Rodigliano (Nursind Bologna): “Le poche iniziative intraprese finora si sono rivelate fallimentari e le risorse destinate a questo aspetto sono insufficienti”.
“Ti gonfio, vieni fuori, tanto ti faccio una foto. Togliti la divisa, ché ti gonfio”. Sono alcune delle minacce ricevute, la scorsa settimana, da due infermiere di turno nel pomeriggio al Pronto soccorso del Policlinico Sant’Orsola di Bologna da parte di un paziente dimesso il giorno prima. Un’aggressione fortunatamente senza conseguenze peggiori per le due professioniste, terminata con l’allontanamento volontario dell’individuo e una chiamata al 112 rimasta lettera morta, che al di là dell’epilogo riaccende ancora una volta, con prepotenza, i riflettori sulla questione legata alla mancanza di sicurezza per gli operatori nei pronto soccorso.
“Nonostante le numerose denunce degli ultimi anni, i direttori generali delle nostre aziende non hanno fatto altre che sottovalutare il problema della tutela dei professionisti – commenta Antonella Rodigliano, segretaria provinciale del Nursind Bologna -. Le poche iniziative intraprese finora si sono rivelate fallimentari e le risorse destinate a questo aspetto sono insufficienti. È da tempo che chiediamo maggiori tutele e più sicurezza, ad esempio con un presidio di polizia vicino ai pronto soccorso della città, anche di tipo privato”.
E ancora: “Si tratterebbe di una risposta concreta a un problema ormai persistente, che dovrebbe rappresentare una priorità per le nostre aziende. I fondi per un intervento del genere si possono trovare, anche perchè è la singola a azienda a decidere come investire le proprie risorse. E la sicurezza di chi opera nei pronto soccorso è certamente una valida motivazione”.
Nelle ultime settimane una delle proposte avanzate a livello bolognese dalle aziende sanitarie è stata quella di un braccialetto da fornire in dotazione a medici, infermieri e oss per la richiesta di intervento delle forze dell’ordine in caso di aggressione. “Si tratta di un’idea che non ci trova assolutamente d’accordo”, spiega però la segretaria di Nursind Bologna.
“Servirebbe piuttosto un tavolo prefettizio, col coinvolgimento dei sindacati, per cercare soluzioni maggiormente realizzabili e concrete – aggiunge Renato Mazzuca, infermiere del 118 e del Pronto soccorso di San Giovanni in Persiceto, nonché delegato sindacale Nursind -. Da parte delle aziende manca il pragmatismo necessario ad affrontare la questione, così come mancano iniziative volte a sensibilizzare i cittadini riguardo il rispetto da avere nei confronti degli operatori, i quali non fanno altro che aiutarli, e corsi di formazione per limitare e intervenire in caso di aggressioni”.
Non solo. “È importante che le aziende intervengano anche nella logistica e nell’organizzazione dei servizi – prosegue Mazzuca – e che si lavori di più sulle liste d’attesa, che in molte circostanze sono infatti alla base di intemperanze e violenze”.
“Siamo molto preoccupati per questa situazione – commenta infine Dario Antichi, infermiere e delegato sindacale del Nursind al Sant’Orsola di Bologna -. Si tratta di episodi diventati sempre più frequenti, che mettono a rischio non solo la sicurezza dei professionisti, ma anche la qualità dell’assistenza ai pazienti. Finora si è intervenuto solo con misure palliative che non risolvono il problema, con i pronto soccorso continuamente congestionati e lavoratori che si sentono in totale abbandono. Come può un professionista che viene aggredito, insultato o minacciato continuare a gestire il carico di richieste e decisioni con la serenità necessaria? Non è possibile iniziare il proprio turno e restare l’intera giornata lavorativa immersi in un clima di minaccia”.
“Le nostre aziende ascoltino i professionisti e si attivino per trovare delle soluzioni – conclude Antonella Rodigliano -. Finora si è fatto troppo poco rispetto a quanto necessario. La sicurezza degli operatori non può non rappresentare una priorità”.
Redazione Nurse Times
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