del resto, in una visione aziendale “puramente economica” i pazienti rischiano di essere assimilati alle merci.
Il personale? Sia spostato in altri ospedali o, se gli dice bene, in altri reparti dell’ospedale. Professionalità acquisita e competenze diventano inutili orpelli. Sono una dozzina tra infermieri e oss, il cui parere non conta molto. Quella “sporca dozzina” apprenderà verbalmente il proprio destino e potrà solo abbassare la testa.
Le proteste dei sindacati e del sindaco sembrano previste, messe in conto. L’ospedale di Eboli è umiliato e depotenziato da anni, e ha visto la chiusura di alcuni reparti, quali Endocrinologia, Ostetricia e Ginecologia, oltre al ridimensionamento di tutti gli altri. Chissà se la Chirurgia riaprirà mai o se la seguiranno, in un destino già scritto, i reparti di Malattie infettive, Urologia, Oculistica, Otorinolaringoiatria… Il tempo darà le sue risposte, ma sarebbe bello che la politica riuscisse ad anticiparlo, realizzando un progetto che restituisca al diritto alla salute la priorità sull’economia e sugli interessi di parte.
Massimo Arundine
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