Non solo Svizzera o settore privato. Da qualche tempo nelle province di Como e Varese si registra anche una “migrazione di ritorno”. Sono tanti, infatti, i medici e gli infermieri che chiedono il trasferimento al Sud, nelle regioni di origine, soprattutto per via del carovita. Lo conferma Salvatore Gioia (foto), direttore generale dell’Ats Insurbia, il quale parla di “fuoriuscita verso il Sud”, e ritiene che per assumere e trattenere professionisti sanitari servano politiche per la casa e più spazio alla libera professione.
“Abbiamo letto dell’impennata di dimissioni dagli ospedali pubblici – spiega Gioia a La Provincia –. Quel dato, però, manca dei tanti trasferimenti chiesti e ottenuti dai colleghi dopo la pandemia per riavvicinarsi ai luoghi di origine. Tutte le Regioni, infatti, hanno potuto aprire le loro porte dopo il Covid , e così tantissimi medici e infermieri sono tornati, come loro diritto, vicino a casa e alla famiglia”.
Prosegue il dg di Ats Insurbia: “In questo momento storico mancano anche le vocazioni, perché questo è un mestiere di responsabilità, che comporta sacrifici importanti e un’attività spesso stressante. Le professioni sanitarie hanno bisogno di essere riconosciute e valorizzate. Ci sono leve da muovere a livello sempre nazionale. A parere mio, occorre dare la possibilità ai medici di lavorare anche nella libera professione. E poi c’è il welfare: le singole aziende, come la nostra, possono mettere in campo tutti gli strumenti per conciliare tempi di lavoro e vita privata”.
E ancora: “Ma servono anche politiche abitative per aiutare i sanitari, che qui non riescono a trovare un alloggio e a permettersi una casa. Non è un privilegio, è una forma di rispetto per un mestiere che riveste un’importanza sociale. Abbiamo patrimonio pubblico edilizio in abbondanza».
L’Ats Insurbia si impegnerà affinché i giovani scelgano di iscriversi ai corsi di laurea in campo sanitario. “Tecnici di radiologia, ostetriche, infermieri – ribadisce Gioia – sono mestieri ad alto valore sociale ed etico, che promuovono il benessere e la cura della cittadinanza. Senza retorica da angeli, dobbiamo tornare a sottolineare l’impatto che la sanità ha sulla società”.
Intanto i numeri della carenza di personale sono allarmanti. La Uil ha calcolato che nel 2022 le cessazioni dei lavoratori dal sistema sanitario pubblico comasco sono state 442, contro le 145 del 2011. L’aumento è superiore al 200%. Peggio per gli infermieri: da 48 a 165 dimissioni all’anno. Numeri, tra l’altro, che non comprendono pensionamenti e trasferimenti in altri ospedali, ma si riferiscono ai sanitari andati all’estero o passati al privato. E con le fuoriuscite verso il Sud l’emorragia è ancora più consistente.
Redazione Nurse Times
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