Il cardiochirurgo Giuseppe Speziale approfondisce l’argomento in un’intervista sul sito di GVM – Care & Research.
La patologia mitralica è una delle problematiche valvolari più diffuse nel mondo. L’innovazione tecnologica consente oggi di intervenire con la riparazione mininvasiva della valvola mitrale in caso di valvulopatia mitralica, come ad esempio l’insufficienza mitralica, riducendo il rischio operatorio e i tempi di degenza e recupero, anche in pazienti in età avanzata, rispetto al trattamento chirurgico con sternotomia.
Il professor Giuseppe Speziale, coordinatore della Cardiochirurgia nazionale di GVM – Care & Research, direttore del Dipartimento di Cardiochirurgia all’Anthea Hospital di Bari e fondatore della Mitral Academy (che riunisce cardiochirurghi di fama internazionale e si impegna nella formazione di giovani specialisti), risponde a una serie di domande sul tema.
Quali sono i sintomi della patologia mitralica?
“La diagnosi di patologia mitralica è troppo spesso tardiva, in quanto alcuni segnali possono essere aspecifici. È bene effettuare controlli regolari dallo specialista, con almeno una prima visita tra i 30 e i 40 anni, e ricorrere al cardiologo in caso di stanchezza, dispnea, vertigini, svenimenti, aritmie, edemi o dolore toracico, che sono alcuni dei sintomi di problemi alle valvole”.
Come avviene la diagnosi?
“In particolare sono utili, dopo l’ecocardiogramma, per individuare la malattia mitralica prima di un peggioramento del quadro, l’ecocardiografia sotto stress, l’ecocardiogramma transesofageo o la RM con mezzi di contrasto”.
Come viene trattata la patologia?
“Molte delle patologie valvolari possono essere tenute sotto controllo attraverso i farmaci, ma arriva un momento in cui può essere necessario ricorrere alla chirurgia, per questo è fondamentale rivolgersi a centri di riferimento per il trattamento delle principali problematiche legate al cuore. L’opportunità e la tipologia di intervento dipendono dal quadro clinico. I due approcci possibili per la chirurgia riparativa della valvola mitrale sono la riparazione mitralica convenzionale, cioè la sternotomia, e la chirurgia mininvasiva. In ogni caso, la riparazione della valvola offre diversi vantaggi per il paziente rispetto alla sostituzione (si evitano l’impianto della protesi e la terapia con anticoagulanti, si riscontra un ridotto rischio di endocardite)”.
Quando si può intervenire sulla valvola mitrale con la chirurgia mininvasiva?
“Tranne che nella stenosi della mitrale, che prevede la sostituzione per via della calcificazione, la metodica mininvasiva è applicabile nella maggior parte dei trattamenti cardiochirurgici sulle valvole, e permette un minor trauma per il paziente, con un recupero funzionale molto rapido. La minor invasività è un vantaggio anche in caso di pazienti anziani che non possono essere sottoposti a interventi dall’impatto maggiore sulle condizioni fisiche come la sternotomia, che consiste nell’apertura dello sterno. L’intervento di riparazione della valvola mitrale con trattamento mininvasivo dura in media 50 minuti, il ricovero una settimana e la riabilitazione è raramente necessaria. Generalmente, dopo 15 giorni è possibile tornare alle normali attività quotidiane”.
Come si svolge il trattamento chirurgico?
“Si procede con un piccolo taglio a livello dello spazio intercostale, si guadagna l’accesso all’atrio sinistro, dove si trova la valvola mitrale, e si interviene a cuore fermo con la riparazione. La chirurgia mininvasiva può essere applicata non solo alla chirurgia della valvola mitrale, ma anche a quella della valvola aortica e della tricuspide. Per eseguire questi interventi vengono utilizzati strumenti specifici in sale operatorie dotate delle più moderne apparecchiature tecnologiche, che consentono attraverso l’introduzione di micro telecamere di visualizzare l’interno del torace su monitor. Fondamentale, nelle strutture di riferimento, la presenza dell’Heart Team, un’equipe multidisciplinare formata da cardiologo esperto di imaging, cardiologo interventista, cardiologo clinico, cardiochirurgo e anestesista, che prende in carico i pazienti, specialmente i più complessi, con rischio elevato e comorbidità. Viene così delineato un percorso che garantisca standard di cura, di follow-up, di eccellenza”.
Redazione Nurse Times
Fonte: GVM – Care & Research
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