Riceviamo e pubblichiamo la nota del vice presidente dell’Associazione Avvocatura di Diritto Infermieristico, dott. Carlo Pisaniello su un tema molto discusso e a volte poco chiaro anche agli addetti ai lavori
Capita sempre più spesso di doversi preoccupare di giustificare le assenze dal lavoro a seguito dell’improcrastinabile necessità di svolgere una visita specialistica, di eseguire test diagnostici ancorché non invasivi o per effettuare delle terapie non necessariamente salva-vita ma che, per esigenze di risultato terapeutico, perdurano per un periodo che supera i due o tre giorni, prolungandosi anche per 10 o 15 giorni.
Ebbene rispetto a tale necessità ci siamo sempre affidati, in buona fede, alle capacità dei rispettivi coordinatori delle varie unità operative, i quali inserivano le varie assenze utilizzando gli istituti previsti dal CCNL comparto sanità 1 settembre 1995, sconosciuti alla maggior parte degli infermieri.
I permessi di cui parliamo sono quelli riferibili all’art. 21, comma 2 del CCNL 1 settembre 1995, ossia i c.d. “permessi retribuiti”
- A domanda del dipendente sono concessi permessi retribuiti per i seguenti casi da documentare debitamente:
- partecipazione a concorsi od esami – limitatamente ai giorni di svolgimento delle prove – o per aggiornamento professionale facoltativo comunque connesso all’attività di servizio: giorni otto all’anno;
- lutti per coniuge, convivente, parenti entro il secondo grado ed affini entro il primo grado: giorni tre consecutivi per evento.
- A domanda del dipendente possono inoltre essere concessi, nell’anno, 3 giorni di permesso retribuito per particolari motivi personali o familiari debitamente documentati, compresa la nascita di figli.
- Il dipendente ha altresì diritto ad un permesso di 15 giorni consecutivi in occasione di matrimonio.
- I permessi dei commi 1, 2 e 3 possono essere fruiti cumulativamente nell’anno solare, non riducono le ferie e sono valutati agli effetti dell’anzianità di servizio….omissis…
Ma “fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio” recita il proverbio, e già perché fino a che si tratta di una visita specialistica l’anno il problema non si pone (l’art. 2 infatti ci consente di poter usufruire di ben 3 giorni per tali necessità), quando però ci si sottopone ad esempio a delle terapie preventive, che non necessitano di un ricovero ospedaliero, ma rientrano tra le prestazioni a cui si può accedere in day hospital giornalmente, allora il problema si pone, soprattutto se le condizioni di salute ci permettono di proseguire la normale attività lavorativa.
In queste circostanze i permessi retribuiti sono del tutto inutili ed insufficienti per poter seguire il piano terapeutico prestabilito, non sono compatibili con le necessità di salvaguardia della salute, anche nei casi nei quali si presenti la necessità di effettuare più visite specialistiche ravvicinate nel tempo fino a completa scomparsa della sintomatologia o dell’eventuale patologia.
Ebbene in questi casi il nostro zelante coordinatore ci informa che non è più possibile usufruire dei permessi succitati in quanto esauriti, siamo quindi costretti ad inserire giornate di ferie o inviare un certificato di malattia con tutte le conseguenze relative ai controlli fiscali, ovvero riprendere immediatamente il servizio, pena l’assenza ingiustificata.
Tutto ciò scaturisce, come spesso accade, dall’ignoranza di molti coordinatori infermieristici che, non ponendosi il problema di essere costantemente informati sulle norme contrattuali vigenti oltre che sugli istituti di derivazione costituzionale, insistono nell’inserire illegittimamente i permessi retribuiti al posto dell’istituto previsto in questi casi, ossia l’art. 55 septies, comma 5 ter D.Lgs. 165/2001, decurtando così ai malcapitati infermieri giornate di permesso o di congedo ordinario già in numero fortemente limitate.
La mancanza della conoscenza della norma, che ha “appena 17 anni”, fa si che chi ci rimette è sempre il povero infermiere ignaro ed inconsapevole dei propri diritti e che per sua diretta responsabilità si affida a soggetti che invece di documentarsi ed occuparsi dei problemi degli infermieri perdono il loro tempo a “servire” i Direttori di U.O. come dei maggiordomi in livrea.
Ma veniamo all’aspetto normativo.
Nel recente passato il problema è stato oggetto di diversi interventi normativi e pronunciamenti che dobbiamo necessariamente ricostruire con ordine.
L’art. 55 septies, comma 5 ter, del D.L.vo n. 165/2001, è stato modificato dal Decreto legge n. 101/2013 poi convertito, con modificazioni, nella legge n. 125/2013.
La legge di conversione è stata congeniata al fine di contrastare il fenomeno dell’assenteismo nelle pubbliche amministrazioni, infatti è intervenuta sulle assenze per visite mediche dei dipendenti pubblici, con una nuova formulazione del comma 5 ter dell’art. 55 septies che dispone: “Nel caso in cui l’assenza per malattia abbia luogo per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici il permesso è giustificato mediante la presentazione di attestazione, anche in ordine all’orario, rilasciata dal medico o dalla struttura, anche privati, che hanno svolto la visita o la prestazione o trasmesse da questi ultimi mediante posta elettronica.”
