Nel 2015 avevano soccorso un giovane sotto l’effetto di alcol e stupefacenti. Il giudice ne ha rigettato la richiesta, negando ogni responsabilità dell’Usl.
La notte del 29 novembre 2015 l’autista e l’infermiere di un’ambulanza, dipendenti dell’Usl 3, erano stati aggrediti dal paziente che erano andati a soccorrere a Marghera (Venezia), di fronte al Rivolta. Un giovane in stato soporoso, sotto l’effetto di alcol e stupefacenti, che in un primo momento era parso tranquillo e poi aveva cambiato atteggiamento, diventando aggressivo e strattonando gli operatori del 118. Oltre che con questi ultimi, se l’era presa con gli agenti della polizia locale, tanto che, per essere trasportato al pronto soccorso, era stato necessario ammanettarlo.
I due operatori del 118 avevano denunciato di aver subito conseguenze psicofisiche in seguito all’episodio, con invalidità stimate dal consulente tecnico di parte tra il 4 e il 5%. Avevano inoltre sostenuto di essere stati vittime di un incidente sul lavoro e chiamato in causa l’Usl in merito alla tutela delle condizioni di lavoro e alla violazione della disciplina antinfortunistica.
All’Azienda sanitaria, l’autista e l’infermiere addebitavano la responsabilità per non aver valutato i rischi specifici dell’intervento e di non aver adottato un documento di valutazione dei rischi riferiti al Servizio Emergenza, oltre che di specifiche prescrizioni comportamentali per i lavoratori impegnati negli interventi e di supporto con un servizio di sicurezza quando le circostanze evidenziassero la pericolosità del caso. Di qui la richiesta di condanna dell’Usl al pagamento di 17mila euro di danni all’autista e di 19mila all’infermiere.
Scrive la giudice Anna Menegazzo nella sentenza con cui rigetta i ricorsi dei due lavoratori: “Nella specifica vicenda non si possa affermare la responsabilità colposa dell’Usl”. L’azienda sanitaria nel corso del giudizio ha depositato il “Documento di valutazione dei rischi”, nel quale, si legge ancora nella sentenza, “viene individuata quale misura preventiva a medio termine la formazione del personale nel riconoscimento e controllo dei comportamenti ostili e aggressivi, formazione che deve ritenersi sia avvenuta”.
Quanto poi all’affiancamento di personale di vigilanza, la giudice afferma: «Occorre considerare che nel caso in questione l’intervento richiesto ai ricorrenti non assumeva ex ante una peculiare pericolosità». Anche il fatto che l’intervento fosse davanti al Rivolta non era segno distintivo della pericolosità dello stesso, vista l’assenza di “contesti di degenerazione collettiva”. Di qui la decisione di rigettare i ricorsi, respingendo le richieste danni.
Fonte: la Nuova di Venezia e Mestre
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