Presentata stamattina a Chivasso l’iniziativa dell’Asl TO4, del Collegio Ipasvi di Torino e dell’Ordine dei Medici della Provincia
“Condanniamo la violenza. È inaccettabile che la violenza sia parte del lavoro di chi si prende cura del prossimo”.
È lo slogan di una Campagna congiunta dell’ASL TO4, del Collegio IPASVI Provinciale di Torino e dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Torino contro la violenza nei confronti degli operatori.
Campagna che è stata illustrata questa mattina, alla presenza dell’Assessore alla Sanità della Regione Piemonte, dottor Antonio Saitta.
Il manifesto che è stato realizzato sarà affisso, in prima battuta, in tutte le strutture operative dell’ASL TO4, ma si sta già pensando a una diffusione successiva all’esterno dell’Azienda, per esempio nei Comuni.
Il National Institute of Occupational Safety and Health (NIOSH) definisce la violenza nel posto di lavoro come “ogni aggressione fisica, comportamento minaccioso o abuso verbale che si verifica nel posto di lavoro”.
La violenza sul luogo di lavoro è ormai universalmente riconosciuta come un importante problema di salute pubblica nel mondo (World Health Organization, 2002) e il rischio di subire aggressioni è più elevato per gli operatori sanitari rispetto ad altri lavoratori che operano in contatto diretto con l’utenza.
La letteratura internazionale sull’argomento mette in evidenza le preoccupanti dimensioni del fenomeno, che rimane comunque tendenzialmente sottostimato a causa della scarsa propensione a denunciare gli episodi di violenza da parte degli operatori sanitari. Pur sottostimate, le aggressioni sono al quarto posto tra i 16 eventi sentinella segnalati nel IV e nel V Rapporto (2005-2012) del Protocollo di monitoraggio degli eventi sentinella del Ministero della Salute.
“Ho aderito volentieri all’iniziativa dell’ASL TO4 di sensibilizzazione su un tema di grande attualità come quello della violenza sugli operatori sanitari, che alcune recenti vicende di cronache hanno portato all’attenzione dell’opinione pubblica. – dichiara l’Assessore alla Sanità della Regione Piemonte, Antonio Saitta – Naturalmente si tratta di un tema di valenza nazionale e generale, ma è bene che anche nella nostra Regione ci si attivi su queste problematiche.
L’iniziativa dell’ASL TO4 ha il pregio di mettere insieme più soggetti: è la strada giusta per fare qualcosa di utile.
Credo che a monte vi debba essere un atteggiamento diverso nei confronti dell’operatore sanitario, medici ed infermieri in primis.
La società in cui viviamo ci porta a pensare che la guarigione sia obbligatoria, che l’errore sia imperdonabile, che i luoghi di cura siano sempre in grado di risolvere i problemi di salute personali e dei nostri cari.
Non sempre è così, e talora scatta la violenza che è purtroppo latente in tante situazioni: ma è inaccettabile che a farne le spese siano professionisti e lavoratori la cui unica colpa è quella di dedicare tante ore della propria giornata alla cura degli altri.
Il problema è complesso – conclude l’Assessore Saitta – ed è fondamentale cercare di gestirlo: bene dunque una campagna che richiami tutti a ragionare, a stemperare le tensioni, ad accettare la comunicazione di notizie avverse.
Anche i media possono fare la loro parte, con una minor tendenza alla ricerca di notizie solo scandalistiche.
Inevitabile anche mettere in atto azioni più efficaci per proteggere l’incolumità degli operatori e consegnare alla giustizia coloro che si rendono responsabili di aggressioni e di violenze.
Come Regione riteniamo che le assunzioni di personale previste possano fornire un contributo alla soluzione del problema”.
“Da parte nostra stiamo agendo su più fronti per fronteggiare il problema della violenza nei confronti degli operatori. – commenta il Direttore Generale dell’ASL TO4, Lorenzo Ardissone – Abbiamo identificato i fattori di rischio per la sicurezza del personale ospedaliero e stiamo attuando le opportune strategie preventive, che vanno dalla definizione di disposizioni sulla chiusura serale dei reparti e sulla chiusura notturna degli accessi ai presidi ospedalieri a misure di tipo tecnologico, come l’installazione di ulteriori citofoni per l’accesso regolato nei reparti fuori dagli orari di visita e di ulteriori dispositivi di videosorveglianza, e alla sperimentazione di forme di potenziamento della guardiania.
Il tema della sicurezza è sicuramente fondamentale, ma non è l’unico. – aggiunge il dottor Ardissone – Da tempo, per esempio, ci occupiamo della formazione continua degli operatori sugli aspetti della comunicazione e della relazione di aiuto nei confronti delle persone assistite. Allo stesso tempo, però, è importante comunicare con fermezza agli utenti, agli accompagnatori e al personale che gli atti di violenza non sono permessi o tollerati. Per la diffusione di questo messaggio è strategica l’alleanza sia con i Rappresentanti delle professioni infermieristica e medica, quali il Collegio IPASVI e l’Ordine dei Medici, sia con i Rappresentanti dei cittadini, come Cittadinanzattiva. Senza dimenticare che la prevenzione della violenza nei confronti degli operatori passa anche attraverso un migliore coordinamento con le Forze dell’Ordine e la collaborazione degli organi di informazione”.
