Chi ‘si vanta’ di recarsi al lavoro anche quando è malato, invece di far risparmiare l’azienda e di svolgere un servizio utile in realtà costa alla collettività ben il 300% in più.
Il professor Bruno Piccoli, direttore della Scuola di specializzazione in Medicina del Lavoro dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, intervistato dall’agenzia Dire in occasione della presentazione della campagna vaccinale antinfluenzale rivolta agli operatori sanitari dell’ospedale, ha dichiarato:
“Da una ricerca condotta dai canadesi è emerso che esistono lavoratori che tendono ad andare a lavorare anche in condizioni di salute non buone, addirittura con la febbre, e che tutto questo non sia positivo per quanto riguarda l’ambiente di lavoro”.
Ma le conseguenze di questa sorta di ‘sacrificio’, sempre più frequente a causa della crisi e dell’estremo precariato a cui molti lavoratori sono costretti qui dalle nostre parti, vanno ben oltre.
Perché “da un’altra ricerca dell’Università del Michigan è emerso come questi lavoratori nelle loro attività diventino, anziché un vantaggio, uno svantaggio e che il costo dei loro errori e delle loro inefficienze è il 300% di quello che sarebbe costato la loro assenza”, ha proseguito Piccoli.
Che ha poi concluso, parlando dell’importanza dei vaccini: “I vaccini vanno fatti e non sono d’accordo con chi dice che non devono essere fatti e che non sono utili. Sono utilissimi e sono ancora più utili in quelle attività lavorative in cui la possibilità di contatto tra l’operatore e gli agenti microbici è maggiore rispetto a quello che avviene nella società in generale”.
Alessio Biondino
Fonte: Agenzia Dire
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