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Super oss, Paola Boldrini dice no: “Contraria al metodo utilizzato nell’attribuzione di competenze infermieristiche”

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Boldrini (Commissione Sanità): "Importante l'unità di tutti gli operatori dell'emergenza-urgenza"
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Riceviamo e pubblichiamo una nota della vicepresidente della Commissione Igiene e sanità del Senato.

Come noto, il Partito Democratico a cui aderisco non è contrario all’implementazione di competenze per i professionisti e gli operatori della salute, e in tal senso è improntata tutta la mia produzione legislativa, 

Tant’è che, in particolare nel Ddl S 2071 (“Riordino del profilo professionale e della formazione dell’operatore socio-sanitario”), ho così proposto all’articolo 2, comma 4: “Possono essere previsti moduli di formazione aggiuntivi per un massimo di 200 ore, di cui 100 di tirocinio e la restante parte a scelta del partecipante fra uno dei due percorsi in ambito sociale o sanitario, da svolgere successivamente all’acquisizione della qualifica professionale. I moduli sono mirati a specifiche tipologie di assistiti e contesti operativi in risposta a particolari esigenze emerse o individuate nell’ambito della programmazione delle regioni o delle province autonome”.

Tuttavia ho presentato un’interrogazione al ministro Roberto Speranza, evidenziando che l’iniziativa della Regione Veneto sia tesa ad attribuire competenze infermieristiche agli operatori socio-sanitari, previo un corso integrativo di ulteriore formazione, ma presenta i seguenti limiti e anomalie:

  • la Regione Veneto ha deciso di ripresentare la delibera sull’operatore socio-sanitario, già sospesa dal Tar e dal Consiglio di Stato, dopo il ricorso presentato dagli Ordini professionali delle professioni infermieristiche del Veneto insieme con il Migep, rappresentativo degli oss, su pressione dei datori di lavoro privati e gestori di strutture residenziali, stante la carenza di infermieri e le difficoltà dei bilanci;
  • gli Ordini delle professioni infermieristiche, che inizialmente si erano opposti fortemente, anche in sede giudiziale, e che invece attualmente – ne ignoro le motivazioni – invertono il loro giudizio e comportamento e firmano un accordo con la Regione per trasferire parte delle loro competenze agli oss,;
  • trattandosi di organizzazione del lavoro e di conseguente contrattazione collettiva è noto che agli Ordini professionali è inibita per legge qualsiasi competenza contrattuale, e invece da questo confronto e successivo accordo sono state aprioristicamente escluse le organizzazioni sindacali dalla Regione, titolari, invece della materia;
  • l’accordo tra Regione Veneto e Ordini degli infermieri sembrebbe andare oltre i contenuti dell’accordo Stato-Regioni del 16 gennaio 2003 sull’oss con funzioni complementari, ampliando ulteriormente le competenze di tipo infermieristiche che potrebbero essere esercitate dagli oss, senza che a tal fine sia previsto un loro diverso inquadramento economico e normativo, né tutelati da rischi di esercizio abusivo di una professione sanitaria;
  • quindi il tutto potrebbe dar corso per i datori di lavoro delle Rsa a un rischio reale di vertenze sindacali presso il giudice del lavoro per competenze superiori autorizzate, o meglio obbligate, e non retribuite;

Tutto ciò premesso, ho interrogato il ministro della Salute se sia a conoscenza di tali fatti e se non ritenga di intervenire nei confronti della Regione Veneto e delle altre Regioni che vogliano intraprendere la stessa strada per evitare soluzioni tampone che, massimizzando il profitto e non la tutela della salute, consentano in particolare alle strutture private di poter operare con meno infermieri e con minori costi, creando conflitti tra il personale: gli infermieri, che potrebbero sentirsi esautorati dal proprio ruolo, e gli operatori sociosanitari, che avranno più responsabilità non codificate dal contratto e senza alcun riconoscimento economico.

Sarebbe invece opportuno e necessario dar corpo a un’iniziativa del ministro Speranza, nazionale e centrale, che delinei, previo concertazione con i sindacati rappresentativi del comparto della sanità, nel pubblico e nel privato, sentiti gli Ordini, per i soli aspetti deontologici, un percorso unitario e unificante con il coinvolgimento di Regioni e Province autonome e degli altri dicasteri interessati, che definisca quali ulteriori competenze possano esercitare gli oss, previa ulteriore formazione teorica e pratica, concertata e condivisa, prevedendo il conseguente, diverso trattamento economico e normativo, sia nel contratto nazionale del personale del Ssn che negli contratti nazionali della sanità, per quegli operatori socio-sanitari che, in virtù di tali intese, svolgano competenze più avanzate diverse e aggiuntive a quelle del profilo professionale di base.

Inoltre, se è vero come è vero che siamo in presenza di un’emergenza infermieristica, è quanto mai necessario, come si è ben operato nei confronti della carenza di medici specialisti, migliorare la capacità di programmazione dell’offerta formativa dei corsi di laurea per infermiere, coinvolgendo i sindacati e non solo gli Ordini, aumentando, come del resto ho più volte proposto in varie emendamenti, il numero dei posti disponibili  e di conseguenza la capacità formativa universitaria sia degli atenei, ma soprattutto coinvolgendo e potenziando le sedi formative nelle aziende sanitarie in convenzione con le università, rivedendo il percorso nella laurea magistrale, prevedendo indirizzi clinici e specialistici, nonché i medesimi diritti alla libera professione della dirigenza medica e sanitaria, dando alla professione una diversa e più allettante prospettiva di ruolo, di competenze e di carriera, tale da renderla maggiormente appetibile alle giovani generazioni. Tutte scelte presenti nei vari  disegni di legge ed emendamenti che ho presentato, i cui contenuti sono, ovviamente, a disposizione dell’Esecutivo.

Senza queste diverse visioni strategiche, ho fatto presente al ministro Speranza che saremmo in presenza di una mera e semplice operazione di riduzione dei costi contrattuali, dettata dall’affrontare la sola emergenza a carico dei soli operatori. Invece è quanto mai necessario avviare un confronto con le Regioni e i sindacati, alla luce del mutato quadro epidemiologico e demografico del Paese, per un vero concertato, compreso e condiviso adeguamento progressivo, coerente e omogeneo a livello nazionale, del profilo dell’operatore socio-sanitario, nelle sue competenze di base e in quelle diverse e avanzate, e nei conseguenti, diversi inquadramenti giuridici ed economici contrattuali. Ovviamente è un percorso auspicabile e necessario anche per gli altri profili dei professionisti e degli operatori della salute.

Redazione Nurse Times

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