In un parco di Roma accade l’impensabile: un ventenne che caccia un bambino con difficoltà motorie per avere lo spazio di allenarsi. “Gli diceva con disprezzo che era un handicappato, che doveva andare via. Ci ha fatto molto male sentire quelle parole” ha raccontato amareggiata la mamma del bambino disabile.
Il brutto episodio si è verificato al Parco Giancarlo Sbragia, meglio conosciuto come parco Fao, nella zona San Paolo. La storia è stata raccontata da Marino Bisso su repubblica.it. Quel pomeriggio una decina di ragazzini di 9 anni, tra cui un bambino con disabilità ma perfettamente integrato con i suoi meravigliosi compagni di classe, giocavano tranquilli. Tutto scorreva in assoluta serenità. Poi la situazione è cambiata con l’arrivo di alcuni giovani, sono ventenni, dal fisico super allenato. Vogliono allenarsi con gli attrezzi occupati dai bambini. Uno di loro, con una maglietta azzurra, con fare arrogante, è infastidito perché l’attrezzo è occupato dai ragazzini.
Il bambino diabile era felice come i suoi compagni. La mamma racconta: “riusciva ad arrampicarsi e a scendere dall’altra parte, non faceva le capriole sulla sbarra ma giocava felice, a quel punto quel giovane ha cominciato a fagli dei gesti e poi si è rivolto con prepotenza per fagli capire che doveva allontanarsi. Mio figlio non ha risposto, non può rispondere a parole, la sua disabilità non gli permette di farlo ma ha compreso perfettamente la brutalità di quelle offese“. Il bambino ha continuato lo stesso a giocare ma a un certo punto ha sfiorato gli oggetti del giovane, sempre lì disposti in maniera da “impedirgli quell’unico percorso che poteva fare”. Dopo poco è scoppiata la discussione. Sempre con modi prepotenti, il giovane si è rivolto al padre del ragazzo intimandogli di tenerlo lontano.
Quando i genitori del piccolo e quelli dei suoi amici sono intervenuti per difendere il bambino, il giovane invece di calmarsi si è innervosito di più tanto che il suo amico lo ha dovuto trattenere fisicamente per evitare che dalle parole passasse alle mani.
“Mio figlio non aveva fatto nulla di sconveniente, stava semplicemente giocando e non era minimamente interessato a lui. Davanti a tante parole di odio e malvagità ha abbassato lo sguardo, e poi si è allontanato per le offese subite. Quel giovane è rimasto lì, con la sua musica a palla, la sua arroganza e la sua maleducazione: non sa e non è nemmeno minimamente in grado di immaginare quale ferita possa aver inflitto a mio figlio, reo soltanto di aver avuto in dono dalla vita la disabilità, cosa che né lui né noi abbiamo scelto”.
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