La violenza contro gli operatori è, infatti, alimentata anche dal clima generale. Si stanno affermando messaggi culturali che inducono la popolazione a coltivare una rabbia crescente verso gli operatori delle strutture sanitarie. A questo concorrono le notizie spesso scandalistiche sui servizi sanitari, che creano a priori un’aspettativa negativa nei confronti dei servizi stessi. Aspettativa negativa che a sua volta fomenta la frustrazione e la rabbia e mina il rapporto di fiducia tra cittadini e operatori.
“Riteniamo prioritaria – sottolinea la Presidente del Collegio IPASVI Provinciale di Torino, Maria Adele Schirru – l’istituzione di un Osservatorio nazionale articolato in tutte le Regioni sul fenomeno della violenza negli ambienti di ricovero e di assistenza che indichi la strada e gli strumenti per controlli rigorosi e continui e la possibilità di interventi immediati e decisi a tutela degli operatori e che stimoli attività di informazione, formazione e promozione in materia di sicurezza dell’attività di cura e tutela della salute mettendo in campo le attività necessarie alla valutazione del rischio, anche attraverso la collaborazione tra istituzioni pubbliche diverse, monitori i dati relativi a strutture e presìdi sanitari considerati a rischio. E in questo senso l’Ipasvi è pronta a dare la massima collaborazione per realizzarlo”.
“L’OMCeO di Torino da anni organizza e promuove – insieme alla sua commissione Pari Opportunità – convegni e occasioni di confronto sul tema del contrasto alla violenza – afferma il Presidente dell’OMCeO di Torino, Guido Giustetto. Ma è adesso il momento di andare oltre e mettere in campo concrete azioni di tutela delle colleghe e dei colleghi nello svolgimento del loro lavoro. Intendiamo rafforzare questo impegno da subito e progettare azioni per tutelare il rapporto di cura e la sicurezza dei suoi operatori: è uno dei nostri principali obiettivi”.
Riferisce il Segretario regionale di Cittadinanzattiva Piemonte Onlus, Alessio Terzi: “La violenza nei confronti degli operatori ci preoccupa molto, perché, in qualche modo, riflette anche l’esistenza di tensioni fra cittadini e servizi. Per questo riteniamo che le dovute misure di contrasto debbano essere accompagnate da adeguate politiche di comunicazione e di accoglienza, soprattutto quando, come in questo momento, sono in corso profonde trasformazioni”.
Nel nostro Paese mancano analisi sistematiche sul fenomeno in questione, ma secondo una ricerca spagnola pubblicata sull’International Journal of Occupational and Environmental Health, le aree a tasso di rischio più elevato sono i servizi di emergenza-urgenza, le strutture psichiatriche ospedaliere e territoriali, i luoghi di attesa, i servizi di geriatria, i servizi di continuità assistenziale (ex guardia medica).
Nel settore sanitario, sociosanitario e in modo particolare nei servizi di emergenza-urgenza e nelle strutture psichiatriche, secondo la ricerca, le aggressioni fisiche hanno raggiunto rispettivamente il 48% e il 27% degli operatori; gli insulti sono risultati invece praticamente ubiquitari, avendo coinvolto rispettivamente l’82 e il 64% degli operatori, e percentuali più o meno simili si trovano per le minacce.
Nella Raccomandazione per prevenire gli atti di violenza a danno degli operatori sanitari emanata dal Ministero della Salute nel 2007 si legge che “numerosi sono i fattori responsabili di atti di violenza diretti contro gli operatori delle strutture sanitarie. Sebbene qualunque operatore sanitario possa essere vittima di violenza, i medici, gli infermieri e gli operatori socio sanitari sono a rischio più alto in quanto sono a contatto diretto con il paziente e devono gestire rapporti caratterizzati da una condizione di forte emotività sia da parte del paziente stesso che dei familiari, che si trovano in uno stato di vulnerabilità, frustrazione o perdita di controllo, specialmente se sotto l’effetto di alcol o droga”.
In conclusione, la prevenzione degli episodi di violenza a danno degli operatori sanitari richiede che l’organizzazione identifichi i fattori di rischio per la sicurezza del personale e ponga in essere le strategie organizzative, strutturali e tecnologiche più opportune, diffonda una politica di tolleranza zero verso atti di violenza nei servizi sanitari, incoraggi il personale a segnalare prontamente gli episodi subiti e a suggerire le misure per ridurre o eliminare i rischi e faciliti il coordinamento con le Forze dell’Ordine o altri soggetti che possano fornire un valido supporto per identificare le strategie atte a eliminare o ad attenuare la violenza nei servizi sanitari.
Ma solo l’impegno comune di tutti (direzioni aziendali, dirigenza infermieristica e medica, coordinatori, professionisti e loro rappresentanti, organizzazioni sindacali, rappresentanti dei cittadini, organi di informazione) può migliorare l’approccio al problema e assicurare un ambiente di lavoro sicuro. Tanto più che gli atti di violenza possono ripercuotersi negativamente anche sulla qualità dell’assistenza offerta ai cittadini.
Redazione NurseTimes
Fonte: ipasvi
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