Il complicatissimo intervento ha visto scendere in campo le migliori competenze della Città della Salute.
Potrà finalmente andare alla scuola materna e giocare con gli altri coetanei, un bimbo di quattro anni di origine marocchina, dopo un ri-trapianto di rene collegato al pancreas, tecnica mai utilizzata prima al mondo su un piccolo paziente già trapiantato di fegato. Il bambino era arrivato al Pronto soccorso dell’Ospedale Infantile Regina Margherita della Città della Salute di Torino a due mesi di vita per vomito persistente e si era scoperta in quella occasione un’insufficienza renale terminale. Da quel momento non ha più lasciato l’ospedale.
I reni erano completamente pietrificati a causa di una rara e grave malattia genetica, la iperossaluria primitiva, che nelle forme più gravi porta a calcificazione renale in poche settimane di vita. Il trattamento di questa malattia è consistito nella dialisi per cinque ore tutti i giorni per evitare che i depositi massivi di ossalato di calcio distruggessero anche gli occhi, le ossa e tutto il corpo, in attesa di un trapianto combinato di fegato (che è la sede del difetto congenito dell’enzima necessario per depurare l’ossalato dall’organismo) e di rene. Il piccolo è stato seguito passo passo in ospedale nel suo percorso dalla nascita da Licia Peruzzi, responsabile clinico di trapianto renale pediatrico della Nefrologia pediatrica del Regina Margherita, diretta dal dottor Bruno Gianoglio.
Il trapianto di fegato-rene è avvenuto a 15 mesi di vita, ma, nonostante un trattamento depurativo intensivo e il ripristino della funzione enzimatica, il rilascio in circolo di grosse quantità di ossalato di calcio dai depositi tessutali nei quali si era accumulato ha danneggiato irrimediabilmente il rene trapiantato e reso necessario riprendere la dialisi quotidiana, determinando grosse difficoltà di crescita e di alimentazione, che hanno reso impossibile al bambino anche solo andare a giocare al parco o vedere altri bambini.
La situazione clinica si era progressivamente complicata per la trombosi delle vene iliache e della vena cava, che vengono normalmente utilizzate per eseguire un nuovo trapianto di rene, rendendo così impossibile un approccio chirurgico tradizionale. Attraverso un approfondito studio vascolare si era evidenziato che l’unica via possibile sarebbe stata quella di utilizzare la vena della milza nel suo decorso dentro il pancreas in direzione del fegato, strada mai percorsa finora al mondo in un paziente portatore di trapianto epatico.
Le migliori competenze della Città della Salute sono state così messe in campo per lo studio della fattibilità del trapianto attraverso una biopsia del fegato trapiantato, le misurazioni delle pressioni nelle vene addominali (ad opera della Radiologia interventistica, diretta dal dottor Dorico Righi), lo studio dell’uretere residuo e degli anticorpi dovuti alle trasfusioni ripetute che fortunatamente hanno dimostrato che sarebbe stato tecnicamente possibile. Alla fine di questo percorso il bambino è stato iscritto in lista per un trapianto renale pediatrico con criteri di urgenza, poiché l’accesso vascolare per la dialisi, a cui era legata la sua sopravvivenza in vita, era l’ultimo possibile. Dopo soli 20 giorni, grazie al Coordinamento regionale trapianti (diretto dal professor Antonio Amoroso), è arrivato l’organo.
L’intervento ha visto la partecipazione di una equipe multidisciplinare formata da: Renato Romagnoli (direttore Centro trapianti di fegato ospedale Molinette) e Francesco Tandoi; Aldo Verri (direttore Chirurgia vascolare ospedaliera Molinette) e Claudia Melloni; Simona Gerocarni Nappo (direttore Urologia pediatrica Regina Margherita) e Massimo Catti, coadiuvati dagli anestesisti diretti da Roberto Balagna, con l apreziosa collaborazione di infermieri e operatori socio-sanitari. E’ durato circa sei ore e si è svolto esattamente come pianificato nel pre-operatorio.
Il nuovo rene, attaccato alla vena della milza dentro il pancreas in direzione del fegato, ha iniziato a produrre urina già in sala operatoria, senza che vi fosse alcuna sofferenza per il fegato trapiantato tre anni prima. Il paziente ha potuto essere immediatamente svegliato. Dopo soli due giorni, la funzione renale era già normalizzata e il bimbo ha potuto riprendere ad alimentarsi e a giocare. Ora finalmente può andare al parco, vedere il sole anche al mattino dopo quattro anni trascorsi in ospedale e passare soltanto a salutare gli amichetti della dialisi.
Redazione Nurse Times
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