La modifica ha inserito due elementi che non erano presenti nella precedente regolamentazione: il “permesso” e la “giustificazione dell’orario”.
Il dipartimento della Funzione pubblica con una circolare, la n. 2 del 4 febbraio 2014 fornisce chiarimenti circa le assenze per visite mediche dei dipendenti pubblici quali: terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici ed in particolare emana disposizioni operative per i datori di lavoro pubblici sull’interpretazione da dare alla nuova formulazione dell’art. 55 septies, comma 5 ter., del D.L.vo n. 165/2001, disponendo che, a seguito dell’entrata in vigore della nuova norma, per l’effettuazione di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici, il dipendente dovrà fruire dei permessi per documentati motivi personali, secondo la disciplina dei CCNL o di altri istituti contrattuali come i permessi brevi o la banca delle ore; solo in caso che queste assenze siano accompagnate da una incapacità lavorativa, troverà applicazione la disposizioni che regolamenta l’assenza per malattia.
Alcuni dipendenti pubblici, evidentemente necessitati ad usufruire di tali assenze, decidono per mezzo della loro sigla sindacale di agire per via giudiziale con ricorso al T.A.R. Lazio.
La sentenza n. 5714/2015 del TAR Lazio, accoglie l’impugnazione da parte della FLC-CGIL (Federazione Lavoratori Conoscenza) e cancella la parte della Circolare del DFP n. 2/2014 in cui si disponeva il ricorso ai permessi per documentati motivi personali, o ai permessi brevi o alla banca delle ore, per i dipendenti pubblici che dovessero assentarsi dal lavoro per effettuare visite specialistiche, terapie o esami diagnostici.
Il Tar sostiene che “se per le esigenze di visita medica si imponesse immediatamente e unilateralmente l’utilizzo di permessi per motivi personali o brevi o banca delle ore, si avrebbe uno sconvolgimento dell’organizzazione del lavoro e della vita personale del dipendente, che potrebbe aver già usufruito di tali forme di giustificazione di assenza, confidando di poter avvalersi dell’ulteriore modalità di “assenza per malattia” prima prevista dalla norma e dal contratto nazionale applicabile o, viceversa, non potrebbe più avvalersi di tali “permessi” per “documentati motivi personali” diversi dallo svolgimento di terapie, visite e quant’altro.
Pertanto – concludono i magistrati – la nuova regola del 2013 non può essere immediatamente applicata ma deve comportare, per la sua applicazione anche mediante atti generali quali circolari o direttive, una più ampia revisione della disciplina contrattuale di riferimento”.
Dopo la sentenza del TAR del Lazio il Dipartimento della Funzione Pubblica non è intervenuto con una nuova circolare, ma alcune amministrazioni pubbliche hanno emanato proprie note tese ad attuare quanto disposto dai giudici.
Inoltre il Ministero della Salute con la circolare n. 14368 del 24 aprile 2015, indirizzata alle proprie direzioni ed uffici, stabilisce che le assenze dal servizio per visite, terapie, prestazioni specialistiche ed esami diagnostici potranno essere imputate a malattia secondo i criteri applicativi e le modalità definite dagli orientamenti giurisprudenziali consolidati e ARAN.
Anche il Ministero dell’Istruzione con la nota n. 7457 del 6 maggio 2015 specifica l’immediata esecutività della sentenza del Tar Lazio e precisa che “le assenze dal servizio per effettuare visite specialistiche devono essere ricondotte sempre alla disciplina di cui all’articolo 55 septies, co. 5-ter, del decreto legislativo numero 165 del 30 marzo 2001”.
In base all’articolo citato, l’assenza dovrà essere giustificata tramite la presentazione dell’attestazione rilasciata dal medico ovvero dalla struttura, anche privata, che ha effettuato la prestazione (sulla quale deve essere riportato l’orario della visita).
Tuttavia il dipendente non ha titolo a pretendere il rilascio di tale attestazione e dunque, nel caso in cui il medico si rifiuti, l’assente dovrà presentare un’autodichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà redatta ai sensi degli art. 47 e 38 del D.P.R. 445/2000 (modello allegato alla circolare DFP n. 2/2014 che per tali aspetti può considerarsi tuttora valida).
Tale dichiarazione sostitutiva dovrà contenere tutti gli elementi necessari a descrivere il fatto.
Infine il 27 giugno 2017 si da l’avvio alle trattative per il rinnovo dei contratti del Pubblico Impiego triennio 2016-2017 e, sulla base dell’atto di indirizzo appena trasmesso all’ARAN dal Ministro della Funzione Pubblica, si ipotizza di introdurre permessi ad hoc per visite specialistiche, fissando un monte-ore annuo.
Tale ipotesi dovrà però essere oggetto della contrattazione tra Aran ed organizzazioni sindacali in sede di rinnovo dei contratti di lavoro.
Quindi, in attesa che il rinnovo contrattuale del pubblico impiego acquisisca forma, in caso di necessità di visite specialistiche, terapie o esami diagnostici pretendete dal vostro coordinatore che venga inserita una giornata di malattia piuttosto che perdere giornate di ferie o di permesso che potranno certamente essere utilizzate per altri scopi ben più cogenti.
Nel frattempo colleghi vigilate, vigilate affinché l’ignoranza di molti non diventi l’ignoranza di tutti.
Dott. Carlo Pisaniello
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